Politica e linguistica

Un’altra volta l’associazione italiana degli slavisti ha voluto ribadire al mondo linguistico la “scientifica” appartenza dei dialetti della Slavia “veneta” ovvero le valli di Resia, del Torre e del Natisone alla lingua slovena.

Cosa del tutto legittima e democratica.

Credo tuttavia che ognuno possa avere le sue opinioni riguardo e che sulla “scientificità” dell’appartenenza linguistica di un dialetto a una lingua non si arrivi mai a una conclusione definitiva per intromissione di storia e politica.

Per esempio, fino a poco tempo fa si diceva che il friulano doveva per forza essere un dialetto della lingua italiana e codesta tesi era supportata dai più noti e chiarissimi professori della linguistica italiana.
Si diceva che l’olandese era un dialetto della lingua tedesca e la cosa era accettata da quasi tutto l’accademismo linguistico mondiale, si dice ancora che il lussemburghese sia un dialetto tedesco usato come lingua. Il croato, il serbo e il bosniaco sono state considerate lingue separate dagli slavisti solo qualche anno fa.

La verità è che ci sono tante sfumature. Chi decide in realtà se un dialetto dev’essere dialetto o più essere “nobilitato” al rango di lingua? La risposta è semplice, la volontà del popolo, la storia e la politica. E purtroppo la politica parte da un discorso linguistico per arrivare a uno etnico.

La situazione della lotta tra filo-sloveni e filo-italiani nella Slavia “veneta” è dovuta al fatto che i linguisti slavisti giocano con la politica (si appoggiano ovviamente a Lubiana) che qui si scontra con la volontà del popolo, un popolo, quello slavo della provincia di Udine, che mai si è ritenuto “sloveno”, anche perché non ha partecipato all’unione nazionale slovena ma a quella italiana.

Gli sloveni concepirono di essere sloveni e cominciarono a formulare l’unità nazionale solo nel 1848, prima chiamavano loro stessi semplicemente “slavi” erano infatti privi di una nazionalità precisa e si rifacevano ancora all’antico concetto di “stirpe” (slava, latina, germanica).

Gli slavi della Slavia “veneta” già secoli prima si erano separati politicamente e differenziati culturalmente dai loro fratelli della Venezia Giulia, come i galleghi dai portoghesi, gli olandesi dai tedeschi ecc.
Su queste cose conta anche il sentimento di appartenenza di un popolo.

Gli austriaci parlano dialetti provatamente tedeschi, ma non si sentono tedeschi e ora sono anche riconosciuti da tanti Paesi d’Europa come etnia separata da quella tedesca perché è il popolo austriaco e solo il popolo austriaco padrone della sua identità, così come i popoli della Slavia “veneta”, e solo loro, sono i padroni della loro identità e dei loro destini.

Le parlate della Slavia “veneta” possono essere anche slovene, ma da questo a dire che quei popoli sono sloveni e che in loco debba essere tutelata una lingua che loro sentono “straniera” ne passa.
Invito l’associazione italiana degli slavisti a non strumentalizzare in senso etnico le loro interessanti ricerche e a ricordarsi che il mondo non è tutta scienza, ma anche cuore e che il cuore degli Slavi “veneti”, purtroppo o per fortuna, batte per l’Italia.

 

Massimiliano Verdini
Delegazione del Friuli della Lega Nazionale