NON DIMENTICHIAMO I MARTIRI DEL COMUNISMO
Una riflessione del Presidente Paolo Sardos Albertini sui crimini dei boia di Tito
Il Corriere della Sera, nel suo supplemento letterario di domenica 31 gennaio, si occupa del tema «foibe ed esodo» dedicando due intere pagine ad un confronto tra Raul Pupo ed Eric Gobetti.
Le argomentazioni del primo sono ben note (con i pregi ed i difetti), quelle del secondo appartengono, a pieno titolo, alla categoria di chi rimpiange i bei tempi quando di queste cose non si parlava.
All'interno di queste due pagina c'è però anche una colonnina a firma di Alessio Francone con il titolo «Dalle voragini della Slovenia emergono i resti di altri massacri»
E' su questa, forse solo su questa colonna che merita soffermarsi.
Perchè, contro le argomentazioni più o meno eleganti e sottili dei due interlocutori, Francone propone la realtà vera, tragica, sanguigna delle centinaia di migliaia di cadaveri, di quella montagna di corpi martoriati, della tragica marea di dolori che li accompagna.
Migliaia di Italiani, decine di migliaia di Sloveni, centinaia di migliaia di Croati: tutti trucidati come «nemici del popolo», tutti assassinati dai boia di Tito, quelli con la stella rossa che stavano realizzando la rivoluzione comunista» che stava nel cuore e nella mente di Josip Broz.
Un numero impressionante di vittime, uomini donne e bambini, testimoni tutte del carattere intrinsecamente criminale del comunismo.
Di fronte al loro ricordo, di fronte alla consapevolezza del loro sacrificio le sottili distinzioni di Pupo e Gobetti letteralmente scompaiono, il loro baloccarsi con distinguo tra destra e sinistra (sembrano citazioni di Giorgio Gaber) suona a dir poco vacuo e vergognoso.
Non merita neppure dedicare loro obbiezioni e contestazioni.
Pensiamo solo a ricordare, ad onorare, a celebrare quell'enorme numero di «nemici del popolo», tutti martiri del comunismo, tutti nostri fratelli da consegnare alla comune pietà, umana e cristiana.
Paolo Sardos Albertini
Presidente della Lega Nazionale