Il Piccolo 18/09/05
Manifestazione a Portorose con il premier Jansa per ricordare il trattato di pace che sancì il passaggio delle tre città costiere alla Jugoslavia
Festa del Litorale senza la minoranza Silvano Sau: «Non possiamo celebrare la data in cui abbiamo perso il nostro status»
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PORTOROSE Bandiere, fanfare, pubblico delle grandi occasioni, diretta televisiva: la Slovenia ha celebrato in grande stile, per la prima volta, la Giornata del ritorno della Primorska (il Litorale sloveno) alla madre patria, in ricordo del 15 settembre 1947, data dell’entrata in vigore del Trattato di pace di Parigi, che ha sancito i nuovi confini italo-jugoslavi (a parte il Territorio libero di Trieste), diventati poi i confini italo-sloveni. Lo ha fatto con una manifestazione solenne all’Auditorio di Portorose, dove ai circa duemila presenti, compresi i rappresentanti delle Associazioni dei combattenti partigiani (che fino al giorno prima avevano minacciato il boicotaggio della festa per non essere stati invitati – «disguido» poi risolto in extremis, nda.), si è rivolto il capo del governo Janez Jansa. Il premier ha ricordato le sofferenze degli sloveni del Litorale durante il ventennio fascista, ma anche e soprattutto il loro attaccamento all’indentità nazionale, che li ha portati a organizzare uno dei primi movimenti antifascisti in Europa. Se dopo la seconda Guerra mondiale «il regime jugoslavo non avesse trascinato il Paese al di là della cortina di ferro, avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta» ha detto tra l’altro Jansa. Il premier ha parlato anche del passato più recente, ribadendo che questa celebrazione non ci sarebbe stata senza una «Slovenia libera, indipendente e democratica». Per quanto riguarda il futuro, il premier ha posto l’accento sullo sviluppo dei centri universitari di Capodistria e Nova Gorica, dove il Politecnico dovrebbe essere prossimamente trasformato nel quarto polo universitario del Paese.
La celebrazione di Portorose è stata volutamente ignorata dalla comunità italiana. «Ogni Paese ha ovviamente il diritto di celebrare le date che preferisce – ha dichiarato il presidente della Comunità autogestita costiera (Can) Silvano Sau a Tv Capodistria – ma in aree come questa, nazionalmente miste, celebrare la vittoria di uno significa spesso ricordare la sofferenza dell’altro».
«Indubbiamente non possiamo celebrare il fatto che il 15 settembre del 1947 gli italiani sono stati ridotti a condizione di minoranza nè possiamo celebrare il fatto che alcune clausole di quel Trattato di pace ancora oggi non vengono rispettate. Celebrare giornate del genere – ha concluso Sau – per noi sarebbe quanto meno inopportuno».
Da segnalare infine una curiosità: la «Giornata del ritorno della Primorska alla madre patria» è stata celebrata prima ancora di diventare ufficialmente festa nazionale. Lo diventerà soltanto tra qualche settimana, quando il Parlamento approverà la Legge sul nuovo calendario delle feste nazionali. La fretta è la conferma che la festa, per quanto sentita, è stata voluta principalmente come risposta alla Giornata italiana del ricordo dell’esodo e delle foibe c.p.