Vergarolla: la strage figlia della strategia del terrore
POLA – Figli del Caso o del freddo Calcolo, il terrore, la morte, lo strazio
esplosi in riva al mare, a Vergarolla, alle 14,10 di quella calda domenica
datata 18 agosto 1946? Un’ incognita lunga sessantadue anni che ora potrebbe
privarsi dell’interrogativo: dietro la strage l’OZNA, la mano quella di tale
Giuseppe Kovacich. Lo rivela “Il Piccolo” a firma di Pietro Spirito.
Per Pola, la data è memoria di tanti dolori personali che, tessera su
tessera, ferita su ferita, compongono un enorme, incancellabile dolore
collettivo. E non si sa quale sanguini di più.
Per la città, la data è memoria del tempo e del luogo che ne cambiarono per
sempre l’anima aprendo interrogativi e sospetti.
La spiaggia della morte
Le ventotto mine di profondità che, tragico residuo di una guerra appena
finita dormivano accatastate nella pineta di Vergarolla apparentemente
innocue (si è giurato e spergiurato che fossero state disattivate), in quel
primo pomeriggio di un pigro giorno di riposo esplosero. Nove tonnellate di
tritolo. Un boato. La spiaggia, piena di bagnanti accorsi per asistere alla
Coppa Scarioni, diventò un mattatoio: urla, lacrime, sangue, brandelli di
carne, il mare si tinse tragicamente di rosso mentre i gabbiani impazziti si
lanciavano, macabri, sui poveri resti. La città tremò tutta. Fino nel cuore.
Nell’anima. Una cortina di fumo, a sud ovest, traccia in cielo la tragedia,
lo sgomento, il silenzio, poi le sirene delle autoambulanze come lame
squarciarono il vuoto. Infine, si contarono i morti e i feriti di una città
che tentava di riprendersi la vita, pur nell’incognita di un dopoguerra
incerto.
Furono giornate frenetiche, si visse e si respirò oltre l’umana possibilità
nel tentativo di salvare i feriti, di recuperare le salme, di identificare i
Morti, di farsi una ragione… No, questo no. Troppo grande lo sgomento, la
paura, l’angoscia, troppo dilaniante l’impotenza, per farsi una ragione
dell’accaduto.
Una settantina i morti, un centinaio i feriti. I funerali. Le bare precedute
da una croce, in ventuno bare le salme non identificate, in quattro casse i
brandelli di corpi dilaniati.
Disse Msgr. Radossi alla funzione funebre: “… non scendo nell’esame delle
cause prossime che hanno determinato un simile macello; io rimetto tutto al
giudizio di Dio (…) al quale nessuno potrà sfuggire nell’applicazione
tremenda della sua inesorabile giustizia… La nostra opera è ben piccola
cosa perchè i morti sono morti ed i dolori sono piaghe che mai più potranno
essere cicatrizzate. Questa è la tremenda verità.”
La strage che riempì il “Toscana”
Pola, all’epoca era in mano Alleata, non aveva ancora conosciuto la
disperazione di tutta una vita racchiusa in miseri pacchi, in borse, tutto
alle spalle. Chi innescò le mine, innescò l’esodo da Pola: deve farsi carico
della disperazione di una città che non sarebbe stata mai più la stessa,
della disperazione imbarcata sul “Toscana”, degli occhi che guardavano
l’Arena farsi sempre più piccola e lontana, degli sguardi spinti subito in
mare aperto perchè il cuore e la mente non avrebbero retto lo strazio. Gli
sguardi di chi vedeva il “Toscana” sparire dietro l’isolotto di Scoglio
Olivi portandosi via famigliari, amici, affetti, certezze.
Vergarolla vuole pace. Vogliono pace i suoi Morti. Vogliono serenità i vivi.
Pace e serenità chiuse, assieme alla verità, negli archivi. Fino ad ora. A
firma di Pietro Spirito, nell’edizione di ieri del “Piccolo”, quanto
secretato negli archivi inglesi. Una verità sconcertante; una verità che
parla non di caso ma di volontà. Quelle ventotto mine esplosero perchè
qualcuno volle che tanto accadesse. Finora l’ipotesi del caso e della
strategia, senza alcuna prova, avevano lo stesso peso specifico. Le volte
che si disse di Calcolo si rispose Caso. Anche quando testimoni dissero di
aver visto aggirarsi nei pressi di quel magazzino di morte che si rivelarono
le mine, una persona dal fare sospetto. Anche quando qualcuno sussurrò
che…
La verità. Sconcertante; per quello che sulla firma della strage dice e
perchè, da questa storia, chi per l’azione chi per il silenzio, nessuno ne
esce pulito.
Aveva avuto ragione Msgr. Radossi, “i morti sono morti ed i dolori sono
piaghe che mai più potranno essere cicatrizzate”
Carla Rotta
La Voce 10/03/08