E’ sicuramente il tema dell’identità quello che sta all’origine della Lega Nazionale, quello che motiva il suo sorgere (contrastato) nel lontano 1891. L’identità da esprimere, l’identità da difendere è quella di una comunità, le genti giulie, che riconosce se stessa nell’appartenenza alla nazione italiana. Una auto identificazione che non ha niente di etnico (Trieste, in particolare, è un vero e proprio crogiuolo di etnie), ma è tutta incentrata sul dato rigorosamente culturale, spirituale: qualsivoglia sia la provenienza (Greci, Armeni, Ebrei e così via) ci si sente pienamente e totalmente appartenenti a questa realtà giuliana nel momento in cui si abbraccia, si fa propria la identità nazionale italiana, intesa come cultura, come lingua, come civiltà. L’identificazione nella comunità giuliana avviene dunque per un atto di libera scelta, quello con il quale si assumono i valori, i contenuti della civiltà italiana. E’ insomma un percorso che può così riassumersi: una identità fondata sulla libertà, sulla libera scelta della nazione italiana.
Questa identità, nella seconda metà del XIX secolo, viene avvertita come messa in pericolo, oggetto di gravi attacchi ed a rischio di essere cancellata.
Per capire tale percezione occorre risalire alla situazione dell’Austria dopo la caduta di Napoleone: una entità politica comprensiva di diverse nazionalità, due delle quali hanno però una rilevanza del tutto particolare e cioè quella tedesca e quella italiana. L’impero asburgico comprendeva all’epoca la Lombardia, il Veneto, il Trentino, la Venezia Giulia e la Dalmazia; inoltre più d’uno degli staterelli della penisola ruotava nella sua orbita.(7)
In tale situazione l’essere Italiani nell’Impero non era, non poteva esser in nessun modo penalizzante: perché il Sacro Romano Impero di Vienna ben poteva definirsi ed essere avvertito come una entità italo-germanica.
Poi appare sulla scena l’attivismo politico, diplomatico, militare del piccolo regno di Piemonte (8).
Tale scenario viene modificato radicalmente: l’Impero perde prima la Lombardia, poi anche il Veneto e comunque cessa qualsiasi sua influenza sulla penisola. Nei suoi confini resta ancora una presenza italiana, ma decisamente ridotta (Trentino e Venezia Giulia), oramai quasi residuale. Ne deriva che questi Italiani rimasti sono avvertiti, da Vienna, come una componente infida e minacciosa, in quanto palesemente sensibile ai richiami che possono venire dal nuovo stato italiano.
L’Austria, questa nuova realtà, questo problema politico, sceglie di affrontarlo in termini di machiavellico cinismo: indebolire gli Italiani privilegiando, contro di loro, la presenza slava; così creando un conflitto tra le due etnie per giocare tale carta in funzione dell’interesse dell’Impero.(9)
E’ dunque in tale nuovo contesto che il gruppo etnico italiano, sentendo minacciata la propria identità, avverte la necessità di reagire, per difendere quella sua scelta libera (libera e quindi oltremodo preziosa) di sentirsi, di essere Italiani.
La Lega Nazionale costituì lo strumento primario con cui gli Italiani dell’Impero (a Trieste, come a Trento) risposero alla nuova politica asburgica, mettendo in campo quei mezzi che meglio fossero idonei a tutelare, ad affermare la propria identità. Ecco dunque il ruolo fondamentale, nell’attività della Lega, delle scuole ai più diversi livelli, ma anche quel suo diffuso radicamento nel sociale che trovava manifestazione nelle feste, nei concerti, nella oggettistica e così via (quasi una presenza gramsciana ante litteram) e ancora la costituzione dei diversi ricreatori cittadini ove sottrarre sì i giovani alle strade, ma in qualche modo mettersi anche in concorrenza con le strutture parrocchiali. Perché la Lega Nazionale, è giusto ribadirlo, va sicuramente inquadrata tra i fenomeni di “religione” laica e civile che segnano quell’epoca storica: da ciò una sorta di oggettiva concorrenza e naturale contrasto con gli ambienti e con la mentalità clericali. Ed in proposito non si può neppure trascurare quello che era l’atteggiamento della Chiesa triestina: di certo molto più sensibile alla fedeltà all’Imperatore, che ai sentimenti di italianità della stragrande maggioranza dei suoi fedeli (10).
Queste dunque le caratteristiche della Lega Nazionale nel suo nascere e nel suo operare, con risultati a dir poco eccezionali, in questo primo quarto di secolo della sua esistenza. In realtà, se all’inizio la sua ragion d’essere era la affermazione e la difesa dell’identità nazionale (nel senso di cultura e civiltà italiane), il mutare degli eventi politici sposta progressivamente il baricentro su un tema più nettamente politico : l’irredentismo.
Il termine appartiene ancora alle categorie della religiosità (si parla infatti di”Redenzione”), ma il contenuto è ormai non più culturale, bensì strettamente politico: far sì che queste terre, proprio perchè abitate da genti di nazionalità italiana, passino dalla sovranità di Vienna a quella di Roma.
L’Irredentismo trova il suo coronamento il 24 maggio 1915 con l’inizio dalla guerra all’Austria, proprio per liberare, per “redimere” Trento e Trieste. Saranno un migliaio di giovani giuliano dalmati che attraverseranno clandestinamente il confine, per andare ad arruolarsi volontari nelle file del Regio Esercito italiano, saranno tanti tra loro che sacrificheranno la vita ( ricordiamone alcuni: Nazario Sauro, Guido Corsi, Ruggero Fauro Timeus, Scipio Slataper, Giacomo Venezian, Francesco Rismondo). Erano tutti figli della Lega Nazionale e le loro scelte, i loro eroismi, il loro sacrificio suggellarono, in qualche modo, il senso e la ragion d’essere di questa prima fase del Sodalizio: dalla difesa dell’identità italiana all’obbiettivo del congiungimento pieno con la madre patria, entro l’alveo comune della stato nazionale italiano, quale garanzia di conservazione e di tutela della scelta della identità nazionale italiana.
E’ la fase che si conclude il 23 maggio 1915 quando la teppaglia austriacante assalta la sede della Lega Nazionale (e quella del giornale Il Piccolo) e la dà alle fiamme.
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(7) Città come Milano o come Venezia potevano esser seconde solo alla capitale Vienna. Ed alla corte imperiale l’idioma di Dante era in uso tanto quanto quello di Lutero (la lingua ufficiale dello stato era poi il latino).
(8) Può apparire una curiosità o forse una bizzarria o qualcosa di fors’anche significativo il fatto, nella stessa epoca, alla corte di Torino la lingua d’uso fosse il francese, quanto e più dell’italiano
(9) Il risultato di tale operazione sarà inefficace in termini politici (perché alla fin fine queste terre andranno all’Italia, nel mentre la dinastia asburgica finirà cancellata dalla storia), ma gli effetti risulteranno pesantissimi in termini morali. La scelta di Vienna di far nascere a freddo un conflitto tra etnie (italiani e slavi) che per secoli – ai tempi di Venezia – erano convissute assolutamente in modo pacifico, la scelta “cinica” dell’Imperò sarà pagata dalle popolazioni di queste terre, lungo l’arco dei decenni successivi, con una quantità enorme di sofferenze, di crimini, di eccidi. E basterebbe questa vicenda per cancellare ogni tentazione di ricordo benevolo e nostalgico della Felix Austria.
(10) Un esempio eloquente di tale situazione: a Trieste agli inizi del ‘900, nel censimento tenuto dall’Austria la popolazione si dichiara italiana in percentuali elevatissime, al contempo delle sette parrocchie cittadine solo quella dei salesiani ha sacerdoti italiani, le altre sei hanno tutte parroco sloveno, nel mentre il Vescovo è tedesco. Alla fine della guerra il Vescovo lascerà la sua diocesi ed i suoi fedeli e seguirà a Vienna il suo Imperatore ed il suo governo. Dimostrazione clamorosa di una divaricazione, in atto, tra la Chiesa triestina e la città, divaricazione che verrà ricomposta solo a distanza di molto decenni dalla grande figura, di pastore e di italiano, di mons. Antonio Santin.