Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria
Lettera testamento di Nazario Sauro ai figli
(Capodistria 20.9.1880 – Pola 10.8.1916)
Caro Nino,
Tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d’italiano.
Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l’ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa Patria, giura, o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli, quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani,
I miei baci e la mia benedizione.
Papà
Dà un bacio a mia mamma che è quella che più di tutti soffrirà per me, amate vostra madre! e porta il mio saluto a mio padre.
Nacque a Capodistria (Pola) il 20 settembre 1880. Irredentista dalmata, ancora in giovane età ebbe il comando di piccoli piroscafi con i quali percorse tutto l’Adriatico, impratichendosi particolarmente delle coste dalmate, delle rotte in stretti canali, sulle condizioni idrografiche e sulle vicissitudini meteorologiche di questo tratto di mare.
Infiammato d’amore per l’Italia nella fede sicura di una prossima liberazione della sua terra dal giogo straniero egli fa tesoro di queste sue conoscenze con l’intento di servirsene a scopi bellici. Allo scoppio della guerra mondiale è a Venezia tra i primi profughi giuliani a fare opera di propaganda interventista.
Allo scoppio del 1° conflitto mondiale si portò subito a Venezia, arruolandosi volontario nella Regia Marina dove ottenne il grado di Tenente di Vascello di complemento.
Nell’incarico di pilota imbarcò subito su Unità siluranti di superficie e subacquee ed in 14 mesi di intensa attività portò a compimento 60 missioni di guerra, delle quali alcune sono rimaste memorabili e leggendarie per il modo mirabile con il quale egli coadiuvò i comandanti delle varie unità partecipanti.
Il porto militare di Trieste era ben guarnito di sbarramenti e mine. Quella notte, poi, persistenti piovaschi rendevano pericolosa la navigazione anche a chi conosceva le rotte dì sicurezza. Eppure un grosso piroscafo carico munizioni era saltato in aria, raggiunto da una torpediniera italiana. Un’altra volta, a Pirano, tre siluranti s’erano avvicinate a un tiro di schioppo dal costa, facendo rotta fra i fondali e dimostrando di riconoscerli meglio pescherecci locali. L’ammiraglio austriaco sapeva che incursioni come queste erano guidate da piloti istriani. « Irredenti » li chiamavano gli italiani. E soltanto un pilota come Nazario Sauro, nato e cresciuto a Capodistria, praticissimo dei canali per avervi navigato al comando di un veliero fino allo scoppio del guerra, poteva scansare gli ostacoli con tanta disinvoltura.
Nazario Sauro aveva avuto anche l’ardire di sbarcare in pieno giorno porto di Parenzo. « Su moveve ! Lighè la zima che dovemo ormegiar », urlò dal cacciatorpediniere Zeffiro, lanciando una gomena ai tre soldati austriaci che lo guardavano interdetti. E siccome quelli si muovevano impacciati da1 fucile: « Macachi! », li incitò, sempre interpellandoli in dialetto istriano, « Cusì no podè lavorar; toleve de dosso el fusil e lavorarè megio». Saltato a terra e agguantatone uno, lo portò di peso a bordo e si fece dire in qual direzione dovesse puntare i cannoni per colpire una base segreta di idrovolanti. Nazario Sauro era anche quel tale che alcuni anni prima, a Trieste, era stato condannato a quattordici giorni di prigione perché, in un litigio con un capitano marittimo austriaco, suo collega, dettogli tutto quel che gli veniva, aveva concluso: ” E porco anca el governo che te mantien ».
Per questi suoi meriti di guerra è fregiato nel giugno del 1916 della medaglia d’argento e promosso a tenente di vascello. Poco dopo ottiene di essere imbarcato sul sommergibile “Giacinto Pullino”, il quale nella notte del 30 luglio esce dal porto di Venezia con l’obiettivo di silurare le opere di guerra nemiche nelle acque di Fiume. Ma già all’alba la nave giunta nel Carnaro s’incaglia sullo scoglio della Galiola nei paraggi delle isole Unite.
Risultati vani tutti i tentativi di disincaglio, distrutti i cifrari di bordo e le apparecchiature e predisposta per l’autoaffondamento, l’unità fu abbandonata dall’equipaggio e Nazario Sauro, allontanatosi volontariamente da solo su un battellino, fu in seguito catturato dal cacciatorpediniere Satellit.
Nazario Sauro con tutti i suoi compagni è fatto prigioniero, riconosciuto e tradotto davanti al tribunale militare di campo dell’Ammiragliato e del comando di porto di Pola il quale fungendo da giudizio statario lo condanna il 10 agosto 1916 alla pena di morte mediante capestro, dopo averlo crudelmente messo a confronto con la madre, fatta venire dai campi di deportazione dell’Austria interna. (2) « Non conosco questa signora », rispose quando nella cella fu accompagnata sua madre. Negò fino al momento in cui fu pronunciata la condanna a morte per capestro.
Il Ministero della Marina per onorare la memoria del martire gli assegnò la medaglia d’oro con la seguente motivazione:
“Dichiarata la guerra all’Austria venne subito ad arruolarsi sotto le nostre bandiere per dare il contributo del suo entusiasmo, della sua audacia ed abilità alla conquista della terra nella quale era nato e che anelava congiungersi all’Italia. Incurante del rischio al quale si esponeva, prese parte a numeroso ardite e difficili missioni navali di guerra, alla cui riuscita contribuì sempre efficacemente con la conoscenza pratica dei luoghi e dimostrando sempre coraggio animo intrepido e disprezzo dei pericoli. Fatto prigioniero, conscio della sorte che ormai lo attendeva, serbò fino all’ultimo contegno meravigliosamente sereno e col grido forte e ripetuto più volte dinanzi al carnefice di Viva l’Italia esalò l’anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più puro amore di Patria.
Alto Adriatico
24 Maggio 1915- 10 agosto 1916″