La Patria sopravvive alla crisi dello stato nazionale – di Paolo Sardos Albertini

La mia non sarà, non intende essere una vera e propria relazione. Sarà piuttosto è un contributo per proporre alcune personali considerazione su questo argomento. Fondamentalmente ciò su cui vorrei soffermarmi è il tema della identità; cercare cioè di capire quale significato, quale valenza possa avere questo tema, oggi e nel futuro più o meno ravvicinato.

Cosa si intende per identità? Sappiamo abbastanza chiaramente cosa significhi questo concetto, se rapportato alla singola persona, cioè un insieme di dati, di consapevolezze, di autocertezze che ci fanno sentire ciò che siamo, quel qualcosa che ci individua nella nostra specificità.

Se l’identità è importante per ciascun individuo lo è però anche per una collettività, per una comunità di persone, perché questo dato gioca in maniera determinante nel far sì che la comunità sia quello che è, nel far sì che venga avvertita per ciò che è, nel far sì che ciascuno di noi si senta parte di essa, proprio perché partecipe di tale identità comunitaria.

Questa identità comunitaria trova la sua espressione nei concetti di Nazione, di madrepatria La nazione è infatti entità costituita da un insieme di persone ubicate in un certo territorio e quindi legate da una determinata configurazione geografica; ma accanto a questo coagulate soprattutto da una partecipe prospettiva temporale, dal sentire di avere in comune una certa storia e quindi di avere in comune anche un qualche porzione di futuro.

Questi due elementi, quello geografico e quello storico, sono gli ingredienti costitutivi della Nazione, la definiscono fondamentalmente come un insieme di dati culturali e di costume, spesso anche di lingua. Possiamo in sintesi affermare che risulta sostanzialmente determinante la consapevolezza di appartenere ad una comune civiltà.

La Nazione, intesa in questi termini, negli ultimi duecento anni si è in qualche modo proposta come collegata strettamente alla realtà statuale. Stato e Nazione, come due entità che tendenzialmente erano chiamate ad identificarsi. Sono i due secoli che hanno visto la figura dello Stato-nazione come protagonista assoluto della storia e della politica, quantomeno nel continente europeo Lo Stato nazionale che in qualche modo andava ad assorbire la stessa figura nazionale: essere italiani, significava tendenzialmente far parte dello Stato italiano; reclamare la propria identità italiana significava reclamare l’appartenenza allo Stato italiano, proprio perché Stato-nazione. L’esperienza di questi ultimi due secoli ha avuto peraltro dei risultati pesantissimi. In particolare la prima Guerra Mondiale è risultata caratterizzata dal conflitto tra Stato e Nazione: lo scontro tra Stati nazionali esistenti contro quegli che non erano ancora nazionali, ma che erano portatori di nazionalità aspiranti alla statualità. E’ in questo contesto che si è inserito il meccanismo ideologico che della nazione faceva principio assoluto, strumento di lettura di ogni qualsivoglia realtà, il cosiddetto “nazionalismo”.

Non è il caso di ricordare quanto questa ideologia, al pari di ogni altra ideologia, sia stata portatrice di tragedie e di catastrofi storiche. E’ in questa consapevolezza che va però affermato, con forza, che questa identità Stato e Nazione è stata occasionale, non necessaria, finendo alla fin fine con l’incidere, pesantemente e negativamente, sul concetto stesso di Nazione.

Ecco perché – ne sono fermamente convinto – il concetto di Nazione va svincolato dal concetto di Stato. In questo senso mi pare estremamente illuminante proprio la nostra esperienza italiana. Dante Alighieri, nel ‘300, sicuramente si sentiva italiano, non aveva nessuna titubanza al riguardo, ma non si sognava certo di ancorare questa sua identità nazionale all’esistenza di una Stato Italia. In realtà tutta la nostra storia nazionale è caratterizzata da questo fenomeno: la Nazione italiana vive benissimo anche senza i puntelli di uno Stato italiano. E’ certamente significativa la constatazione che l’Italia, arrivata pressoché per ultima allo Stato nazionale, all’identificazione cioè di Stato e Nazione, abbia presentato movimenti di tipo secessionista sicuramente meno marcati di quanto avvenuto in altre realtà che erano arrivate allo Stato nazionale sicuramente molto prima.

Oggi comunque lo Stato nazionale è sicuramente in crisi. Lo è, a un livello più alto, con il formarsi di soggetti nuovi, come il soggetto Europa, che sicuramente sottraggono poteri allo Stato nazionale il quale era viceversa inteso come unico portatore di sovranità e quidi rifiutava ogni limite al proprio potere. Ma è in crisi anche al suo interno con i diversi fenomeni che si manifestano a livello di regionalismo, localismo e così via.

La crisi dello Stato nazionale non può, non deve travolgere anche il valore intrinseco della Nazione e della identità nazionale. Non si tratta di un semplice retaggio del passato, bensì di una realtà capace di piena attualità già nell’oggi e probabilmente ancor più viva anche nel domani, nostro e delle prossime generazioni..

Proprio nel momento in cui si ragiona in una prospettiva sempre più presente, sempre più accentuata di strutture che sovrastano quelle nazionali è importante che il tema della identità non venga rimosso. In una formula a suo tempo proposta dal generale da De Gaulle (eravamo all’inizio degli anni sessanta) si parlava di “Europa delle Patrie”. Agli inizi del duemila è evidente che il problema centrale che si pone al soggetto politico europeo è quello di trovare la propria identità. L’Europa, se non riesce ad individuare questo unico ubi consistam , attorno al quale ognuno di noi possa sentirsi cittadino europeo, è destinata inevitabilmente a continuare ad essere quello che è tutt’ora e cioè un povero strumento di burocrati e di banchieri. L’Europa ha bisogno viceversa di diventare, per i suoi cittadini, un qualcosa di più sostanziale, di più profondo, ha bisogno di essere avvertita, da tutti e da ciascuno, come luogo di appartenenza, ha necessità assoluta di diventare la Patria Europa.

Ma l’Europa Patria potrà essere costruita solo nel momento in cui ciascuno di noi sarà portatore della propria identità, nel momento in cui gli italiani porteranno la propria consapevolezza di Nazione italiana, così i francesi, così i tedeschi e così via. Quindi solo un incontro, una sintesi di queste diverse consapevolezze nazionali potrà creare una consapevolezza identitaria europea

Questo incontro di Nazioni è oggi qualcosa di possibile. Fin quando Nazione si identificava con Stato, mettere insieme due Nazioni e quindi due Stati si traduceva necessariamente in qualcosa di conflittuale, perché gli stati sono in primo luogo portatori di potere e il potere, di sua natura, difficilmente va a coniugarsi con altri poteri. Ma, nel momento in cui si rompe questa connessione con lo Stato, nel momento in cui Nazione ritorna a significare in primo luogo cultura e civiltà, allora Nazioni diverse ben possono felicemente coesistere. Le Patrie europee, che recuperino pienamente questa loro dimensione non statuaria, ma culturale e identitaria, possono convivere, devono convivere e, a quel punto, potranno dar vita anche a una Patria comune europea.

Cito sempre un esempio che mi pare estremamente eloquente: negli Stati Uniti, il cittadino del Texas innegabilmente è orgogliosissimo del suo essere cittadino del Texas, ma proprio in nome di questo orgoglio è altrettanto orgoglioso di essere cittadino degli States. Lo stesso discorso vale per il cittadino della California o del Montana.

Questo in Europa ancora non c’è. Sarà possibile essere veramente orgogliosi della nostra cittadinanza europea solo se avremo recuperato la nostra consapevolezza, il nostro orgoglio della nostra identità italiana.

Aggiungo che il tema dell’identità in realtà è probasbile che sia destinato a diventare, nel domani, il tema centrale della nostra realtà quotidiana, perché è proprio su di esso che si preannuncia il conflitto mondiale incombente: quello scontro che non sappiamo bene ancora come definirlo, ma che senz’altro risulta ineludibile, nel momento in cui una presenza, culturale non meno che politica, come quella dell’Islam si propone e pretende imporsi a tutta la realtà europea.

Una situazione che o sarà affrontata nella piena e forte consapevolezza della nostra identità europea-occidentale o ci porterà inevitabilmente a finire fagocitati in realtà, in culture che cancellano il nostre essere noi stessi.

Parlare di identità è dunque attuale, parlare di identità sarà attualissimo anche nel futuro. Ieri si è preteso coniugare identità e statualità. Così già non è più. Ma, parlare di nazionalità, parlare di Patria, questo risulta e risulterà più che mai possibile e necessario.

Paolo Sardos Albertini.

 

(Relazione svolta al Convegno sul tema “L’Europa delle Euroregioni. I nuovi obiettivi per popoli e territori europei, tenutosi il giorno 30 novembre 2006 alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste)