Discorso del Sindaco Dipiazza 26 ottobre

50° ANNIVERSARIO DEL RITORNO DI TRIESTE ALL’ITALIA: 26 OTTOBRE
L’INTERVENTO DEL SINDACO ROBERTO DIPIAZZA NEL CORSO DELLA CERIMONIA
 SVOLTASI IN PIAZZA UNITA’ D’ITALIA.

Concittadini, signor ministro Gasparri, signor ministro Tremaglia ,militari del Piemonte Cavalleria e del San Giusto, oggi festeggiamo i 50 anni del ritorno dell’Italia a Trieste.

Un ritorno che la città aveva atteso già una volta nella sua storia, mai dimenticando però, di essere italiana.

I contrasti, le diverse appartenenze, le ideologie non erano mai riuscite – in realtà – ad offuscare l’immagine di una città legata alla Patria, di una Trieste che con ogni sforzo rifiutava un distacco che andava contro la sua natura.

Come un figlio soffre il distacco dalla madre, così Trieste, sempre nella sua storia, ha sofferto ogni tentativo di chi voleva portarla lontano dall’Italia.

Alle ferite della Guerra, mentre il resto della Madrepatria iniziava una difficile opera di ricostruzione, Trieste si vide aggiungere nove lunghi anni di interregno che, con il Governo Militare alleato, la tenne lontana dall’Italia ma protetta da chi voleva ingiustamente farla propria.

Oggi, a 50 anni di distanza, è difficile spiegare. Oggi a 50 anni di distanza non tutti possono comprendere a fondo.

Non tutti sanno che Trieste è rimasta italiana grazie al sacrificio di molti, grazie all’impegno di chi si è battuto perché il tricolore potesse ancora sventolare in cima al Castello di San Giusto, in cima al Municipio, qui nella splendida piazza che ricorda l’unità del nostro Paese.

Alla lenta opera di riconoscimento – nostro preciso dovere nei confronti delle nuove generazioni – si affiancano oggi le medaglie d’Oro che il nostro Presidente Ciampi ha voluto conferire in memoria di chi ha dato la vita per Trieste.

Pietro Addobatti, Leonardo Manzi, Erminio Bassa, Saverio Montano, Antonio Zavadil e Francesco Paglia hanno voluto portare avanti un concetto di libertà, un’idea di appartenenza che risiedeva e risiede nelle anime della maggior parte dei triestini.

Se il mio illustre predecessore, il sindaco Gianni Bartoli, rimase sicuramente amareggiato dal contrastato sentimento di felicità per il ritorno dell’Italia e di dolore per la mancata soluzione del problema delle terre italiane d’Istria, io oggi posso dirmi invece più soddisfatto.

Perché dopo cinquant’anni attesi per scrivere una pagina di storia, si sta finalmente rendendo giustizia a chi ha subito il torto di dover abbandonare la propria casa, il torto di non poter rimanere in Patria, il torto di non veder riconosciute le proprie sofferenze.

Le decine di migliaia di istriani, fiumani e dalmati, di giuliani, che dovettero abbandonare le loro terre per fuggire di fronte a minacce di morte, di fronte al pericolo di una vita di miseria e sopraffazione, restano per noi un doloroso ricordo.

Oggi, però, è la giornata giusta per ricordare anche chi è rimasto in quelle terre. In questi decenni di buio e di contrapposizione non è stato semplice aiutarli, ma non li abbiamo abbandonati e non li abbandoneremo mai.

Ora i confini stanno per cadere in modo definitivo e la pacifica convivenza tra culture ristabilirà gli equilibri che la storia ha voluto cancellare.

“La voce di San Giusto martire chiama a raccolta, a meditazione ed a sentimento di fraterna comprensione – scriveva il sindaco Bartoli – tutti coloro che amano Trieste e tendono a servirla ancora in diversi campi ideologici, ma col rispetto dei metodi democratici e dell’imperio di quel minimo di buona fede che deve animare il cuore di ogni onesto cittadino”.

L’invito resta attuale, ma la fatica della condivisione delle memorie, unita all’apprezzamento per chi ha saputo – seppur in ritardo – riconoscere i propri errori, ci rende ottimisti nei confronti del nostro futuro.

Noi tutti, senza divisioni preconcette, senza muri ideologici, oggi speriamo che la città concluda presto questa sua opera di chiarificazione e di superamento degli ostacoli, che per tanti anni ne hanno rallentato il cammino.

Il benessere economico, una buona qualità della vita sono elementi imprescindibili per dare forma a quella città che noi tutti vogliamo.

Trieste ha oggi tutte le premesse per diventare ciò che si merita di essere: un’importante capitale d’area che sfrutta quella posizione geografica fonte in passato di tanta sofferenza.

Trieste è al centro della nuova Europa, Trieste vuole vivere da protagonista l’allargamento ad Est, con il rilancio del Porto, con una nuova economia basata su servizi e turismo. Ricordando il passato solo per non commettere nuovi errori.

Del nostro passato, ma con lo sguardo orgogliosamente rivolto al futuro, fanno parte anche i nostri militari del Reggimento Piemonte Cavalleria e del Primo Reggimento San Giusto.

Proprio perché essi ben rappresentano il legame con ciò che è stato ma anche un nuovo modo di vedere ciò che sarà, abbiamo voluto in quest’occasione onorarci della loro presenza e conferire loro la cittadinanza onoraria.

Concittadini, possa questa giornata segnare l’inizio di una nuova stagione per Trieste, di un futuro migliore per noi e per i nostri figli. Possa la storia restituirci ciò che nel passato ha voluto toglierci.

Viva l’esercito, viva Trieste, viva l’Italia