Benvenuti nel sito della Lega Nazionale di Trieste
Storica associazione fondata nel 1891 che vive e lavora nella difesa dell'italianità di Trieste e di tutta la Venezia Giulia. In queste pagine presentiamo i servizi offerti e le attività svolte dalla Lega Nazionale. Raccogliamo, inoltre, documenti storici ed attuali per meglio comprendere la realtà e i problemi delle nostre terre.

Benvenuti nel sito della Lega Nazionale di Trieste
#lega130
La Lega Nazionale, dalla sua fondazione nel 1891 e per più di 130 anni, ha sempre operato per il sostegno e la diffusione della cultura e della lingua italiana nelle terre storicamente contese del nord est d'Italia.
La Lega Nazionale è un'associazione avente personalità giuridica, Medaglia d'Oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte, che ha come scopo statutario quello "di perpetuare e promuovere ovunque la conoscenza, lo studio, l'amore e la difesa della lingua e della civiltà italiana nella Venezia Giulia. A tal fine l'Associazione svolge, indipendente da qualsiasi partito od organizzazione di parte, attività soprattutto culturali, educative, assistenziali, ricreative" (art. 2 dello Statuto).
In queste pagine presentiamo i servizi offerti e le attività svolte dalla Lega Nazionale. Raccogliamo, inoltre, documenti storici ed attuali per meglio comprendere la realtà e i problemi delle nostre terre.
Speciale Giorno del Ricordo delle Foibe e dell'Esodo da Istria, Fiume e Dalmazia

Giorno del Ricordo - brevi lezioni
Teatro Stabile FVG per le scuole

Il Giorno del Ricordo: pagine speciali di RAI Cultura

Giorno del Ricordo, intervista al Presidente della Lega Nazionale

Inaugurazione del Lapidario dei Deportati in Jugoslavia - Gorizia 11 giugno

Lega Nazionale a Belluno
La Foiba di Basovizza
è un monumento all'aperto, senza quindi limiti di orari.
Il Centro di Documentazione
da marzo a giugno 10.00 – 18.00 tutti i giorni feriali e festivi,
da luglio a febbraio 10.00 – 14.00 tutti i giorni feriali e festivi,
tranne mercoledì (giorno di chiusura), Natale e Capodanno
ingresso gratuito
Per informazioni e prenotazioni visite guidate
telefonare ai n. 040365343 – 3485166126 o 3664180458
o scrivere a: info@

I Ragazzi del '53
A Trieste il 5 e 6 novembre 1953 sono caduti sotto il fuoco dell'esercito di occupazione alleato: gli ultimi martiri per l'Italia.
Leggi tutta la Storia
schede di storia
Brevi schede pensate per chi non conosce e vuole iniziare a capire la storia di Trieste e della Venezia Giulia
Cosa sono le Foibe?
Le foibe sono delle cavità naturali, dei pozzi, presenti sul Carso (altipiano alle spalle di Trieste e dell'Istria). Alla fine della Seconda guerra mondiale i partigiani comunisti di Tito vi gettarono (infoibarono) migliaia di persone, alcune dopo averle fucilate, alcune ancora vive, colpevoli di essere italiane o contrarie al regime comunista.
Quanti furono gli infoibati?
Purtroppo è impossibile dire quanti furono gettati nelle foibe: circa 1.000 sono state le salme esumate, ma molte cavità sono irraggiungibili, altre se ne scoprono solo adesso (60 anni dopo) rendendo impossibile un calcolo esatto dei morti. Approssimativamente si può parlare di 6.000 - 7.000 persone uccise nelle Foibe, alla quali vanno aggiunte più di 3.000 persone scomparse nei gulag (campi di concentramento) di Tito.
Chi erano gli infoibati?
Gli infoibati erano prevalentemente italiani. In generale tutti coloro che si opponevano al regime comunista titino: vi erano quindi anche sloveni e croati. Tra gli italiani vi erano ex fascisti, ma sopratutto gente comune colpevole solo di essere italiana e contro il regime comunista.
La Foiba di Basovizza - www.foibadibasovizza.it
La cosiddetta "Foiba di Basovizza" è in origine un pozzo minerario: esso divenne però nel maggio del 1945 un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili, da parte dei partigiani comunisti di Tito, dapprima destinati ai campi d'internamento allestiti in Slovenia e successivamente giustiziati a Basovizza.
Le vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, venivano prelevate nelle case di Trieste, durante i 40 giorni di occupazione jugoslava della città (dal 1 maggio 1945). A Basovizza arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.
Ma quante furono le persone gettate nella Foiba di Basovizza? Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella foiba di Basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante. Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. Lo spazio volumetrico conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime. Una cifra agghiacciante. Ma anche se fossero la metà, questa rappresenterebbe pur sempre una strage immane... e a guerra finita!
Il monumento della Foiba di Basovizza
Nel 1980, in seguito all'intervento delle associazioni combattentistiche, patriottiche e dei profughi istriani-fiumani-dalmati, il pozzo di Basovizza e la Foiba n.149 vennero riconosciute quali monumenti d'interesse nazionale. Il sito di Basovizza, sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945, ma anche il fulcro di polemiche per il prolungato silenzio e il mancato omaggio delle più alte cariche dello stato. Tale omaggio giunse nel 1991, anno cruciale per la dissoluzione jugoslava e dell'Unione Sovietica, quando a Basovizza si recò l'allora presidente della repubblica Francesco Cossiga, seguito due anni più tardi dal successore Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1992 aveva dichiarato la Foiba di Basovizza "monumento nazionale".
Alla fine della Seconda guerra mondiale, mentre tutta l'Italia, grazie all'esercito Anglo-Americano, veniva liberata dall'occupazione nazista, a Trieste e nell'Istria (sino ad allora territorio italiano) si è vissuto l'inizio di una tragedia: la "liberazione" avvenne ad opera dell'esercito comunista jugoslavo agli ordini del maresciallo Tito.
350.000 italiani abitanti dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le case, il lavoro, gli amici e gli affetti incalzati dalle bande armate jugoslave. Decine di migliaia furono uccisi nelle Foibe o nei campi di concentramento titini. La loro colpa era di essere italiani e di non voler cadere sotto un regime comunista.
Trieste, dopo aver subito più di un mese di occupazione jugoslava, ancora oggi ricordati come "i quaranta giorni del terrore", visse per 9 anni sotto il controllo di un Governo Militare Alleato (americano ed inglese), in attesa che le diplomazie decidessero la sua sorte.
Solo nell'ottobre del 1954 l'Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l'Istria all'amministrazione jugoslava.
E solo nel 1975, con il Trattato di Osimo, l'Italia rinunciò definitivamente, e senza alcuna contropartita, ad ogni pretesa su parte dell'Istria, terra italiana sin da quando era provincia dell'Impero romano.
LE PAGINE NON SCRITTE DELLA NOSTRA STORIA
Una delle tante pagine non scritte della nostra storia recente è l'Esodo di 350 mila fiumani, istriani e dalmati che, dal 1945, si riversarono in Italia con tutti i mezzi possibili: vecchi piroscafi, macchine sgangherate, treni di fortuna, carri agricoli, barche, a nuoto e a piedi. Una fuga per restare italiani, un vero Esodo biblico, affrontato con determinazione, verso un'Italia sconfitta e semidistrutta, quale reazione al violento tentativo di naturalizzazione voluta nella primavera del 1945, dalla ferocia dei partigiani slavi.
Improvvisamente l'Istria, Fiume e la Dalmazia furono oscurate dall'ombra livida di un destino incerto e rosso di sangue innocente. La gente era bloccata dalla paura dei rastrellamenti improvvisi, delle delazioni, delle vendette e delle notizie di infoibamenti, di affogamenti e di fucilazioni che la giustizia sommaria di sedicenti tribunali del popolo irrogava a chi era colpevole di essere italiano. Le città cominciarono a svuotarsi. Da Fiume fuggirono 54 mila su 60 mila abitanti, da Pola 32 mila, da Zara 20 mila su 21 mila, da Capodistria 14 mila su 15 mila.
A questi 350.000 italiani, gli unici a pagare il prezzo della sconfitta italiana nella seconda guerra, non è mai stato riconosciuto un degno indennizzo per tutto ciò che avevano perso né è mai stata riconosciuta la dignità di entrare nella Storia d'Italia, cancellati dai libri, dai dibattiti politici e culturali, dai giornali e dalla televisione. Solo nel 2004 la Repubblica italiana riconosce le tragedie del confine orientale con una giornata, il 10 febbraio, dedicata al ricordo delle Foibe e dell'esodo istriano, fiumano e dalmato.
I RAGAZZI DEL '53
Cinquant'anni fa Trieste visse un autunno intriso di speranza ma colorato di sangue. Si era agli ultimi momenti del governo militare alleato, il ritorno dell'Italia a Trieste sembrava cosa fatta, ma fra il 4 e il 6 novembre del 1953, la piazza si animò e, da una situazione di dissidio che, probabilmente, poteva essere controllata, si giunse allo scontro. Sei triestini: Addobbati, Paglia, Montano, Zavadil, Manzi e Bassa, persero la vita. Numerosi furono i feriti. Qualcuno venne arrestato. Altri, per evitare che ciò accadesse, furono allontanati dalla città proprio grazie al pronto intervento della Lega Nazionale.
Si era al culmine di un decennio tremendo e tremendo fu quel novembre di cinquant'anni fa.
In occasione del Cinquantenario del ritorno di Trieste all'Italia il Presidente della Repubblica ha insignito della Medaglia d'Oro al Valore Civile i 6 triestini che hanno dato la vita per la patria in quei giorni del '53.
I "40 GIORNI DEL TERRORE"
Siamo a fine aprile del 1945. Il 28, a Dongo, Mussolini è ucciso dai partigiani. Anche nell'estremo nord d'Italia, tacciono le armi. Ovunque la Pace s'avvicina e con essa la gioia per la ritrovata Libertà! Trieste sta vivendo una vigilia densa di trepide attese.
All'alba del 30 aprile 1945 imbraccia le armi contro i Tedeschi: questi ormai sono retro-guardie, pur combattive e non disposte a cedere. L'insurrezione è capeggiata dal Col. Antonio Fonda Savio e da un religioso, Don Edoardo Marzari. Tra le migliaia d'insorti troviamo i rappresentanti dei risorgenti partiti politici italiani e molti Militari dei Carabinieri, della Guardie di Finanza, e della Guardia Civica. Fra loro non ci sono comunisti.
Dopo sanguinosi scontri a fuoco i "Volontari della Libertà", a sera, hanno il controllo di buona parte della città, issano il Tricolore sul palazzo comunale e sulla Prefettura. I Tedeschi rifiutano di arrendersi per consegnarsi agli Alleati.
Il 1° maggio, fra lo stupore, che poi diviene costernazione, i "liberatori" che arrivano in città sono i partigiani jugoslavi. Fin dai primi contatti si avverte che questi non sono migliori dei Tedeschi!
Disconoscono i "Volontari della Libertà" e, costringono i partigiani del CLN a rientrare nella clandestinità. Invano i nostri Patrioti cercano punti d'incontro. Per la parola "Italia", per la Bandiera nazionale e per la Libertà "vera" ci sono soltanto porte chiuse. Per contro "stelle rosse", bandiere rosse con falce e martello e Tricolore con stella rossa al centro vengono imposti ovunque.
Le milizie Jugoslave, giunte a Trieste a marce forzate per precedere gli anglo americani nella "liberazione" della Venezia Giulia, non contengono nessuna unità partigiana italiana inserita nell'Esercito jugoslavo mandate a operare altrove.
Gli Slavi assumono i pieni poteri. Nominano un Commissario Politico, Franc Stoka, comunista filo slavo. Emanano ordinanze sconcertanti per la illiberalità. Impongono, a guerra finita, un lungo coprifuoco. Limitano la circolazione dei veicoli. Dispongono il passaggio all'ora legale per uniformare la Città al "resto della Jugoslavia"! Fanno uno smaccato uso dello slogan "Smrt Fazismu - Svoboda Narodu", "Morte al Fascismo - Libertà ai popoli", per giustificare la licenza di uccidere chi si suppone possa opporsi alle mire annessionistiche di Tito.
Prelevano dalle case i cittadini, in media cento al giorno, pochi fascisti o collaborazionisti, ma molti Combattenti della Guerra di Liberazione: ciò perché agli occupatori sta a cuore dimostrare di essere solo loro i liberatori del capoluogo giuliano.
L'otto maggio proclamano Trieste "città autonoma" nella "Settima Repubblica Federativa di Jugoslavia". Sugli edifici pubblici fanno sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore profanato dalla stella rossa. L'unico quotidiano è "Il nostro Avvenire", schierato in funzione anti italiana.
In città vige il terrore, si scopre presto dove vanno a finire i prelevati Nelle foibe! O nei campi di concentramento, come quello di Borovnica, anticamera della morte. Arresti indiscriminati, confische, requisizioni, violenze d'ogni genere, ruberie, terrorizzano ed esasperano i Triestini che invano richiedono l'aiuto del Comando Alleato.
Le espressioni di Monsignore Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria descrivono l'atmosfera che si respirava in città:
"Vivissimo era l'allarme e lo spavento invadeva tutti... In città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Tutti i giorni dimostrazioni di Sloveni convogliati in città, bandiere jugoslave e rosse imposte alle finestre. Centinaia e centinaia d'inermi cittadini, Guardie di Finanza e Funzionari civili, prelevati solo perché Italiani, furono precipitati nelle foibe di Basovizza e Opicina. Legati con filo spinato, venivano collocati sull'orlo della foiba e poi uccisi con scariche di mitragliatrice e precipitati nel fondo. Vi fu qualcuno che, colpito, cadde sui corpi giacenti sul fondo e poi, ripresi i sensi per la frescura dell'ambiente, riuscì lentamente di notte ad arrampicarsi aggrappandosi alle sporgenze e ad uscirne. Uno di questi venne a Trieste da me e mi narrò questa sua tragica avventura".
Finalmente gli Angloamericani bisognosi di disporre del porto di Trieste, constatato che Tito si rivelava ogni giorno di più inaffidabile e simile ad Hitler, intimano alle truppe slave di ritirarsi. Il 9 giugno a Belgrado, il Leader iugoslavo, verificato che Stalin non era disposto a sostenerlo, fa arretrare le sue truppe.
Tratto da "L'occupazione jugoslava di Trieste" del gen. Riccardo Basile

Chi siamo (da 130 anni)
La Lega Nazionale è stata fondata nel 1891 e da allora, per 130 anni, ha sempre operato per il sostegno e la diffusione della cultura e della lingua italiana nelle terre contese del nord est d'Italia.
E' un'associazione avente personalità giuridica, Medaglia d'Oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte, che ha come scopo statutario quello "di perpetuare e promuovere ovunque la conoscenza ,lo studio, l'amore e la difesa della lingua e della civiltà italiana nella Venezia Giulia. A tal fine l'Associazione svolge, indipendente da qualsiasi partito od organizzazione di parte, attività soprattutto culturali, educative, assistenziali , ricreative" (art. 2).
La Lega Nazionale si è sempre contraddistinta, nei suoi cento e più anni, per la sua intensa attività culturale, per la ricchezza del suo patrimonio documentale storico e per la particolare attenzione ai ragazzi e ai giovanissimi.
Custodiamo presso la propria sede di Trieste opere di valore storico e artistico che, assieme al lascito depositato al Museo di Storia Patria di Trieste e ai materiali raccolti nel Museo del Risorgimento di Trento, ripercorrono più di un secolo di storia della Lega Nazionale e della città di Trieste.
Le attività svolte e proposte dalla Lega Nazionale sono molteplici: dalla divulgazione culturale e storica, con l'organizzazione di convegni e conferenze, l'edizione di libri ed opuscoli, l'aggiornamento cosante dei nostri siti, all'affiancamento alle famiglie nell'educazione all'italianità e all'identità nazionale dei giovani e giovanissimi con il doposcuola, i centri estivi ed invernali, e svariati corsi formativi. In queste pagine presentiamo le attività in corso e quelle in via di allestimento.