Monte Vodice: i monumenti della Grande Guerra imbrattati da ignoti.

Sul Monte Vodice, altura simbolo della Grande Guerra situata a nord-est di Gorizia in territorio sloveno, i monumenti eretti a onore dei combattenti del 1915-18 siano stati recentemente imbrattati da ignoti

Grande Guerra, costata milioni di morti ai popoli europei, fu una delle più grandi tragedie del Ventesimo secolo. La sola Italia, nella totalità del proprio sforzo bellico che risultò determinante al fine del dissolvimento dell’Impero asburgico, e quindi dell’autodeterminazione di molti popoli organizzatisi in altrettanti stati indipendenti, perse più di 600.000 uomini (caduti) e lamentò un ancor più alto numero di mutilati e feriti.

Soldati in parte deceduti perché costretti a combattere dalla spietata logica della guerra, in parte coscientemente immolatesi in nome degli ideali della Patria, della Giustizia e della Libertà Nazionale: dunque non solo a vantaggio dell’Italia, vincitrice del conflitto che dovette comunque rinunciare a notevoli porzioni di territorio storicamente proprio, ma anche di altre nazioni quali l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Polonia……. e, soprattutto, la Jugoslavia.

Per quest’ultimo Stato, poi suddivisosi in varie Repubbliche tra cui la Slovenia, la vittoria del Regio Esercito Italiano risultò essere non solo vantaggiosa, ma addirittura costitutiva. Allo stesso modo, i risultati scaturiti dall’intervento italiano appaiono come l’incontestabile premessa storica della libera autodeterminazione slovena.

Assodato tale aspetto, non si capisce il motivo per cui sul Monte Vodice, altura simbolo della Grande Guerra situata a nord-est di Gorizia in territorio sloveno, i monumenti eretti a onore dei combattenti del 1915-18 siano stati recentemente imbrattati da ignoti (come da foto allegate).

Non lo si comprende perché quelle opere, tra cui un’epigrafe scalfita dai soldati del 43° fanteria nel 1917 ed il Mausoleo dedicato al Generale Gonzaga e alle migliaia dei “suoi” soldati che perirono nella conquista del M. Vodice, nulla hanno a che fare col Fascismo o con il Secondo conflitto mondiale, come suggerirebbero le vergognose scritte colà apparse.

Che i protagonisti di volontari danneggiamenti a importanti vestigia storiche, di vilipendio alla memoria di più di 10.000 combattenti italiani ed altrettanti austriaci (considerando unicamente i caduti sul Vodice nella Battaglia del maggio 1917), di ingiurie a uomini caduti per la loro medesima libertà, non possiedano la sensibilità intellettiva richiesta per comprendere le nozioni basiche della Storia europea, è fuori discussione.

Ciò che ci rende tuttavia perplessi, è il sostanziale silenzio che ha caratterizzato questa vicenda, condannata per quanto si sappia unicamente da alcuni gruppi italiani e sloveni che si dedicano allo studio della Grande Guerra.

Perché, chiediamo a tutti i lettori, nessuno ha divulgato la notizia di questo sfregio al pari di quelle inerenti a simili vandalismi di opposto colore politico? Per quale motivo nessuna autorità, né italiana né slovena, ha ancora provveduto ad esecrare pubblicamente un episodio che offende la nazione tutta nei suoi più intimi affetti? Eppure, quando dei fanatici di casa nostra hanno imbrattato un monumento partigiano slavo, il Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana in persona è giustamente intervenuto per condannare l’accaduto.

Noi riteniamo che le vittime di ogni guerra meritino quantomeno il dovuto rispetto e che, come è occorso in questo caso, siano inaccettabili degli atteggiamenti improntati ad un malcelato doppiopesismo, non solo ingiusto ma potenzialmente pregiudizievole per una reale integrazione europea: auspichiamo dunque che i monumenti sul M. Vodice siano al più presto ripristinati, affinché possano ancora riproporre con dignità la propria memoria ed il proprio messaggio di pace.

Marco Pascoli (Lega Nazionale – Delegazione del Friuli)

La targa, scolpita durante l’11^ Battaglia dell’Isonzo, sita presso colletta di Q.503m tra i M. Vodice e M. Santo.

Sopra, nell’autunno 2004.

Sotto, al seguito dell’opera” vandalica (2005).