Il 25 aprile, festività nazionale per ricordare la liberazione dal fascismo e dal nazismo, nella Venezia Giulia, diversamente che nel resto del Paese, ha coinciso non con una liberazione bensì con una brutale occupazione delle truppe comuniste del maresciallo Tito.
Che la volontà non fosse quella di liberare  Gorizia dalle truppe naziste ma di annettere alla Jugoslavia tutta quella che  Tito chiamava Slavia Veneta, ovvero il Friuli Venezia Giulia sino al  Tagliamento, era evidente e dichiarata. Se non fossero entrate le truppe titine,  infatti, sarebbero entrate quelle neozelandesi, che invece furono rallentate dai  titini proprio per poter vantare diritti di occupazione al tavolo dei  vincitori.
Per snazionalizzare rapidamente Gorizia e per soffocare sul  nascere ogni tentativo di ribellione dal 2 maggio iniziò il rastrellamento di  tutti coloro che potevano rappresentare un pericolo per le aspirazioni  annessionistiche di Tito. Tra questi la burocrazia goriziana e chi aveva  manifestato con eccessivo entusiasmo la propria italianità.
Oltre 650  goriziani pagarono con la deportazione –avvenute a guerra finita dopo il 25  aprile- e la vita il loro amore per Gorizia e l’Italia. 
Questo rappresenta  per i goriziani il 25 aprile, e non certo la liberazione, che invece avverrà  dopo i cosiddetti “quaranta giorni di terrore”.
Rispettiamo i sentimenti di  tutti coloro che, in diversa misura, hanno subito torti o violenze dai regimi.  In primo luogo la comunità ebraica, che ha pagato duramente con milioni di  vittime la ferocia dell’uomo sull’uomo. Ma anche la comunità slovena che ha  subito tentativi di snazionalizzazione in questa area di confine, anche con  inammissibili atti di violenza e soprusi.
Rispettiamo tutti coloro che  individuano nel 25 aprile la festa della liberazione, ma parimenti va rispettato  chi continua –come noi- ad associare il 25 aprile non già ad una liberazione,  bensì alla brutale occupazione comunista, che rappresenta, per tempi e modalità  con cui è avvenuta, la pagina più nera della storia della nostra città:  consumata a guerra finita e come vittime inermi degli innocenti.
Al di là  della data, l’ANVGD è vicina a chi festeggia la liberazione da ogni sopruso e  violenza, da ogni regime: nazista, fascista e comunista. E’ vicina ai partigiani  che in tutt’Italia hanno imbracciato il fucile per difendere il suolo patrio e  per liberare l’Italia da tutti questi regimi, condannando invece chi è stato  mosso invece dalla volontà di imporre al Paese un nuovo regime che avrebbe  negato questa Libertà.
Rodolfo Ziberna
