Al Circolo della stampa un incontro con tesi «riduzioniste» sui boia di Tito
Fausto Biloslavo
da Trieste
Le foibe sono una mezza invenzione, i boia di Tito erano dei bravi ragazzi, che vanno riabilitati e il film dedicato a Norma Cossetto «è pura propaganda fascista». Claudia Cernigoi e Alessandra Kersevan, Cip e Ciop del «riduzionismo» che sminuisce a bazzecole il dramma delle foibe e dell’esodo sono state ospitate ieri al Circolo della stampa di Trieste.
A un mese dal Giorno del ricordo, che rende omaggio alle vittime dei crimini di guerra con la stella rossa di Tito, nella «capitale» morale degli esuli istriani, fiumani e dalmati trovano spazio tesi e libri che fanno accapponare la pelle. Ovviamente senza contraddittorio, ma con una sala stracolma.
L’annuncio con tanto di logo del Circolo della stampa è stato fatto girare via posta elettronica dall’indirizzo Assostampa del Friuli-Venezia Giulia, il sindacato unico con la schiena dritta, che pende sempre da una parte. Nel palazzo dell’Inpgi, che ospita pure l’Ordine dei giornalisti pronto a battersi contro la disinformazione, Claudia Cernigoi ha presentato il suo ultimo, discutibile, libro Operazione Plutone dal sottotitolo «Inchieste sulle foibe triestine», come se fosse oro colato (L’abisso Plutone è una foiba più piccola e meno conosciuta sull’altopiano triestino, rispetto a quella di Basovizza, monumento nazionale). A fare gli onori di casa Pierluigi Sabatti, presidente del Circolo della stampa che definisce l’autrice «detective della storia, che con coraggio propone un altro punto di vista».
Il libro punta a smontare gli infoibamenti attorno a Trieste giocando su numeri, dettagli, rapporti che dimostrerebbero l’esistenza «di una grande montatura». A introdurre l’autrice, l’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente della Camera penale di Trieste, che almeno ammette «la caccia all’uomo e alcuni eccidi» durante i 40 giorni di occupazione di Trieste da parte delle truppe di Tito. Il bello è che l’autrice sostiene di «aver reso giustizia» riabilitandolo a Nerino Gobbo, uno dei capetti filo jugoslavi a Trieste nel maggio-giugno 1945 poi fuggito oltre confine. La Corte di assise di Trieste lo ha condannato a 26 anni di galera in contumacia, ma Cernigoi è convinta che «la vera colpa fu di infiltrati» forse dei fascisti «che Gobbo ha fatto arrestare e processare a Lubiana». Al Circolo della stampa non poteva mancare Alessandra Kersevan, che ha ribadito «l’esistenza di un piano» che dai tempi del maresciallo Graziani fino a oggi crea il «mito» delle foibe. L’alfiere principale del «riduzionismo», più che una storica, è un’attivista politica orfana di Tito. L’ultima sua uscita sul sito di Rifondazione comunista riguarda Rosso Istria, il film dedicato alla martire istriana Norma Cossetto bollato come «pura propaganda fascista».