IL TRATTATO DI OSIMO NELLA REALTA'
II°
VERREBBERO CREATE LE PREMESSE MILITARI, GIURIDICHE, ECONOMICHE ED ETNICHE PER IL SOFFOCAMENTO E LA CAPITOLAZIONE DELLA CITTA' DI TRIESTE.
Si premette in fatto che il Trattato di Osimo prevede quanto segue:
1) L'avanzamento, come sopra rilevato, del confine jugoslavo al posto dell'attuale linea di demarcazione con la Zona B a ridosso del centro urbano di Trieste e nelle acque del suo golfo e del suo porto. Va rilevato in aggiunta che nel fissare la linea di ripartizione delle acque territoriali jugoslave da quelle italiane nel Golfo di Trieste si è concesso alla Jugoslavia tutto il settore in cui vi sono gli alti fondali per cui possono transitare le navi di medio e grosso tonnellaggio. Contrariamente a quanto il Ministro degli Esteri Rumor aveva assicurato al Parlamento nell'ottobre del 1975 quando aveva ottenuto la richiesta autorizzazione per le trattative, non esiste negli accordi di Osimo nessuna clausola che impegni la Jugoslavia a concedere un canale di transito attraverso le sue future acque territoriali nel Golfo. Ma vi è di più: come appare chiaro dalla cartina riprodotta a pagina 10, mentre la Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 prevede che quando due stati si affacciano su uno stesso Golfo le acque territoriali vengono di regola ripartite secondo una linea mediana fra le due coste, L'ITALIA, CON IL TRATTATO DI OSIMO, CEDEREBBE ALLA JUGOSLAVIA ANCHE UN SETTORE IMPORTANTER DELLE ACQUE CHE AD ESSA SPETTEREBBERO SECONDO TALE MERIDIANA, settore che comprende proprio le sole acque profonde che sarebbero ad essa rimaste per il transito delle navi di grosso tonnellaggio. Tale concessione appare tanto più grave ed inconcepibile in quanto la Convenzione di Ginevra suddetta dava invece ad essa Italia il diritto di chiedere delle rettifiche favore, della linea mediana per il fatto che lo sviluppo delle sue coste nel Golfo è maggiore (il doppio circa) di quello jugoslavo; perché nello stesso Golfo essa ha il centro urbano (Trieste: 300.000 abitanti) molto più importante in confronto a quelli della Zona B (Capodistria e Isola: 20.000 abitanti), oltrechè per "ragioni storiche" tanto che il Golfo porta in tutto il mondo il nome della città di Trieste.
2) Con il Trattato di Osimo l'Italia si impegna (v. art. 9) a creare a cavallo del nuovo confine una zona franca avente il trattamento dei punti franchi di Trieste nella quale le varie imprese saranno soggette alla legislazione degli Stati a cui appartengono.
3) Con lo stesso Trattato è stabilito (v. allegato VI) che gli abitanti originari della Zona B potranno chiedere di trasferirsi a Trieste e l'Italia dovrà loro riconoscere la cittadinanza italiana.
4) Lo stesso trattato stabilisce l'obbligo dell'Italia di riconoscere i diplomi universitari rilasciati in Jugoslavia (vedi lettera di data 10 novembre 1975 del Ministro Rumor scambiata a parte non allegata al disegno di Legge di ratifica del Trattato).
5) Con l'entrata in vigore del Trattato di Osimo perderebbe ogni efficacia (v. art. 8) il Memorandum di Londra con cui era stato concesso alla Jugoslavia di far subentrare nella Zona B l'amministrazione civile al posto di quella militare fino allora vigente. Con ciò verrebbero a perdere fra l'altro ogni efficacia gli impegni jugoslavi di permettere la massima libertà di traffico per persone e cose attraverso la linea di demarcazione con la Zona B (tanto che questa era stata definita giornalisticamente la frontiera più aperta l'Europa proprio perché non era frontiera, ma solo una linea di demarcazione fra due parti di territorio di sovranità italiana) e verrebbero pure a cesare tutte le altre utilissime clausole contenute in tale Memorandum di cui si dirà in prosieguo.
IN CONSEGUENZA DI QUANTO SOPRA VERREBBERO A CREARSI PER TRIESTE LE PREMESSE MILITARE, GIURIDICA, ECONOMICA ED ETNICA PER CUI ENTRO POCHI ANNI UN QUALSIASI GOVERNO JUGOSLAVO CHE LO VOLESSE POTREBBE PROVOCARE IN QUALSIASI MOMENTO IL SOFFOCAMENTO E LA CAPITOLAZIONE DI TRIESTE E COMUNQUE LE CONDIZIONI PER LO SNATURAMENTO DEL CARATTERE ETNICO E NAZIONALE DELLA CITTA'; ciò per le seguenti ragioni:
A) DAL PUNTO DI VISTA MILITARE. Con la estensione delle acque territoriali jugoslave nel Golfo di Trieste e su tutte le parti di esso in cui è possibile il transito per le navi di grosso e medio tonnellaggio la città verrebbe privata di ogni possibilità di collegamento con la Madre Patria e di rifornimenti dalla stessa in caso di crisi e nel caso in cui lo strettissimo passaggio di Duino fosse per qualsiasi ragione bloccato. La possibilità della Jugoslavia, con la trasformazione in confine di Stato dell'attuale linea di demarcazione con la Zona B, di chiudere in qualsiasi momento il passaggio attraverso lo stesso, a sua discrezione (anche come il muro di Berlino) senza nemmeno più violare nessun impegno verso l'Italia, verso gli altri 20 stati firmatari del Trattato di Pace e verso la comunità dell'ONU, renderebbe ancor più grave, tragico e insostenibile un tale accerchiamento e inevitabile entro pochi giorni o ore la sua capitolazione.
B) DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO. Mentre il confine fissato dal Trattato di Pace al limite meridionale della Zona B in Istria era garantito, come già sopra rilevato, non solo da tutte le 22 Potenze firmatarie del Trattato stesso, ma anche dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, come stabilito all'art. 21 del Trattato stesso, tale garanzia verrebbe completamente a cessare per il nuovo confine fissato in posizione diversa dalle sole Italia e Jugoslavia. Con il nuovo Trattato quindi l'Italia verrebbe ad autoprivarsi di una garanzia internazionale di grandissimo rilievo, specie nel caso di possibili sviluppi internazionali nella vicina Jugoslavia presi in esame molto spesso dalla stampa mondiale e dibattuti anche recentemente dai candidati alla Presidenza degli Stati Uniti d'America. Il confine dell'Italia e della Jugoslavia a Trieste verrebbe quindi, col Trattato di Osimo, a cessare dal ruolo internazionale che ora gli è riconosciuto con gravissimo danno per il caso in cui esso desse luogo in futuro a controversie, specie nell'ipotesi sopra accennata.
C) DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO ED ETNICO. E'innanzitutto evidente che NELLA COSIDETTA "ZONA FRANCA"al nuovo confine italo-jugoslavo LE IMPRESE JUGOSLAVE VERREBBERO AD OPERARE IN CONDIZIONI DI ASSOLUTO FAVORE dato che il costo dei prestatori d'opera jugoslavi è inferiore di quasi il 50 per cento a quello degli italiani, oltrechè per le particolari condizioni vantaggiose derivanti dalla legislazione statalista jugoslava che ne disciplinerebbe l'attività secondo le disposizioni contenute nei relativi accordi. Ne è significativa conferma il fatto che presentemente risulta che ben 180 imprese jugoslave hanno già iniziato le pratiche per l'insediamento in detta Zona mentre le imprese italiane sono grandemente perplesse e non hanno nessuna analoga iniziativa. Siccome poi per tale Zona franca è stabilito semplicemente il trattamento già in atto per i "punti franchi" esistenti a Trieste da anni, evidentemente nulla essa può aggiungere ai vantaggi che all'Italia già derivano agli stessi; tanti più che questi ultimi si trovano nel Porto e quindi in condizione di netto favore in confronto ai nuovi punti franchi che si troverebbero invece sull'altopiano. Questi quindi potranno esser solo di vantaggio per l'economia jugoslava, a danno per quella italiana, nonostante l'onere di centinaia di miliardi previsto a carico dell'Italia per realizzarla, A TUTTO VANTAGGIO E PROFITTO DEI PORTI DI CAPODISTRIA E FIUME già in via di potenziamento. Inoltre l'istituzione di detta Zona Franca darebbe di necessità vita a dei GROSSI INSEDIAMENTI ETNICI DEGLI JUGOSLAVI, provenienti da tutte le Regioni della vicina Repubblica, per essere addetti alle attività delle imprese insediatesi nella Zona stessa. Secondo gli studi fatti da esperti gli addetti a tali imprese, tenuto conto di situazioni analoghe in Italia e negli Stati della CEE, verrebbero in breve ad ammontare dalle 60 alle 70.000 unità. Tenuto inoltre conto dei familiari e delle attività sussidiarie per tale complesso di persone secondo un calcolo minimo di industrializzazione fatto da competenti GLI INSEDIAMENTI ETNICI DI JUGOSLAVI NON DOVREBBERO ESSERE INFERIORI ALLE 300.000 – 350.000 PERSONE, PER UN TOTALE QUINDI SUPERIORE ALL'INTERA POPOLAZIONE DELLA CITTA' DI TRIESTE (MINORANZA SLOVENA COMPRESA). Tale popolazione in parte troverebbe alloggio in nuovi complessi che sorgerebbero nelle immediate vicinanze della città di Trieste, costituendo una specie di "NOVA TRST", mentre altra, certamente assai rilevante, troverebbe il modo di insediarsi nella stessa zona o città di Trieste, beneficiando anche di ospitalità di parenti o amici della minoranza slovena. In conclusione la città di Trieste si troverebbe di fronte ad una sicura INVASIONE SIA ECONOMICA CHE ETNICA TALE DA SNATURARLA RADICALMENTE. A ciò si aggiunga la penetrazione, a cui l'Italia non potrebbe opporsi a seguito del Trattato di Osimo, dei provenienti dalla Zona B fedeli del Regime. Questi poi, grazie ai nuovi accordi, avrebbero il diritto, come sopra rilevato, di vedere riconosciuti i diplomi universitari da essi conseguiti in Jugoslavia. Siccome inoltre essi, unitamente a parte della minoranza slava a Trieste, sarebbero i soli a conoscere la lingua slovena in modo da poter assolvere al compito di interpreti o traduttori, verrebbero a trovarsi nella facilissima possibilità, se non addirittura necessità, di essere assunti con tali mansioni in tutte le amministrazioni pubbliche, con una presenza rilevante (si calcola qualche migliaio) nel caso in cui dopo l'entrata in vigore del Trattato di Osimo si attuasse a Trieste il bilinguismo, come è previsto. Il che COMPORTEREBBE per essi una posizione ed UNA FORZA DI PENETRAZIONE DI IMPORTANZA ETNICA, POLITICA ed anche la POSIZIONE DI PRIVILEGIO che in tale modo la minoranza slava verrebbe ad avere a Trieste a danno della maggioranza italiana provocherebbe in quest'ultima sicure, INEVITABILI REAZIONI ED ODIOSITA' DANNISISSIME PER LA SUPERIORE CAUSA DEI BUONI RAPPORTI FRA I POPOLI.