Capolavori istriani

Corriere della Sera 29/08/05 Trieste : La mostra Histria,aperta in questi giorni al Museo Revoltella

La mostra Histria, aperta in questi giorni al Museo Revoltella di Trieste, presenta una ben strana primizia: 21 opere di arte veneta (ma anche un Alessandro Algardi, che veneto non fu) che per mezzo secolo furono nascoste, benché fossero tutte note e classificate. Restauratori che le hanno analizzate e restituite alle migliori condizioni possibili e funzionari delle soprintendenze troppo giovani per averle conosciute prima hanno potuto reinserire questo tesoro d’arte dentro il percorso di mezzo secolo di studi

In questo senso davvero i Paolo Veneziano, Vittore e Benedetto Carpaccio, Alvise Vivarini, Giambattista Tiepolo e le meno note figure del Seicento veneziano, Francesco Trilli e Matteo Ponzoni, costituiscono delle novità. Le opere in mostra sono destinate, apprendiamo, a formare un’ala del museo del Castello di Miramare, la bianca reggia dello sfortunato arciduca Massimiliano

La mostra e il futuro delle opere costituiscono così un avvenimento che tocca direttamente le politiche culturali dell’ultimo mezzo secolo, mentre pongono delicati interrogativi sul futuro, aprendo spazio a una riflessione di carattere generale

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, fu varata in Italia una legge intitolata Protezione delle cose d’interesse artistico, storico, bibliografico e culturale dalla distruzione in caso di guerra. Fu grazie a questa legge che i funzionari delle soprintendenze, come Emilio Lavagnino, Carlo Alberto Dell’Acqua, Pietro Zampetti, Pasquale Rotondi percorsero l’Italia per nascondere le opere d’arte nei luoghi che sembravano più lontani da offese di guerra

Le opere d’arte dell’Istria, che allora era parte integrante del Regno d’Italia, furono ricoverate prima nella villa Passariano a Pirano, in Friuli; poi, quando la guerra le mise in pericolo, furono in parte ricondotte ai luoghi d’origine, mentre altre furono rifugiate in altri siti sicuri

Dei dipinti esposti nella mostra di Trieste, alcuni provengono dal deposito di Palazzo Venezia a Roma; altri dal deposito del Palazzo Ducale di Mantova

Nei rifugi attesero il trascorrere degli anni, e così passò il 10 febbraio del 1947, quando fu firmato il trattato di pace tra l’Italia e la Jugoslavia, e passò il trattato di Osimo, fino allo smembramento della Repubblica Jugoslava nel 1991

A richiamare in vita i dipinti sottratti alla guerra è stata ancora una legge, la n. 72 del 2001 con l’intestazione Tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli istriani

La realizzazione della rassegna, preceduta, ovviamente, dalla riapertura delle casse in cui le opere erano custodite e dal loro restauro, è dovuta al dinamismo dell’allora sottosegretario Vittorio Sgarbi, al lavoro delle soprintendenze e alla promozione dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

Rispondendo a giornalisti sloveni, il giorno dell’inaugurazione della mostra, Sgarbi ha dichiarato: «Queste opere sono italiane e appartengono alla cultura italiana. Le opere resteranno in Istria se ci sarà un accordo, ma non per diritto; il diritto è dalla parte nostra»

A mio modesto avviso, è proprio perché quelle opere sono italiane che andrebbero restituite (sic!) a Capodistria. In quella bellissima città veneziana, che ha una piazza intitolata a Vittore Carpaccio, si troverebbero accanto Vincenzo Catena e Benedetto Carpaccio, Bernardo Strozzi e Palma il Giovane, Gerolamo da Santacroce e Cima da Conegliano

Lo dico con l’appoggio della celebre lettera del 1815 di Antoine Quatremère de Quency a Miranda, che proprio in questi giorni viene pubblicata e annotata dall’Accademia Clementina, un testo che con tanta forza condanna lo sradicamento napoleonico delle opere d’arte dal loro contesto storico

Ma oserei sostenerlo, se mi è lecito, anche da un punto di vista di convenienza politica. Da Capodistria emigrarono per l’Italia quasi 8000 cittadini. Eppure vi sussiste ancora una comunità italofona; vi ha avuto successo per anni la radio Capodistria in lingua, anche, italiana; vi si stampano poesie dialettali e in italiano

È opportuno privare questa città di una parte rilevante della sua storia? Sono opportune, queste recriminazioni, dopo che, dal primo maggio 2004, la Slovenia è entrata nella Comunità europea? C’è un interesse italiano a slavizzare ulteriormente l’Istria o si agisce, anche in questo caso, non già nell’interesse nazionale, ma unicamente per avere più voti in patria?

La mostra «Histria: opere d’arte restaurate da Paolo Veneziano a Tiepolo», al Museo Revoltella di Trieste, resterà aperta fino al 6 gennaio 2006