Una domanda lecita e doverosa: è corretto, è possibile considerare in una prospettiva unitaria gli Italiani che fanno riferimento alle coste orientali del Mare Adriatico?
Si tratta di un’area decisamente estesa: va dalla longitudine 45°38” N di Trieste a quella di 42°06” di Antivari. Comprende realtà socio economiche eterogenee: alcune città di diverse dimensioni (Trieste, Fiume, Zara), numerosissimi piccoli centri e certe aree di natura agricola.
Oggi sono ben quattro le entità statuali di appartenenza: Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro. In realtà anche in passato – al di là dell’influenza della Serenissima – la situazione politico-statuale dell’area in questione è stata decisamente composita.
Da un secolo a questa parte, poi, l’Adriatico Orientale ha costituito scenario di conflitti, di divisioni, di violenze, come poche altre aree europee.
A conclusione: il comune denominatore sembra essere non l’unità e l’uniformità, quanto piuttosto la divisione e la diversità.
Si aggiunga, inoltre, che gli Italiani dell’Adriatico Orientale hanno vissuto al proprio interno, dopo il secondo conflitto, la divisione profonda e traumatica tra coloro che sono rimasti sul territorio e quanti hanno affrontato le strade dell’Esodo.
Infine, anche tra le Associazioni di questi ultimi, si è verificata una sorta di divaricazione tra chi ha privilegiato la dimensione economico assistenziale e chi a preferito quella politica della affermazione dei valori, con frequenti prese di posizione conflittuali.
Di fronte a questo quadro pieno di diversità, di contrasti e di conflitti va dunque riproposta la domanda iniziale: è lecito, è possibile parlare di «un solo popolo» che abbraccia gli Italiani dell’Adriatico Orientale?
Siamo Italiani (in modo speciale)
La risposta va cercata individuando qual i sono i contenuti che abbiamo in comune e se sono tali da compensare e superare le diversità.
Ed il primo di questi contenuti unificanti è senz’altro questo: SIAMO ITALIANI.
L’Italia è la nostra nazione e l’identità nazionale italiana è da noi vissuta come elemento importante, costitutivo della nostra identità, anche personale.
Ciascuno di noi sente che la sua nazionalità è essenziale per esprimere se stesso; importante quanto e più di tante altre componenti della nostra identità, importante quanto il riferimento alla famiglia, importante quanto il riferimento (se credenti) alla religione.
Abbiamo più volte sentito definire Trieste come «la più italiana tra le città italiane»; questo in qualche modo vale per noi tutti.
Il nostro rapporto con l’identità nazionale è vissuto in termini esistenziali ben più di quanto possa accadere per gli Italiani di Milano o di Bologna, di Roma o di Catanzaro.
Per noi, popolo dell’Adriatico Orientale, per noi di Trieste come di Pola, di Fiume come di Zara l’Italia è qualcosa di più di come possa esser percepita dai nostri connazionali, l’Italia è elemento costitutivo della nostra identità e questo comune modo di sentire rappresenta sicuramente un elemento costitutivo del nostro essere un solo popolo.
Nazario Sauro, l’eroe capodistriano finito sul patibolo di Francesco Giuseppe, lasciò nel suo testamento, un invito ai figli: « sempre, ovunque e prima di tutto Italiani”.
Noi, Italiani dell’Adriatico Orientale, possiamo dire di essere un solo popolo anche perchè sentiamo come nostro quel messaggio del martire di Capodistria.
Identità di frontiera
Sulla carta geografica dell’Europa la frontiera probabilmente più lunga è costituita proprio dal mare Adriatico.
Noi ci siamo formati in riferimento a tale situazione geografico-politica, a tale mare-confine
Siamo sicuramente gente vissuta dunque su un frontiera, formata e condizionata da tale dato di fatto..
E’ proprio questo nostro esser «gente di frontiera» che ci fa percepire in un certo modo il nostro rapporto con l’identità nazionale.
Nel panorama europeo vi sono altre situazioni analoghe. Penso ai Francesi ed ai Tedeschi dell’Alsazia e della Lorena, penso ai Tedeschi ed ai Cecoslovacchi dei Sudeti, sicuramente per tutti loro il legame con le rispettive identità nazionali aveva e forse ancora ha dei connotati che in qualche modo sono assimilabili al nostro modo di essere «italiani in modo speciale».
La frontiera configura di precarietà la propria appartenenza, la fa sentire più fragile e, in quanto tale, più preziosa e da difendere.
Ed è questo comune sentire che qualifica il nostro popolo: la nostra identità nazionale italiana è non solo importante, ma anche preziosa e da tutelare.
Stato Etnia Nazione
Il senso nazionale di noi Italiani dell’Adriatico Orientale è venuto a formarsi, nell’arco di secoli, al di fuori di una comune appartenenza statale.
Lo stesso Stato Italia ha coinvolto il nostro popolo solo parzialmente e solo temporaneamente.
Voglio dire che il processo non è stato «prima lo Stato e quindi la Nazione», bensì quello inverso, prima la Nazione e poi, ove possibile, era questa a reclamare lo Stato (così è accaduto con l’Irredentismo).
Il nostro senso nazionale non è dunque legato ad una figura statuale.
Così ci è parimenti estranea ogni concezione della Nazione intesa in termini di sangue e di etnia.
Le etnie presenti nel nostro ambito possono essere le più diverse, ma tutte rese omogenee da altri valori. Il fattore etnico è alla fine del tutto irrilevante.
Significativo l’episodio occorso alla Conferenza di pace dopo il primo conflitto mondiale: al tavolo erano presenti due delegazioni dalmate, una italiana ed una croata. Il Protocollo affiancò la delegazione dei dalmati italiani a quella Jugoslava, perchè i suoi componenti portavano cognomi come Crechich e Ilianovich e quella croata all’Italia perchè c’erano dei Bianchini e dei Perlini. Il Protocollo non sapeva che, in Dalmazia, non erano le etnie a determinare il sentirsi e quindi l’essere Italiani o Croati.
Noi, Italiani dell’Adriatico Orientale, fondiamo la nostra identità nazionale solo su dei precisi valori, spirituali e non materiali: la lingua, la cultura, la civiltà.
E’ propriamente questo nostro sentire a offrire conferma di ciò che ha costituito il messaggio di Giuseppe Mazzini: la Patria come categoria dello spirito.
Culture a confronto
L’area che interessa noi Italiani dell’Adriatico Orientale è non solo luogo di molteplici Stati (Italia, Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro), ma anche e soprattutto contesto ove si incontrano diverse civiltà e culture: oltre alla nostra, quella latina, vi sono quelle slave, quella tedesca e quella ungherese.
Per chi, come noi, intende la propria Nazione in termini di civiltà è ovvio e naturale il confrontarsi con altre civiltà con cui si venga in contatto.
Ma un confronto di tale natura, un confronto tra culture non è destinato a tradursi in scontro e conflitto, tutt’altro.
Quando il senso nazionale è vissuto in termini di etnia allora sì risulta quasi automatico il conflitto con ogni etnia altra. Altre tanto è facile avvenga quando Nazione si identifica con la dimensione statale (e lo scorso secolo ha dimostrato i disastri che ne sono conseguiti).
Ma, se Nazione significa civiltà e cultura, allora ben può coesistere con altre Nazioni, traendone motivo di confronto, di arricchimento.
Questo è propriamente il rapporto che noi, Italiani dell’Adriatico Orientale, siamo in grado di realizzare con le altre culture che coesistono nel nostro stesso territorio.
E’ significativo che anche in tempi di imperante nazionalismo l’operare della Lega Nazionale, in tutta l’era in questione, si concretizzasse nell’aprire scuole, asili, ricreatori, vale e dire strumenti di cultura, non certo in azioni di violenza contro chicchessia (erano altri a dare fuoco alle sedi della Lega, come sul Carso triestino, a Santa Croce , nel 1892).
E’ in definitiva quanto avvenuto per secoli, ai tempi della Serenissima, quando quest’area geografica ha visto coesistere latini, slavi, ungheresi e tedeschi in rapporti di collaborazione e non di conflitto.
E’ stato solo la criminale politica asburgica che, per cercar di arginare il suo declino nel mondo tedesco, ha artificiosamente creato un contesto conflittuale, nell’area meridionale del suo impero.
In conclusione, quell’italianità che ci è tanto cara, nella quale ci identifichiamo è fatta di tutto ciò: in primis la lingua di Dante, per la cui difesa nel 1891 è sorta appunto la Lega Nazionale (non a caso presente storicamente in tutta questa area).
Ma, al contempo, tutto ciò che costituisce quel patrimonio immenso che è stata ed è la cultura italiana. Una cultura che ha segnato di sè la storia dell’umanità, generando una vera e propria civiltà italiana.
Tutto ciò lo sentiamo come nostro, sentiamo di esserne parte a pieno titolo,
sappiamo che è questo comune sentire a far sì che possiamo dichiarare di essere un solo popolo.
Le nostre icone
Il modello di civiltà e cultura cui facciamo riferimento, quella dimensione spirituale che costituisce la Nazione Italia su cui si fonda la nostra identità ben può identificarsi con alcune icone, con alcuni simboli: l’Arena di Pola, il Palazzo di Diocleziano a Spalato, gli innumerevoli Leoni di San Marco che segnano tanta parte del nostro territorio.
Figure, simboli che evocano due realtà ben precise: Venezia e Roma.
La storia di cui ci sentiamo portatori ha questo percorso ben preciso: siamo Italiani perchè frutto della presenza in quest’area di Venezia e di Roma.
Ed i due richiami sono perfettamente omogenei, perchè la Serenissima è da noi vista e vissuta come piena e perfetta continuatrice del Impero Romano.
Qualche bizzarro «autonomista veneto» degli anni scorsi pretendeva contraporre la Repubblica di San Marco all’Italia. Se ne occupa, da par suo, più avanti in questa pubblicazione Giulio de Renoche. Noi possiamo aggiungere, alle sue argomentazioni, la testimonianza di tutto un popolo, il nostro, quello degli Italiani dell’Adriatico Orientale per il quale intaccare la triade Venezia, Roma, Italia è più che un clamoroso errore storico, è una vera e propria bestemmia.
Per fatto personale
Ho usato la categoria della «bestemmia», consapevole trattarsi di concetto attinente non alla storia o alla politica, ma alla religione.
Lo ho fatto consapevolmente.
La Patria, come vissuta da noi Italiani dell’Adriatico Orientale, ha effettivamente una dimensione anche religiosa.
Giovanni Paolo II nel suo lavoro «Memoria e identità» ha ampiamente motivato il contenuto religioso della Patria, proprio perchè costitutiva dell’identità.
Noi possiamo confermarlo.
Posso aggiungere un piccolo fatto famigliare: un mio bisnonno, Podesta di Capodistria, agli inizi del ‘900, patriota e irredentista, per tutta la vita ha tenuto sul suo comodino due libri: uno era il Vangelo, l’altro la Storia di Venezia.
Sul nostro comodino ideale noi tutti, Italiani dell’Adriatico Orientale, potremmo mettere quella storia della Serenissima, perchè ci ricorderebbe Roma, perchè ci ricorderebbe la nostra Patria Italia.
Il nostro identikit
Noi, Italiani dell’Adriatico Orientale, possiamo dunque ben affermare di essere un solo popolo perchè
– siamo tutti partecipi della identità italiana
– la nostra identità la viviamo in modo del tutto «speciale»
-sappiamo che è un bene prezioso e da tutelare
– la Nazione in cui ci ritroviamo è costruita sulla lingua di Dante, sulla cultura e la civiltà d’Italia
– con altre culture non temiamo di confrontarci e di misurarci
– la storia che ci ha formato e di cui siamo portatori si colloca sotto il segno di Roma e di Venezia.
Questi dunque i connotati da riportare sulla carta di identità di noi, Italiani dell’Adriatico Orientale.
P.S. Per la foto da collocare sul documento si può scegliere tra l’Arena di Pola, il Palazzo di Diocleziano di Spalato o uno qualsiasi dei tantissimi leoni di San Marco che segnano le coste dell’Adriatico Orientale.
Paolo Sardos Albertini