Foibe ed Esodo: tragedie ascrivibili al comunismo
Contro una lettura esclusivamente in termini di “pulizia etnica”, alcune considerazioni
Ha ragione Paolo Segatti quando, su Il Piccolo del 5 maggio, mette in guardia contro una lettura della vicenda delle Foibe esclusivamente in termini di “pulizia etnica”, quale poteva emergere dalle parole del Presidente Ciampi.
In realtà la tragedia delle Foibe, unitamente a quella dell’Esodo, va letta in chiave di ideologia, piuttosto che di nazionalismo–etnico. Il tutto va infatti inserito nel processo di formazione del nuovo stato comunista della Jugoslavia e della conseguente necessità che il formarsi della nuova realtà statale (così come teorizzato da Lenin) venisse accompagnato da una adeguata dose di “terrore”, capace di fruttare nei decenni futuri.
Il terrore andava attivato, utilizzando conflitti preesistenti, senza bisogno di crearne di nuovi: così come in Emilia Romagna furono gli anticlericali ed i braccianti ad avere mano libera contro preti e proprietari terrieri; nel triangolo industriale furono i dirigenti delle industrie a finire nei forni ad opera degli operai; nella Venezia Giulia (come in tanta parte d’Europa) fu il preesistente conflitto etnico italo-slavo ad offrire materia per l’attivazione del “meccanismo terrore” al fine di cementare il neonato stato comunista di Tito.
Conflitto etnico che molto ben si prestava, anche perché le molteplici etnie che andavano a costituire la nuova Jugoslavia potevano di certo trovare un valido motivo collante nella caccia all’Italiano: tacciato di “fascista e borghese”, ma soprattutto etnicamente nemico.
Le Foibe e l’Esodo, dunque, come fenomeno in primo luogo ideologico- politico, da ascriversi alla regia del comunismo di Tito (al di là della consapevolezza dei singoli operatori) .Regia lucida e consapevole, se è vero (e gli studi di Roberto Spazzali lo confermano) che nell’individuare le persone da infoibare, da deportare, da far sparire vi fu certo una qualche percentuale di casualità (il terrore deve avere anche questa caratteristica), vi fu anche una componente di vendette personali, ma vi fu soprattutto una prevalenza di chiara logica politica: eliminare in primo luogo coloro che più potevano infastidire l’istituendo stato comunista.
La riprova di tale analisi sta in una duplice considerazione, incontestabile. Il primo aspetto riguarda gli infoibati : certamente in prevalenza di etnia italiana, ma accanto ad essi vi furono anche (e non poche) le vittime di etnia slava (specie sloveni); tra gli infoibati vi furono certamente ex militanti della RSI, ma i più non avevano caratterizzazione partitica e, soprattutto, negli elenchi delle persone da eliminare, un luogo di assoluta preminenza venne dato ai dirigenti dell’antifascismo non comunista. Una cosa è certa ed incontestabile: sicuramente tra coloro che finirono nelle Foibe non vi furono comunisti di alcun genere.
La seconda considerazione è speculare e riguarda gli infoibatori: in prevalenza slavi, ma con presenze non proprio marginali anche di Italiani; sicuramente tutti comunisti, slavi o italiani che fossero.
Le Foibe e l’Esodo come tragedie ascrivibili al Comunismo spiegano, infine, anche l’ostinato silenzio su tali drammi, almeno fino al 1989, fino a quando cioè il Comunismo internazionale controllava ancora mezzo mondo. Oggi, concluso nel fallimento totale il modello marxista-leninista, si può finalmente fare luce anche su questi crimini, ascrivibili a quel secolo delle ideologie di cui ci siamo finalmente liberati.
Paolo Sardos Albertini
(pubblicato su “Il Piccolo” – 8 maggio 2002)