SUI NEGAZIONISTI NOSTRANI, RIFLESSIONI DI UN ESULE ISTRIANO

pubblichiamo di seguito una riflessione di Gianantonio Godeas, esule istriano, sul negazionismo.

 

IL partigiano garibaldino “Vanni”, alias G. Padovan, protagonista dell’eccidio di Porzus, del massacro di partigiani cattolici ed azionisti non collusi con gli infoibatori Titini, riporta i NEGAZIONISTI NOSTRANI ALLA SBARRA. E GLI ESULI GIULIANO-DALMATI LI ACCUSANO DI MENTIRE ECCO PERCHE’:

 

Pier Antonio Quarantotti Gambini, istriano di Capodistria, descriveva in «Primavera a Trieste» la realtà nella quale si era venuta a trovare la Venezia Giulia e la Dalmazia nel 1945: «siamo una nave naufragata con i pirati a bordo» e Giani Stuparich in «Trieste nei miei ricordi» ricordava: «sembrò che una buia notte medievale scendesse sulla nostra terra da un cielo nemico». Entrambi non si rendevano conto allora che il panslavismo, utilizzando ai suoi fini, il terrore comunista mirava ad impadronirsi dell’intera Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia, per annettere terre italiane alla Repubblica Federale Jugoslava ad ordinamento comunista. Infatti nel 1945/1946 Milovan Gilas ed Edward Kardelj furono inviati da Tito in Istria, per organizzare la mattanza degli italiani, una pulizia etnica atta a dimostrare alle autorità militari alleate, che quelle terre erano slave e non italiane. Come perseguire questo obiettivo?, Nell’intervista rilasciata al periodico «Panorama», il 21 Luglio 1991 Gilas confessa : «bisognava indurre gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto». Terrore, morte, infoibamenti, annegamenti, fucilazioni, espropri, requisizioni, ruberie, tasse, angherie di ogni tipo, sono «la barbarie balcanica», rinnovatasi recentemente a Sebrenica, Slavonia, Kossovo, ottenne di far fuggire gli italiani autoctoni, presenti in quelle terre da 2000 anni.

Questa verità è ben conosciuta agli slavi che in Europa cercano di presentarsi con la veste di vittime degli italiani fascisti, invece che in quella di carnefici, come anche di recente hanno dimostrato di essere. Solo i comunisti, delle varie parrocchie nostrane lo negano. Infatti chi assume il ruolo di negazionista o giustificazionista o comunque riduzionista dell’orrore delle Foibe e della tragica persecuzione degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, ignora volutamente i fatti testimoniati dal popolo. E lo fa per scelta in malafede. Dunque distorce la verità, esattamente come fanno i neonazisti revisionisti, tra i qual, i spesso citati Irving e Nolte, che negano la shoah e lo sterminio nazista degli ebrei.

Costoro, un gruppo di comunisti sloveni alloglotti del FVG, in simbiosi con rinnegati italiani filo slavi per scelta o convenienza, che ancora oggi, ai confini orientali, tramano per trasferire possibilmente altri pezzi d’Italia al mondo slavo, con la connivenza di utili idioti nostrani che pensano così di difendere la vulgata dell’ eroica resistenza popolare antifascista e plaudono alle milizie del panslavismo, sostenute dal clero e da vecchi irredentisti slavi, che considerano incompiuta l’annessione del «Primorski» e mirano alla cosiddetta Slavia Veneta e magari a Gorizia e Monfalcone, essi, hanno perso il pelo ma non il vizio, e sono pronti a riprendere le loro mire espansionistiche.

Costoro in conferenze organizzate dal PRC, ANPI, ANED, ISTITUTI STORICI DELLA RESISTENZA, Circoli sloveni, ambienti antitaliani, ci riprovano. Hanno cambiato sigle, invece di T.I.G.R. e Borba, si chiamano in altro modo, ma il fine non è cambiato. A suo tempo furono aiutati dalle istruzioni scritte, dal comunista Togliatti il 19 ottobre 1944 al suo rappresentante presso Tito, Vincenzo Bianco, nelle quali Vi si poteva leggere, tra l’altro, «Noi consideriamo come un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci, e che in tutti i modi dobbiamo favorire, l’occupazione della regione Giuliana da parte delle truppe del Maresciallo Tito, questo significa che in questa regione non vi sarà ne una occupazione inglese, né una restaurazione dell’amministrazione reazionaria italiana, ma una situazione profondamente diversa da quella che esiste nella parte libera dell’Italia». E così proseguiva: «Questo vuoi dire che i comunisti devono prendere posizione contro tutti quegli elementi italiani che agiscono in favore del nazionalismo italiano». Un documento allucinante da condanna a morte per alto tradimento!. Subito dopo Eduard Kardelj, il braccio destro di Tito, in piena sintonia con Togliatti, inviava la seguente comunicazione allo stesso Vincenzo Bianco: «Bisogna fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti che si possono nascondere nelle unità partigiane». Ecco da dove ebbero origine le efferate stragi di partigiani anticomunisti o comunisti che volevano rimanere italiani, compiute in Venezia Giulia dai boia titini, a cominciare da quella di Porzus, immortalata nel boicotatissimo film di Renzo Martinelli, Ed ecco perché «a guerra finita, i fascisti e i nazisti che finirono nelle foibe istriane furono una minoranza. Subirono invece quella sorte, uomini del CLN, cattolici contrari all’ateismo comunista, democratici che non intendevano tradire la propria italianità, possidenti che non volevano farsi spogliare dei loro beni senza fiatare, operai che credevano di poter scegliere con il voto il proprio destino». Dunque il comunismo italiano si era fatto strumento al servizio dell’espansionismo sciovinista panslavo che dichiara a voce dell’O.F. (Osvobodilna Fronta) che rivendica le terre secondo loro slave, la Carniola Superiore, interna ed inferiore, la Carinzia, la Stiria il Litorale Sloveno con Trieste, Gorizia e la Slavia Veneta.. Il PCI triestino guidato da Frausin non avverte il pericolo di tale disegno annessionista slavo, sempre propagandato, e mette la lotta armata al primo posto subendone le conseguenze della denuncia ai tedeschi e l’eliminazione. L’otto settembre 43 è il catalizzatore che apre la strada agli uomini di Tito, rastrellano le armi abbandonate dagli italiani costituiscono gli «organi del potere popolare» e pensano sia per loro possibile cacciare italiani, fascisti e padroni. Qualsiasi forza, che dia ombra al loro disegno annessionista viene considerato obiettivo da eliminare. Così i partigiani di Porzus, le formazioni bianche, il Battaglione Triestino, comunista ma formato da italiani di Trieste, dell’Istria e di ex militari monarchici comandati da Giovanni Zol. Intanto Tito e Subasic spiegano nella conferenza di Bolsena, a Churchill che gli «Jugoslavi» considerano La Venezia Giulia come un loro territorio», quindi, come conseguenza strategica, nessuna formazione partigiana italiana comunista o non comunista deve operare nei territori da loro rivendicati: Non si Vuole che da Pola a Tarvisio vi sia un diaframma partigiano italiano». E così Zoll e la sua Brigata Triestina fanno una brutta fine; Zoll é ucciso in un’imbocata. Lelio Zustovich fondatore del PCI viene fucilato perché non d’accordo con l’annessioe alla Jugoslavia. Giovanni Pezza guida la ritirata della Brigata Triestina dopo aver rifiutato la confluenza al servizio degli sloveni, si sposta in Cicceria, ma le continue infiltrazioni slave mutano la consistenza etnica della Brigata fino a che nel febbraio del 44, dopo essere stato diffamato, viene assassinato da un distaccamento partigiano comandato dallo sloveno Carlo Maslo, assieme al suo Comando. Anche la brigata proletaria, che il 12 ottobre si riorganizza, dopo le batoste tedesche del 43, e il Battaglione d’assalto triestino il cui comando militare del battaglione si è diviso dal Commissario politico Camillo Donda e dal suo Vice Mario Abram, d’accordo con gli sloveni, si sposta nella zona di Doberdò del lago ma viene catturato dai tedeschi. Le componenti filoslovene scampate si aggregano al IX Corpus Sloveno nella Selva di Tarnova. Stessa sorte tocca al battaglione autonomo comunista Alma Vivoda che opera nella linea Ferroviaria Trieste Pola, ma dopo la sospetta cattura da parte dei tedeschi di Frausin e Miani, viene loro imposto di sciogliersi, ma Vincenzo Gigante sulle stesse posizioni di Frausin, comunista sì ma non al sevizio degli jugoslavi, si sposta per ordine del CLN nell’interno dell’Istria ma viene circondato dai tedeschi, che li hanno localizzati, ed annientato su probabile denuncia slava. E così Tito ordina dopo lo sbarco in Normandia la massima attenzione contro le forze che possono costituire un ostacolo al suo disegno anessionistico e ottiene che la Brigata partigiana italiana Garibaldi Natisone passi l’Isonzo e si metta al sevizio del IX Corpus finendo così in Croazia a centinaia di chilometri dall’Italia. I dirigenti partigiani italiani Lizzero e Zocchi, trenta anni dopo riconosceranno che fu una scelta sbagliata.

La vicenda poi dell’emissario del PCI Piemontese emissario del CLN alta italia tale Vincenzo Bianco, che si innamora della staffetta partigiana Mariuccia Laurenti, sorella di un comandante partigiano sloveno, ma anche spia al soldo della Gestapo, si intreccia con la supina accettazione del Bianco alle tesi slave di completa sottomissione degli italiani ai comandi partigiani slavi, convincimento ottenuto grazie alla Mariuccia Laurenti, si intreccia anche con la cattura del comandante comunista italiano Frausin catturato dai tedeschi. Una vicenda torbida che purtroppo portò il Bianco ad emettere, il 24 settembre un comunicato alle varie federazioni del Friuli e della Venezia Giulia, perorando la «necessità di porre subito tutte le formazioni partigiane italiane sotto il comando slavo e di accettare l’annessione di Trieste e del Litorale alla Slovenia, come un inevitabile fatto storico. Il ricatto della sua amante slovena raggiunge l’obiettivo ! Qualche sezione del PCI rifiuta, rifiuta Muggia, Capodistria, Isola e Pirano e alcune cellule di fabbrica rifiutano anche loro il documento, ma i molto più scaltri sloveni si affrettano a diffondere in migliaia di copie il documento creando il fatto compiuto, anche se al suo ritorno a Milano, il Bianco viene sconfessato e radiato dal C.C. del PCI ma il danno è ormai fatto. Per conquistare Trieste la IV armata Jugoslava lascia tutto il territorio nazionale sloveno e croato in mano nemica, tanto che Lubiana e raggiunta solo il 9 maggio e il 15 maggio inizia l’invasione della Carinzia mentre le operazioni di occupazione della Venezia Giulia terminano il 15 Maggio.

Così i comunisti italiani si sono fatti fregare da quattro furbacchioni slavi che hanno annesso il territorio della Venezia Giulia, Istria, Fiume, Zara le isole Dalmatiche e il litorale nord occidentale dell’Istria. E i democristiani zitti anche loro, con la silente complicità del Vaticano che certo sapeva della pulizia etnica in atto, e per non apparire meno antifascisti ed altrettanto resistenti, in nome della apologia pseudo eroica della resistenza, e per non dispiacere ai comunisti di cui, secondo Andreotti, avevano una gran paura : La vigliaccheria dunque, contribuì a nascondere la verità per 50 anni e più.

Ed ecco la schiera dei negazionisti di cui vale la pena esporre le elucubrazioni che tendono a giustificare il massacro degli italiani ed il furto del territorio nazionale con le italianissime città’ Dell’Istria, delle isole dalmatiche, di Fiume e di Zara. Ma le pietre si rifiutano di accettare una storia ed una lingua ed una civiltà che non è la Loro e continueranno a farlo fin quando non saranno distrutte dal barbaro invasore e dalla storiografia taroccata degli storici di sinistra che tutto falsificano in nome della ignoranza e della stupidità :

Sandi Volk (Trieste 1959) si è laureato in storia contemporanea all’università di Trieste e ha conseguito il master e il dottorato in Storia Contemporanea presso il dipartimento di Storia della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana. Si occupa di storia contemporanea della Venezia Giulia ed in particolare di Trieste e della storia degli sloveni della Regione.

E’ il più preparato al servizio della propaganda slovena. Agisce sempre di supporto alla organizzazione del gruppo dei negazionisti e giustificazionisti di cui abbiamo parlatoall’inizio.

Sandi Volk è a parere di alcuni esperti, molto ascoltato dai negazionisti, primeggia nel sostenere la favola delle persecuzioni italiane in Venezia Giulia, terra slava secondo lui, a danno dei croati e degli sloveni, che fin dal 1919/20 venivano angariati e maltrattati in ogni aspetto della vita civile, dagli italiani fascisti di cui poi si sono liberati.

Claudia Cernigoi è nata a Trieste nel 1959. Giornalista pubblicista dal 1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine e oggi dirige il periodico «la Nuova Alabarda» (il sito è www.nuovaalabarda.tk ). Ha iniziato ad occuparsi di storia della seconda guerra mondiale nel 1996, e nel 1997 ha pubblicato per la Kappa Vu il suo primo studio sulle foibe, Operazione foibe a Trieste. In seguito ha curato una serie di dossier (pubblicati come supplemento alla «Nuova Alabarda») su argomenti storici riguardanti la seconda guerra mondiale e sulla strategia della tensione. Nel 2002, assieme al veneziano Mario Coglitore, ha pubblicato La memoria tradita, sull’evoluzione del fascismo nel dopoguerra (ed. Zeroincondotta di Milano).

Alessandra Kersevan è nata a Monfalcone (GO), ricercatrice storica, fondatrice e direttrice editoriale della Kappa Vu edizioni. Curatrice di molti libri in friulano e in altre lingue sia per bambini e ragazzi sia per adulti.

Giacomo Scotti nasce a Saviano in provincia di Napoli il primo dicembre del 1928. Fin da giovane è vissuto nell’ex Jugoslavia, stabilendosi a Fiume. Giornalista e scrittore dal 1948, è autore di numerose opere in lingua italiana, croata e serba, di narrativa, poesia, storiografia, saggistica letteraria ed etnografica

Costui napoletano di origine, ma slavo comunista per scelta, emigrato verso il paradiso comunista, nel 1947, ha scritto due libri che vale la pena ricordare,, “Le Foibe Istriane” e “Foibe e Fobie” ove giustifica con le solite argomentazioni della sinistra comunista le stragi degli italiani della Venezia Giulia. Infatti secondo il suo verbo, gli avvenimenti si spiegano con le colpe italiane e fasciste che hanno determinato la reazione slava e l’origine delle foibe: secondo lui la stagione di sangue, le stragi istriane vanno inserite nel contesto storico della guerra fascista e nazista alle popolazioni slave. Contro ogni strumentalizzazione, ma anche contro ogni rimozione «Si ammazza troppo poco», e «Non dente per dente, ma testa per dente», raccomandavano nel 1942 i generali italiani Marco Robotti e Mario Roatta. Furono 200.000 i civili «ribelli» falciati dai plotoni di esecuzione italiani in Slovenia, «Provincia del Carnaro», Dalmazia, Bocche di Cattaro e Montenegro.

Dunque fu pura reazione, a suo parere, della popolazione slovena e croata alle angherie italo/fasciste in Istria.

RITIENIAMO che solo l’ideologia comunista, possa aver inizialmente condizionato SCOTTI, e lo abbia spinto a mettersi al servizio dello slavo invasore, e della sua propaganda, a giustificare, con i suoi scritti, la cacciata della popolazione autoctona italiana, connazionali per lui, presente da 2.000 anni sul territorio, mediante il terrore e l’infoibamento e ogni tipi di barbara violenza voluta da Tito ed attuata da Kardelj e Gilas. Per allontanare dalla loro terra gli italiani come lui. Quello che rimane incomprensibile, è che una volta caduto il muro di Berlino e resosi evidente il fallimento della ideologia comunista, che lo Scotti sia rimasto al servizio dello slavo negando e giustificando le foibe e l’esodo.

Tra gli innumerevoli negazionisti nostrani, ben noti agli esuli, per lo più alloglotti del FVG abbiamo ricordato il caso alquanto anomalo, del napoletano di Saviano (NA), diventato slavo per lunga militanza al servizio di Tito e, segnalato a Trieste i suoi tentativi di ottenere due paghe per il lesso, il noto Giacomo scotti, ma abbiamo anche un altro caso curioso di un ortodosso-russo-croato, un certo

Prof. Pedrag Matvejevic’ è nato a Mostar nel 1932: padre russo ortodosso, madre croata della Bosnia-Erzegovina. Professore all’Università di Zagabria e poi alla Sorbona a Parigi, che insegna attualmente letterature slave all’Università La Sapienza di Roma.

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Personaggio alquanto astuto assertore del NEGAZIONISMO in salsa bosniaca, che invece di trattare gli aspetti interessanti del “caravanserraglio” descritto nel ponte sulla Drina da Ivo Andric, parla a ruota libera di Dalmazia, Istria, Foibe ed Esodo, come se noi dovessimo da Lui, russo-croato, mutuare le sue OPINIONI COME VERITA’ RIVELATE. Si propone quale grande ed unico esperto conoscitore della storia dell’alto Adriatico, della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume, della Serenissima, e della Dalmazia.

Costui, con spiccate simpatie presso l’ex Presidente Scalfaro, ha ottenuto per, affinità resistenziali la cittadinanza italiana, ed un posto di docente di Slavistica presso l’Università “La Sapienza di Roma. I suoi discorsi negazionisti e giustificazionisti di basso profilo, e ben lontani dagli accadimenti realmente avvenuti, utilizza argomentazioni già presentate da utili idioti nostrani, ex comunisti, che ancora hanno come “Mission” raccontare le gesta dei compagni partigiani slavi resistenti votati alla liberazione dal nazifascismo e in realtà mobilitati alla conquista della Venezia Giulia, Istria, Fiume e Dalmazia..

Da Roma ha recentemente fatto leggere una sua lezione al liceo di Rovigo, per insegnare ai docenti ed ai ragazzi italiani la storia delle Foibe e dell’Esodo :

Tra l’altro egli cerca di incantare chi ascolta affermando :”

È chiaro che nessun crimine può venire sminuito o giustificato richiamandosi ad un altro. Le foibe, di cui ha scritto, componendo uno dei più sconvolgenti poemi della Resistenza antifascista europea, il croato Ivan Goran Kovacic ( A tutti noto in Italia ?) ´ hanno una loro contestualità storica, che non possiamo rimuovere o trascurare se vogliamo dire la verità e, se cerchiamo nella verità una sublimazione alla sofferenza. Perché la menzogna e l’omissione la umiliano e la tradiscono. L’ingloriosa vicenda cominciò infatti molto prima, non lontano dai luoghi dove furono poi compiuti quei crimini. Ci appoggiamo a documenti che hanno piena credibilità. Il 20 settembre 1920 Mussolini tenne un discorso a Pola, in Istria. E dichiarò: ” Per realizzare il sogno mediterraneo bisogna che l’Adriatico sia in mani nostre; di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara”

E’ veramente aggiornato!! Cita Mussolini nel 1920 quando non era neanche al potere e proveniva dal socialismo!, ma come mai non ci racconta anche cosa scriveva qualche anno prima, il Giornale Slavo di Trieste Edilnost nel 1911 : “La nostra lotta è per il dominio… non lo abbandoneremo mai fino a quando avremo sotto i piedi, ridotta in polvere, l’italianità di Trieste, che si trova agli sgoccioli e festeggia la sua ultima orgia prima della morte. Noi sloveni, inviteremo domani, questi votati alla morte a recitare il “Confiteor”!

Il nostro continua come una sirena:

Le statistiche a nostra disposizione parlano di un numero di circa 80 mila esuli fra croati e sloveni nel corso degli anni ‘ 20 e ‘ 30. ( funzionari asburgici che tornavano a casina!) Gli slavi persero il diritto che, ancora sotto dominazione austriaca, avevano di servirsi della loro lingua nella scuola e sulla stampa, il diritto della predica in chiesa e persino quello della scritta sulla lapide nei cimiteri. Le città e i paesi cambiarono nome e lo stesso toccò alle famiglie e agli individui. Ed è appunto in un contesto del genere che si sente parlare per la prima volta della minaccia della foiba.”

Fu il ministro fascista dei lavori pubblici, Giuseppe Cobolli Gigli, da Capodistria, a scrivere nel 1927: ” La musa istriana ha chiamato Foiba degno posto di sepoltura per chi nella provincia d’Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell’Istria” ( da Gerarchia , IX, 1927).Le foibe sono dunque un’invenzione fascista. E dalla teoria si passò alla pratica. L’ebreo Raffaele Camerini, che si trovava ai lavori forzati in Istria, alla vigilia della capitolazione dell’Italia, nel luglio 1943, testimoniò nel giornale triestino Il Piccolo ( 5 novembre2001): ” Sono stati gli Italiani, fascisti, i primi che hanno scoperto le foibe”. La peggior cosa che gli toccò era trasportare e gettare gli antifascisti uccisi nelle foibe istriane e cospargere i loro cadaveri di calce viva.

Fuori i documenti, gli ordini di servizio, i camions per favore

Lo sproloquio soprastante è comico, esilarante, gli slavi, come noto rimasero sempre ove erano insediati, ed usavano normalmente la loro lingua, che usano tuttora. Nessuno portò loro via nulla, ne la loro identità, rimasta immutata, nella valle dell’Isonzo, del Resia, del Vipacco e del Carso triestino. I nomi delle città e dei paesi, sono ancora oggi, facilmente rilevabili dalle mappe austriache, erano da sempre nomi latini e poi veneti e italiani, salvo le località slave.

Solo gli slavi, loro si, hanno cambiato e snazionalizzato i nomi da secoli latini e veneti!. I cognomi furono cambiati solo su richiesta di chi lo voleva, è ridicola la citazione del ministro Cobolli Gigli, quale inventore delle foibe, come é penosa storia QUELLA delle camionate di slavi antifascisti rovesciati nelle foibe istriane, menzogne che non trovano riscontro storico. Forse si confonde con Sebrenica o Jasenovac.

Il professore di slavistica continua

La storia potrebbe aggiungere alcuni altri dati. Uno dei peggiori criminali dei Balcani fu certamente il duce (poglavnik ) degli ustascia Ante Pavelic, alleato dei nazi. E il campo di Jasenovac fu una Auschwitz in formato ridotto, con la differenza che lì il lavoro veniva fatto ” a mano”……mentre i nazisti lo facevano in modo industriale” : ma caro professore costoro, quelli ustasca di Jasenovac, non erano per caso croati?

E ancora : ”il governo di Mussolini si annetté parte della Slovenia, compresa la provincia di Lubiana,( GRANDE e ridicola Cavolata) la Dalmazia, il Montenegro, una parte della Bosnia- Erzegovina, tutte le Bocche di Cattaro e nella circostanza, fra il 1941 e il 1943, circa 30 mila slavi – croati e sloveni – vennero scacciati dall’Istria, e dalle terre occupate. Le camicie nere eseguirono fucilazioni di massa e di singoli individui. Varie fonti valutano in 200 mila le persone uccise, in particolare sul litorale e sulle isole. Un numero molto ( ma guarda che strano! bontà sua) probabilmente gonfiato, ma se anche solo un quarto di esso corrispondesse alla realtà, sarebbe comunque troppo. Ci furono episodi in cui gli occupanti italiani aiutarono anche il ” duca” cetnico serbo, il pope Djujic, un uomo che incendiava i villaggi croati e i loro abitanti, vendicandosi così delle stragi compiute dagli ustascia sulla popolazione serba,

…….. dunque l’abitudine a massacrarsi tra di loro, tra slavi dei balcani, è una tradizione senza soluzione di continuità, che è stata ampiamente applicata anche contro di noi

Predrag continua:

.”A ciò bisogna aggiungere la catena di campi di concentramento italiani, di varia dimensione, fino a Pago e Arbe, vicino al golfo del Quarnaro. Spesso si transitava in questi luoghi per raggiungere la risiera di San Sabba a Trieste e, in certi casi, si finiva anche ad Auschwitz.

Pedrag Matvejevic dimentica di citare la via crucis dei campi di sterminio della Jugoslavia di Tito, da Borovnica, a Goli Otock, a Skofia Loca, a Stari Grad, ed ai molti altri ove la sofferenza umana raggiungeva orrori mai conosciuti

E poi il nostro Prof: continua:

I partigiani non erano protetti dalla convenzione di Ginevra ( che scoperta, mica erano truppe regolari purtroppo scatenavano sole rappresaglie coinvolgendo civili innocenti ed inermi) e pertanto i prigionieri venivano immediatamente sterminati come cani. Così molti giunsero alla fine delle guerra carichi di risentimento . Fra di loro c’era gente capace di compiere misfatti come quelli delle foibe. Non ci sono testimonianze di nessun genere, in nessun tipo di archivio , militare o civile, di alcuna direttiva emanata o giunta dallo stato maggiore partigiano e da Tito. Singole persone esacerbate – fra quelle che avevano perduto la famiglia e la casa, i fratelli e i compagni – eseguivano i crimini in prima persona e per proprio conto”)

NON è vero ! Lo stesso Milovan Gilas con Kardelj hanno testimoniato il contrario parlando degli ordini di Tito in proposito …………Così, prosegue il Prof:

Oggi ci tocca ascoltare una propaganda che, attraverso i vari media, fa menzione di ” decine di migliaia di infoibati”. Secondo lo storico italiano Diego De Castro ( anche lui lontano dal comunismo) nella regione sono stati uccisi circa seimila italiani. Un crimine grande a sufficienza, che non occorre aumentare parlando – come pure si fa – di 30mila o 50 mila morti. Bisogna rispettare le vittime, e non gettarne loro addosso altre, come facevano proprio gli ” infoibatori”. ( Ricordi caro Prof: che comunque sono poveri morti senza un fiore senza una lapide, e senza sepoltura, e non si sa nemmeno dove SIANO stati buttati esattamente?).

Perché non comincia lei, caro amico, a rispettare i morti raccontando la verità parlando della pulizia etnica che abbiamo subito in Venezia Giulòia e Dalmazia adoperandosi per la restituzione delle proprietà a noi rubate, con la complicità del governo italiano, e parlando della civiltà dei latino-veneti della sponda orientale dell’adriatico, arte, architettura, letteratura, musica, pittura, e del contributo della gente e delle nostre terre, al Rinascimento ed alla civiltà europea alla quale il vostro paese aspira. Ciò potrebbe grandemente contribuire ad un incontro con la popolazione slava insediatasi al nostro posto, in Istria Fiume e Dalmazia, creando, dopo il riconoscimento da parte loro, del malfatto e la restituzione del maltolto, creare le basi per una futura possibile convivenza entro le nuove frontiere dell’Europa che verrà.

Le Associazioni degli esuli giuliano-dalmati, dovrebbero imparare ad interloquire e contestare le falsità che questi negazionisti e giustificazionisti, va propagandando in tutta Italia, con l’aiuto dei comunisti, ovunque purtroppo presenti nei partiti politici e nelle organizzazioni pseudo culturali, e nella stampa di regime, che sono diffuse ed agiscono contro gli esuli e contro la verità, cercando di contestare ed impedire la celebrazione della giornata del ricordo, cosa che si ripeterà e alla quale dovremo essere preparati

Gianantonio Godeas, esule istriano