Nuova opera di Diego Redivo, con contributi di Salimbeni e Sardos Albertini
LEGA NAZIONALE, UN SECOLO IN TRINCEA
L’impegno per la difesa della lingua e della cultura italiana
Un Tableau vivant con cinque fanciulle, sovrastate da una sesta – che impersona la Lega Nazionale – intenta a coronare di un serto tricolore un busto di Dante, a significare la dedizione patriottica delle terre “irredente”: Trento, Gorizia, Trieste, Istria, Dalmazia.
Sapore d’altri tempi nella fotografia che spicca sulla copertina di “Le trincee della nazione: cultura e politica della Lega Nazionale (1891-2004)”, il nuovo saggio che, patrocinato, dalla Lega Nazionale, Diego Redivo manda in libreria, completato da contributi di Fulvio Salimbeni e Paolo Sardos Albertini.
Una riflessione ricca di dettagli, particolari curiosi, inediti documenti storici, letterari e iconografici sulla più che centenaria vicenda dell’istituzione che maggiormente si è battuta per la difesa della lingua e della cultura italiana nelle regioni imperial-regie del Trentino e dell’Adriatico orientale nel corso dell’ultimo Ottocento e del Primo novecento. Aprendo asili, scuole e dopo-scuola, società ginniche e culturali, attrezzando biblioteche circolanti, organizzando occasioni di socializzazione e di incontro, vendendo – si direbbe oggi – gadget propagandistici (in concorrenza con ciò che gli altri nazionali stavano compiendo sullo stesso terreno dell’istruzione e della cultura: il Deutscher Schulverein, la Druzba Cirila i Metoda).
Si trattava di sopravvivere alla pressione snazionalizzante proveniente da Est e da Nord, ed è stupefacente notare la comunione di intenti e la coerente articolazione di iniziative con cui la borghesia nazional-liberale-elite politico-culturale ben diversa da quella dei nostri giorni tutta concentrata sul “particolare” -, organizzava la difesa dell’italianità, nel tentativo di conquistare alla propria causa quei ceti popolari sempre più coinvolti nella vita pubblica (dopo la concessione, nel 1906, del suffragio universale), tra i quali andava allargandosi l’influenza dell’internazionalismo socialista, nel quadro di legalità garantito, nonostante tutto, da un Impero prossimo al disfacimento.
Diego Redivo conduce l’analisi perfettamente a suo agio tra i volumi della ricca bibliografia e i faldoni d’archivio, cita grandi protagonisti del passato (Cesare Battisti e Ruggero Timeus, fra gli altri), porta alla luce episodi poco o per nulla noti, ma emblematici di una situazione generale: chi sapeva, per esempio, che nell’estate del 1909 il parroco di Salorno, appena al di là del confine etnico trentino, aveva negato la possibilità che nella sua chiesa si svolgessero prediche in italiano, confermando quel pieno coinvolgimento del clero nelle lotte nazionali di cui abbiamo potuto leggere a proposito dell’Istria nella “Miglior vita” , il capolavoro di Fulvio Tomizza, il nostro maggior scrittore di confine?
Ma il discorso non si ferma qui perché lo storico accompagna le vicende della Lega fino allo scioglimento del 1931, quando il regime avoca a sé tutte le iniziative educative; non erano mancate del resto le ragioni di dissidio con il fascismo perché la Lega sosteneva sì una strategia di”conquista morale” dell’italianità, ma su un orizzonte di rispetto della cultura e delle tradizioni di quelle popolazioni delle province recentemente annesse che il fascismo chiamava con termine ingiusto e sprezzante “allogene”.
Poi la rinascita, in anni in cui ritorna di stringente attualità la questione del confine orientale, con personalità come Benco, Stuparich, Saba tra i rifondatori.
L’impegno della Lega acquista allora un duplice aspetto: per l’italianità di Trieste e per l’assistenza ai profughi dell’Istria e di Fiume. Dopo il Memorandum d’Intesa del 1954 una crisi di identità e il pericolo , non remoto, di battaglie di retroguardia o strumentalizzazioni.
Siamo all’attualità: Osimo, la LpT, la fine del comunismo sovietico, l’allargamento dell’Europa, con Trieste nel ruolo di un Giano bifronte, che guarda indietro ma capace , nel tempo stesso, di strabilianti anticipazioni, città inquieta e sperimentale come sempre, lacerata tra sacrosante esigenze nazionali di politica estera e altrettanto irrinunciabili istanze locali.
Il compito di domani – la sfida per la costruzione nell’Unione Europea, di una “comune civiltà continentale” – viene saggiamente sintetizzato dalle parole del predatore, Fulvio Salimbeni, che vede una possibilità di fruttuosa continuazione dell’impegno della Lega, se essa “si richiamerà ai momenti più alti della sua lunga storia e a una concezione non settaria e non condizionata da remore del passato di quell’aggettivo che è l’elemento sostanziale e decisivo della sua denominazione”.
Fulvio Senardi