Gli Sloveni si sono inventati una ” festa ” per far da contro-altare alla nostra ” giornata del ricordo “
Il 16 settembre scorso, a Gorizia si è tenuta la commemorazione per il ritorno della città sonziaca all’Italia. Il 15 settembre del 1947 infatti entrò in vigore il trattato di pace firmato il 10 febbraio dello stesso anno che assegnava definitivamente Pola e Fiume alla Jugoslavia e Gorizia all’Italia. Rimaneva aperta la questione di Trieste che assumeva lo status di ” territorio libero ” controllato militarmente fino al 1954 dagli Anglo-Americani nella Zona A (circa l’attuale provincia di Trieste) e dagli Jugoslavi nella Zona B (le città ora slovene e croate di Capodistria, Isola d’Istria, Pirano, Umago, Buie d’Istria e Cittanova d’Istria). Dopo il 1954 l’amministrazione civile del Territorio Libero di Trieste passò all’Italia quasi in tutta l’area della Zona A e l’amministrazione civile della Zona B ” provvisoriamente ” alla Jugoslavia, con l’assicurazione che quella Zona sarebbe ritornata all’Italia prima o poi. Ricordo che fino a questo momento gl’Italiani, nonostante minacce, uccisioni, esproprî, violenze di ogni genere restavano la maggioranza etnica nella Zona B che, proprio secondo il trattato, entrato appunto in vigore il 15 settembre 1947, la Zona B era a sovranità italiana.
Il 15 settembre scorso, tra le sole polemiche interne allo stato sloveno, ma non tangenti minimamente non solo la politica italiana, ma nemmeno quella regionale, la Slovenia ha dichiarato proprio il 15 settembre giorno di festa nazionale per il ” ritorno ” del ” Litorale ” (Pirano, Isola d’Istria e Capodistria) alla ” madrepatria slovena “. Altra data riconosciuta come ” festa nazionale ” è stato il 17 agosto, data in cui la Slovenia rientrò in possesso del Prekmurje (l’Oltre-Mura), ovvero una regione dell’Ungheria, abitata in maggioranza da Ungheresi ma assegnata nel 1919 alla Jugoslavia, tornata all’Ungheria nella seconda guerra mondiale e infine ripresa dalla Jugoslavia dopo la fine del conflitto.
Il 10 novembre 1975 fu firmato dal governo Moro l’iniquo trattato di Osimo (ratificato dal ” nostro ” parlamento nel 1977) che regalava la Zona B alla Jugoslavia. Fu solo allora che la Slovenia entrò in possesso di ciò che chiama austriacantemente ” Litorale ” e che è in realtà una parte importantissima della Venezia Giulia che ora sta oltre confine.
Alcuni addirittura potrebbero obbiettare adducendo il fatto che solo nel 1991 la Slovenia si rese indipendente dalla Jugoslavia e che solo allora si creò legalmente uno stato sloveno così com’è, senza che nulla ” ritornasse ” a lei.
Gli Sloveni si sono inventati una ” festa ” per far da contro-altare alla nostra ” giornata del ricordo “, dimostrando un’altra volta come l’ideale di Unione Europea assuma caratteristiche sempre più grottesche in quest’angolo d’Europa. Un ideale, quello dell’Unione, utilizzato dagli Sloveni solo quando esiste un tornaconto per la Slovenia ; naturalmente ignorato quando si tratta dei diritti o degl’interessi degli altri cittadini dell’Unione, come si è visto per il Corridoio N°5, per l’utilizzo del marchio di ” vino friulano ” dei loro vini, dei beni immobili da ritornare agl’Italiani e degl’immobili che gl’Italiani tuttora non possono acquistare in Slovenia.
Tanto scalpore ha fatto oltreconfine sia la fiction de ” Il cuore nel pozzo “, sia la decisione parlamentare d’istituire il 10 febbraio come ” giornata del ricordo ” delle foibe e dell’esodo dei giuliano-dalmati, nessuna nota di protesta da parte del nostro governo per questa decisione oltraggiosa nei confronti dell’Italia e della storia europea tutta.
Nessuna delle città che la Slovenia commemora nella sua, come dimostrato, falsa festività, furono mai slovene né etnicamente, né storicamente, né regionalmente, nemmeno sotto la tanto decantata Austria-Ungheria, ma furono città che per etnia, storia e regione erano ” italiane ” e che anche ora, passati solo 30 anni da Osimo, anche con pulizie etniche, esodi di massa e rapine dei beni immobili, non sono certo né saranno mai slovene, né fisicamente, né storicamente.
Massimiliano Verdini