Pasqua 2020: una preziosa riflessione di Mons. Pietro Zovatto

Noi eravamo abituati a prepararci alla Pasqua con tutto un quadro di cose prefissate che consideravamo normali. Nelle nostre chiese risuonavano le vie Crucis, i canti, i devoti a stuolo di folle, le visite, e magari le benedizioni delle case e delle uova colorate e delle focacce su cui pregare per rendere anch’esse sacre. In Istria poi tutta questa ritualità liturgica ad ogni anno si ripeteva mentre si risvegliava la natura con la nuova stagione primaverile. Gli alberi in fiore, il verde dei campi e dei prati e le mille specie colorate fino all’umile viola, umile e schiva ritirata in un cantuccio del fossato come per dire: esisto ma nell’angolo della mia umiltà silenziosa.

            Ora incombe su di noi la pandemia, una peste che ha un rilievo non solo regionale con la violenza crudele espansa, che da Milano via Piacenza e Parma tocca l’Emilia Romagna per arrivare alle Marche. Ma anche il mondo intero è infettata da tanta sventura che ormai è universale. Lambisce con vischiosità tutti i continenti. E tutte le popolazioni si leccano le ferite e si sottopongono a un regime di restrizioni.

            Ѐ un passione diffusa, un calvario che tutti devono percorrere, stringere i denti e camminare lo stesso per vivere ed esistere. Magari con l’ansia nel cuore e l’incubo che questo virus covi-19 ci tocchi da vicino. Onore a tutto il personale sanitario: medici, infermieri, addetti alle ambulanze che pagano con la vita la loro dedizione al dovere. In tutto questo contesto la solidarietà caritativa raggiunge i vertici, poiché nessuno ama tanto il prossimo come colui che dà l vita. E noi ci troviamo in questa situazione edificante e insieme assurda con vittime persino tra il clero. Quest’anno la Pasqua si celebra sotto chiave, in sordina, con le chiese non officiate dai parroci, frementi per non poter dispiegare quel rito che da millenni la nostra gente sensibile al massimo mistero non può partecipare.

            A Pasqua Cristo si è immolato, “Cristo è Risorto”, Cristo fattosi piccolo affinché l’uomo cresca nella statura umana e nel fermento del granellino di senape, che, se non muore non può fruttificare. La nuova Pasqua è inedita e ci ha resi più umili, più vicini alla riflessione della interiorità spirituale. Là dove sorgono i desideri profondi e sostanziali, le ferite mortali o le rinascite miracolose, dove ognuno può fare pace con se stesso e trovare la via della verità, il sentiero della giustizia, l’orizzonte della speranza.

            Ma a Pasqua insorge san Paolo dopo aver percorso la via di Damasco – accecato rivede la luce – ma sotto un altro profilo. Esulta con Cristo che gli ha aperto gli occhi e rinasce col cuore dell’uomo nuovo, ove i desideri più pressanti e sottili possono finalmente trovare la tranquillità della pace. A Pasqua è ancora san Paolo a rammemorare ai sordi delle cose spirituali e ai distratti da una vita superficiale e fatua: “Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”. Fino al 14 aprile le chiese tacciono, ma cerchiamo di ascoltare l’apostolo delle genti che  grida di nuovo tutti i cristiani e a tutti gli uomini di buon volontà: Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede. Un monito per dare una frustata benefica a una mediocrità di vita che rischia di perdere il senso profondo del più grande Mistero Cristiano: la Pasqua.

 

Mons. Pietro Zovatto