L’Unità 1947: Bruceremo Pola

l’Unità – ORGANO DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO Anno XXIV – N. 37 – Una copia L. 6 Mercoledì 12 febbraio 1947 – Edizione dell’Italia settentrionale

Il popolo italiano non deve essere confuso con i residui fascisti che da Roma a Pola, dalla gazzarra antialleata all’assassinio di un generale britannico continuano a compromettere l’avvenire della nostra patria

“Bruceremo Pola”. Questo è uno dei tanti slogans che investono a getto continuo gli animi dei cittadini di questa città. “Bruceremo Pola”, dicono. E sembra che in momenti così dolorosi alcune persone non abbiano dinanzi a sè altro compito se non questo dl annunciare i propositi più tremendi, le prospettive più feroci, a uomini che già da lunghe settimane vivono momenti di ansia e di accorata preoccupazione per le sorti di una città che vedono devastata sotto i propri occhi.

Dunque, Se da una parte si parla di foibe già predisposte dagli jugoslavi dall’altra si annuncia il colossale incendio che dovrà abbattere fabbriche e case nell’ultimo giorno di permanenza delle truppe alleate a Pola. Questa propaganda che mira a sollecitare negli animi il formarsi di un nazionalismo esasperato non si ferma dinanzi a nessuno dei mezzi cui sempre hanno ricorso i fautori del terrorismo morale. Bruceremo Pola significa: non c’è nessuna possibilità di scampo per chi vuol restare, nessuna possibilità di vivere, di lavorare, di abitare una casa.
Nello stesso tempo, si lasciano intravedere le prospettive più impensate, talvolta quasi favolose, per coloro che si decidono a partire. Adesso l’ultimo trovata è la promessa di spingere il governo italiano a costruire sul territorio nazionale un’apposita città moderna riservata ai profughi da Pola. “Bruceremo Pola”, ma ne faremo costruire una nuova in Italia, ripetono. Ed ecco che, per avvalorare queste voci, l’on. democristiano De Berti propone pubblicamente di rifare Pola in Italia ed annuncia, anzi, che lui personalmente, con i suoi soli mezzi, è già riuscito a trovare il nome per questa nuova città: si chiamerà Piets Julis. Come si fa a non dare un minimo di credito alle proposte di un deputato? Promesse di questo genere si susseguono con un ritmo febbrile e purtroppo non sono poche le persone le quali si sono lasciate convincere che per loro lasciare Pola sarà un’avventura interessante almeno quanto quella degli emigranti che una volta approdavano in America. Purtroppo anche alcuni uomini politici italiani si sono espressi, nei riguardi della popolazione di Pola, con parole che sembravano dar pieno credito a tante false voci che sono state messe in giro in questi giorni.

Casi, per esempio, l’on. democristiano Pecororari, vice presidente della Costituente, nel promettere ai cittadini di Pola l’appoggio del governo per l’esodo volontario, ha tenuto ad aggiungere che “il governo vi aiuterà più di quello che forse potete ora immaginare”. Lo stesso on. Pecorari ha dato l’impressione di voler sollecitare i più dubbiosi facendo presente che “anche dopo il 10 febbraio la gente potrà partire; è giusto però che chi può vada via subito”. in questo modo si corre il rischio dl essere fraintesi e di far assumere al governo Italiano impegni che per l’attuale situazione interna difficilmente potrebbero essere mantenuti.

Lavoro per tutti ! Ai lavoratori si fa sapere che in Italia, dove esiste una terribile disoccupazione, si darà lavoro a tutti coloro i quali si troveranno in possesso del certificato d’esodo. A un gruppo di esuli fu promesso di alloggiare nei migliori alberghi di Grado e invece, quando essi arrivarono nella città, videro che erano state preparate soltanto delle baracche. Gli alleati si giustificarono affermando che gli alberghi dovevano essere tenuti a disposizione dei polesi che sarebbero partiti negli ultimi giorni : una specie di specchietto per le allodole.
A tutti viene distribuito il materiale di imballaggio gratuitamente e per ogni persona che parte si provvede al trasporto dei bagagli e ai biglietti di viaggio, ugualmente gratuiti. Inoltre si promette di consegnare una somma di 15.000 lire ad ogni persona che si sarà imbarcata sul piroscafo che dovrà portarla in Italia.

Nessuno qui a Pola sa se questa somma viene consegnata veramente, ma è certo che in questi giorni si è diffusa la voce che la sovvenzione sarà portata a 40.000 lire. Ci sono disoccupati che partono proprio perchè, dopo tante sofferenze e giorni di fame, la possibilità di ricevere quel denaro costituisce la loro ultima speranza di continuare a vivere. il C.L.N. di Pola capisce benissimo queste cose ed ha stabilito che erogazioni straordinarie di viveri e di indumenti siano destinate ai disoccupati che desiderano partire.

E’ chiaro, allora. come il continuo aumento della disoccupazione giovi alla propaganda dei nazionalisti interessati a mantenere focolai di attrito tra l’Italia e Jugoslavia e a fare di ogni profugo una pedina del loro gioco politico nel nostro paese. Questo spiega l’appoggio di alcuni partiti italiani al Governo militare alleato per quanto riguarda la Questione dell’asportazione dei macchinari e della chiusura delle fabbriche con i conseguenti licenziamenti in massa.

Secondo gli ultimi dati esistono attualmente a Pola 6.000 disoccupati, mentre alla fine del dicembre scorso ne esistevano 4.500. Questo vuol dire che, su 30.000 abitanti, 18.000 soffrono la fame e spesso, di fronte alla prospettiva di vedere ancora prolungare per lungo tempo le proprie sofferenze, preferiscono affrontare l’incognita di un esodo al quale vorrebbero rinunciare. E’ doloroso vedere che gli interessi di determinati ambienti politici arrivano al punto di spingere alla fuga determinati gruppi di cittadini prendendoli per fame.
La situazione peggiora Eppure la situazione peggiora giorno per giorno, le fabbriche chiudono giorno per giorno, il governo alleato, nonostante gli accordi presi con la Jugoslavia, concede con estrema facilità i permessi di asportare i macchinari. La Polizia Civile, anzi, viene messa a disposizione degli industriali che desiderano provvedere all’asportazione.
Recentemente il veliero “Sirio” ha caricato, Insieme con grossi quantitativi di ferro vecchio, oggetti di grande valore tra i quali macchinari e motori. Altri macchinari vengono asportati tenendoli nascosti in bidoni di benzina.

L’agenzia per il petrolio ha smontato nelle strade di Pola cinque impianti moderni per la distribuzione di benzina. La fabbrica di lucchetti è stata tutta smontata e 300 operai licenziati da un giorno all’altro. Ugualmente smontata è stata l’officina del gas mentre il cantiere dl Scoglio Olivi, nel quale lavoravano 1200 operai, è stata chiuso e i suoi macchinari vengono asportatì di notte e caricati sulle barche. Il 22 gennaio ha cessato l’attività anche la fabbrica di Tabacchi nella quale lavoravano circa 800 operaie.

Diciassette imprese edile hanno chiuso i battenti e, naturalmente, le loro macchine sono statq portate via da Pola. Quasi sempre i lavoratori hanno tentato di opporsi a questi abusi ed hanno protestato per non essere gettati sul lastrico. Ma ogni loro manifestazione è stato stroncata dalle manganellate della Polizia civile.

Messi di fronte a una simile tragedia i polesi pensano con angoscia che coloro i quali hanno saputo arrivare fino a questo punto potrebbero non fermarsi più e allora il grido di “bruceremo Pola” arriva fino al loro sangue e li sconvolge. Che cosa è vero, che cosa è falso, di tutto quello che dicono? E’ possibile, In un simile clima di panico, distinguere tra la certezza e l’incertezza? E’ difficile, molto difficile. E allora uno, a un certo momento, pensa che è meglio levarsi di mezzo, è meglio sfuggire in qualsiasi modo questo disastro, e sale sulla nave mentre ancora si sente promettere che costruiranno una città tutta per lui e lo alloggeranno negli alberghi di lusso.

Tommaso Giglio