Trieste e l’Italia, una storia da ricordare – Intervento del senatore Pedrizzi

Trieste e l'Italia, una storia da ricordare "CINQUANTA anni di Trieste italiana". È il titolo di un convegno che si terrà oggi a Roma nella sala dell'ex hotel Bologna in via di Santa Chiara 5.

Di seguito pubblichiamo l'intervento del senatore Pedrizzi su questo anniversario.

Il Tempo 19/10/04

Se l'Italia non fosse un paese di paradossi, ci sarebbe da stupirsi del fatto che per mezzo secolo sia stata praticamente cancellata dalla memoria collettiva della nazione la tragedia di quella che fu una vera e propria insurrezione per Trieste italiana. E questo mentre intorno a episodi secondari del nostro recente passato, come i fatti di Valle Giulia (dove studenti diedero il via al movimento del '68, giocando per qualche ora alla rivoluzione contro poliziotti proletari) è stata addirittura costruita una leggenda da tramandare alle generazioni future.

Per anni sui fatti di Trieste, di cui ancora oggi poco si sa e si parla, è calato il silenzio più omertoso. A troppi creava imbarazzo, infatti, ricordare la dura e lunga lotta di un'intera città che rischiò, per l'ignavia di alcuni e il cinismo di altri, di finire inghiottita dall'universo staliniano. A Trieste il problema dei confini italiani, che si trascinava dalla fine della Seconda guerra mondiale, diventò acutissimo nell'estate del 1953 quando Tito arrivò a chiedere l'annessione alla Jugoslavia del territorio libero di Trieste, dicendosi disposto a concedere in cambio la sola internazionalizzazione della città di Trieste. Da quel momento, come disse anche il presidente del Consiglio Pella in un discorso in Campidoglio, la causa dei fratelli triestini divenne la causa di tutti gli italiani. Il 3 novembre 1953, festa di San Giusto, a seguito della Dichiarazione Bipartita dell'8 ottobre, la bandiera italiana viene issata sul municipio di Trieste. È il 35° anniversario dell'ingresso degli italiani nella città e la scintilla della rivolta si accende quando i soldati americani tolgono quella bandiera. Tutti pensano che Tito abbia già avuto troppo, che in pratica gli è stata regalata tutta la zona sudorientale.

Inoltre 250 mila italiani sono stati costretti a lasciare le terre che il maresciallo si è annesso. Dopo lo strappo con il Cominform, gli angloamericani, condizionati dalla logica di Yalta, per dimostrare le loro buone intenzioni verso Tito, hanno preso a reprimere duramente la lotta dell'irredentismo triestino. È troppo: Trieste si gonfia di rabbia e esplode. Cominciano gli scontri ed i disordini, che durano mesi e che vedono le autorità angloamericane distinguersi per brutalità e ferocia. Trieste paga il suo tributo di sangue: cadono ragazzi come Pierino Addobbati, come Nardino Manzi, uomini come Antonio Zavadil, Erminio Bassa e Saverio Montano, giovani universitari come Francesco Paglia. Decine i feriti, i fermati, gli italiani sono trattati come ribelli. È così che il 5 ottobre del 1954 si arrivò al patto di Londra che fissava la cessazione del territorio libero di Trieste e il passaggio della zona A all'amministrazione civile italiana. Ed il 26 ottobre fu possibile il pieno passaggio di poteri dall'amministrazione alleata della città a quella italiana.

Non è difficile capire oggi quale fosse allora la posta della partita che si giocò al confine orientale del nostro Paese in quei primissimi anni Cinquanta: non solo la libertà e l'indipendenza di Trieste, ma la tenuta anticomunista e occidentale dell'Europa intera. Fa sorridere pensare che per così tanti anni si siano reputati più significativi gli scontri con la polizia a Valle Giulia, piuttosto che l'epopea di quei giovani che contribuirono a riportare Trieste all'Italia.