LA PULIZIA STORIOGRAFICA
Secondo un sondaggio realizzato nel 2003 dall’Eurispes in collaborazione con “Liberal”, su 1000 studenti dell’ultimo anno delle medie superiori, il 60% non ha mai sentito parlare delle foibe. Il termine “foiba” risulta dunque del tutto sconosciuto ad un numero molto elevato di alunni. A quelli che hanno affermato di aver sentito parlare delle foibe e’ stato chiesto di spiegare che cosa siano: ben il 64,9% dei ragazzi non ha saputo fornire una risposta.
La conclusione cui arriva il sondaggio è che si tratta di “eventi storici marginalmente trattati nei programmi scolastici, probabilmente anche a causa della grande difficoltà incontrata nel pervenire a informazioni certe e precise sull’argomento”.
L’incredibile processo collettivo di rimozione storica, una vera e propria “pulizia storiografica” ha avuto inizio subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Per decenni sul dramma delle foibe e dell’esodo di 350 mila di italiani è calata una cortina di silenzi e di reticenze ed è possibile affermare con certezza che è solo grazie alla memoria ed alle iniziative delle associazioni degli esuli giuliano-dalmati e del Movimento Sociale Italiano che questi drammatici avvenimenti si sono tramandati negli anni e sono giunti a noi e, forse, oggi finalmente agli occhi di tutta l’Italia e del mondo.
È evidente che sono stati molti coloro che hanno avuto interesse ad insabbiare questa pagina di storia ritenuta inopportuna.
Il Partito Comunista Italiano, in primis, che voleva evitare di far entrare nella coscienza comune l’idea che alcuni dei suoi leader avessero dato un tacito appoggio agli autori degli infoibamenti e delle deportazioni.
Ma anche i vari governi italiani del dopoguerra, i quali, per non doversi confrontare su alcune imbarazzanti questioni, preferirono il silenzio. Per anni, parlare di quelle vicende è stato pressoché impossibile perché chiunque osasse farlo veniva accusato di malafede, revisionismo e/o fascismo e messo quindi a tacere.
Questo atteggiamento ha avuto naturalmente pesanti implicazioni e responsabilità anche sul piano formativo. Basti pensare che nei libri di storia di ben tre generazioni di studenti non risulta alcuna traccia di questa tragica pagina di storia.
In tutti questi anni, al silenzio dei libri di testo, si è associato quello della maggior parte della stampa, salvo rare eccezioni come ad esempio quella locale o missina.
La gran parte della popolazione italiana, giovane e meno giovane, è stata così lasciata completamente all’oscuro di una delle pagine più significative e tragiche della storia contemporanea della nostra Nazione.
La politica ha, per anni, allo stesso modo, rimosso l’argomento ed è stato solo nel 1959 che sulla foiba di Basovizza è stato inaugurato un cippo, in presenza delle sole autorità civili, militari e religiose locali.
A Gorizia, il Lapidario dove sono stati trascritti i nominativi di 665 vittime accertate è stato eretto a monumento solo nel 1985 e saranno necessari più di quarant’anni affinché un presidente della Repubblica italiana renda il primo omaggio ufficiale.
È solo nel 1991, infatti, alla caduta del comunismo, che Francesco Cossiga, si reca a deporre un fiore a Basovizza, e solo nel 1992 che a questo luogo viene attribuito il riconoscimento di Monumento Nazionale.
Anche la Magistratura italiana, nonostante i numerosi crimini compiuti, è rimasta per decenni inerme senza aprire alcuna inchiesta per tentare di far luce sul genocidio dal popolo italiano in territorio italiano, attuato sia in tempo di guerra che successivamente in tempo di pace. I primi tentativi di indagine ed i primi processi per individuare gli autori di quelle stragi sono arrivati solo negli anni Novanta.