L’inizio di viale XX Settembre sarà intitolato alla memoria del sacerdote ucciso in Istria
Il Piccolo 28 luglio 2005
Il prelato scomparve in circostanze misteriose. In atto la causa di beatificazione
L’iniziativa toponomastica è partita nel 2002 da una lettera inviata dal consigliere regionale Bruno Marini (Forza Italia) al sindaco Dipiazza
di Pietro Comelli
L’inizio di viale XX settembre sarà intitolato a un infoibato. “Largo Francesco Bonifacio, sacerdote istriano e martire per la fede” è la targa che il Comune scoprirà sabato 10 settembre nell’area pedonale fra via Muratti e l’ex acquedotto. Una zona centralissima, da poco ripavimentata e arricchita dalla fontana cosiddetta dei “mascheroni” che, dopo la posa di alcune panchine, è diventata un punto di incontro per i cittadini.
Nei prossimi giorni l’amministrazione comunale confermerà la cerimonia, che si terrà in una data non casuale: l’11 settembre 1946, infatti, don Bonifacio trovò la morte in Istria. Ucciso e infoibato dai partigiani jugoslavi di Tito. Una pagina tragica della storia del confine orientale, finora ricordata da una via dedicata genericamente ai “martiri delle foibe”. Il provvedimento, approvato dalla commissione toponomastica comunale, ha un significato molto forte. È la prima strada di Trieste intitolata a un infoibato.
La scelta è caduta sulla figura di don Bonifacio, un sacerdote di Pirano per il quale è anche in corso il processo di beatificazione. L’idea di intitolargli una strada è partita nel 2002 da una lettera del consigliere regionale Bruno Marini (Fi), indirizzata al sindaco Roberto Dipiazza, poi formalizzata in Comune dai consiglieri comunali forzisti Francesco Gabrielli, Maurizio Marzi e Piero Camber. Largo Francesco Bonifacio avrà un unico numero civico: l’ubicazione individuata ha tenuto conto anche di questo aspetto. Non si voleva modificare la toponomastica e creare disagio ai residenti che, davanti al cambio di denominazione, devono cambiare indirizzo.
L’intitolazione anticiperà la beatificazione come martire di don Bonifacio. Un processo diocesano di canonizzazione, iniziato nel 1957 e chiuso a Trieste nel 1998, attualmente all’esame del Vaticano. Un iter piuttosto complesso che papa Benedetto XVI ha deciso di riordinare nell’intento di snellire le pratiche.
La causa di don Bonifacio è stata più volte congelata. In passato si era parlato che una non meglio rpecisata “lobby croata” stesse tentando di ostacolare la beatificazione di un prete considerato scomodo. Una tesi in ogni caso smentita don Paolo Rakic, dal 1996 notaio della causa di beatificazione. Il ritardo avrebbe solo motivi burocratici.
Ma chi era don Bonifacio? Un giovane prete nato a Pirano nel 1912, fatto sparire nel dopoguerra in circostanze misteriose. La prima notizia dell’uccisione risale al 21 settembre 1946 ed è vergata dal vescovo monsignor Antonio Santin: “Fino a oggi nulla si sa di lui. Le autorità fingono – scrive – di ignorare ogni cosa. La popolazione dice che è stato ucciso”. La morte violenta è in ogni caso certa, ma non si conosce alcun particolare. Sarebbe stato ucciso la notte stessa dell’arresto, l’11 settembre 1946, da parte dei partigiani jugoslavi. Il corpo non è mai stato ritrovato, secondo alcune testimonianze don Bonifacio sarebbe stato gettato nella foiba della campagna di Grisignana.
Negli anni Settanta, stando alla relazione e le testimonianze raccolte dallo scrittore e saggista Sergio Galimberti, era pericoloso occuparsi del caso Bonifacio. “Non l’avrebbero fermato nemmeno le intimidazioni che, negli anni bui della persecuzione religiosa in Istria, lo raggiungevano. Don Bonifacio aveva tutti con sé, specie i giovani, non lo potevano sopportare – scriveva nel 1998 il vescovo Eugenio Ravignani, nella prefazione al testo di Galimberti sul prete di Pirano – coloro che, imponendo anche con la forza la concezione materialistica e atea del comunismo, volevano cancellare ogni traccia della fede cristiana nel popolo istriano”.