Federazione degli Esuli: un malato “non immaginario”

Continua la crisi della Federazione degli Esuli: un articolo di Silvio Mazzaroli pubblicato su “La Sveglia”

FEDERAZIONE DEGLI ESULI . UN MALATO “NON IMMAGINARIO”

Non è mai agevole sollevare critiche nei confronti di un’Associazione di cui si è parte integrante ed attiva; il farlo è, però, un atto di onestà e di responsabilità, soprattutto se si avverte che la stessa sta venendo meno alla sua prioritaria ragione d’essere ed alla sua funzione di rappresentatività.

Il dubbio che la “forbice”, tra le legittime aspettative degli Esuli, in merito ai loro principali e tuttora irrisolti problemi e le modalità d’azione poste in essere da quanti hanno ricevuto il mandato di rappresentarle ai competenti organi di Governo per promuoverne il soddisfacimento, si vada ampliando è il tarlo che sta minando le fondamenta e le strutture della Federazione degli Esuli. Più precisamente, è ormai diffusa la percezione di uno scollamento tra la base degli Esuli e la Presidenza dellaFederazione. La si avverte parlando con la nostra gente e dalla lettura di non pochi articoli e lettere che appaiono sulla stampa a firma diEsuli; ancor più chiaramente la si percepisce scorrendo le diverse prese di posizione che si manifestano – trovando talvolta eco anche sui media locali e nazionali – in seno al suo Esecutivo, tra chi cerca di mantenersi fedele al mandato ricevuto dai propri elettori (i rappresentanti delle cosidette “Associazioni triestine” – Unione degli Istriani e Libero Comune di Pola in Esilio , con il “sostegno esterno” delle Comunità Istriane – oggi tacciate di essere estremiste, reazionarie e, per questo, pericolose e controproducenti, ma certamente le meno contestate al proprio interno) e chi, adducendo una maggiore elasticità e lungimiranza (rappresentanti di Anvgd e Libero Comune di Fiume); sostanzialmente “diplomatico”, per non dire agnostico, quello del Libero Comune di Zara), rincorre altre chimere o persegue altri interessi, non necessariamente personali.

La Federazione e, dunque, ammalata e, purtroppo, non si tratta di un “malato immaginario”, bensì reale, cronico e grave; reale, perchè tutti ne sono pienamente convinti; cronico, perchè da sempre l’associazionismo degli esuli è stato debole per le sue numerose divisioni interne e lo è a maggior ragione oggi che le sta venendo meno, o meglio le è già venuta meno, la forza dei “numeri”; grave, perchè da tempo infilatasi in un cul de sac, per eccessiva acquiescenza, non trova la forza e la volontà per affrancarsi dalle frequenti e inopportune, oltre che non da tutti ben accette interferenze politiche che, più che sostenerla , la strumentalizza.

Tutti auspicavano e speravano che l’istituzione della “Giornata del Ricordo” potesse costituire la cura, se non risolutiva, quantomeno ricostituente per ritrovare una maggiore compatezza – anche in virtù del consenso bipartisan avuto dalla legge in sede di approvazione – ed il coraggio di avanzare con più fermezza le istanze degli esuli, sia sul piano internazionale che, soprattutto, nazionale. A distanza di pochi mesi, non si può dire sia stata esattamente così!

Evidentemente il risultato ottenuto, più che come un consolidato punto di partenza, è stato percepito da qualcuno (di noi) come un appagante traguardo d’arrivo e da qualcun altro (politico) come una “gratificazione” , certamente significativa ancorchè dovuta, con cui tacitare le richieste degli esuli. Qualcuno, inoltre, ha inteso appropriarsi di tale risultato più di altri, dimentico che in buona misura la spinta al decisivo consenso bipartisan è venuto proprio dalle vituperate “Associazioni triestine”.

Che la malattia fosse tutt’altro che trascurabile l’aveva avvertito anche la dirigenza di quella che si considera la più rappresentativa delle associazioni degli esuli, l’Anvgd e che, per questo, nutre aspirazioni egemoniche in seno alla Federazione. Tant’è che il suo Presidente, senza un approfondito dibattito interno, se ne è uscito tempo fa sulla stampa con dichiarazioni che sostenevano la necessità di una sua rifondazione. Peccato che il fine propugnato, per tale auspicabile e condivisibile progetto, non sia stato nè la definizione di un programma unitario nè, tanto meno, l’allargamento della base del consenso – da circa due anni l’Anvgd ostacola, di fatto, il reingresso delle Comunità Istriane nella Federazione – bensì infischiandosene del basilare principio fondante della stessa – la pari rappresentatività di tutte le sue componenti – quello di conferire maggior peso alla propria associazione. Quale modo migliore per fare abortire il progetto? E quale machiavellica sottigliezza per cercare di sminuire il ruolo delle “Associazioni triestine” che, non più tacitabili con l’accusa di essere tra loro riottose, danno oggi fastidio a più d’uno proprio in virtù della loro ritrovata compattezza?

Ciò non di meno, la “cura ricostituente” era sembrata per un po’ sortire gli effetti auspicati; ne sono prova “l’ultimatum” ed i comunicati vari, di inusuale fermezza, recentemente emessi, a seguito delle ultime sedute dell’Esecutivo, dalla Federazione vedasi Arena di Pola n. 3 e n. 4 del 2005). Si è trattato di un “miglioramento” passeggero! A provocare la ricaduta è bastata, infatti, una facilmente immaginabile bacchettata sulle dita inferta da qualche politico perchè la Presidenza della Federazione provasse a scaricare sulle “Associazioni triestine” (sempre loro!) la responsabilità delle suddette ardimentose prese di posizione dell’Esecutivo – avrebbero precluso ogni possibilità di ulteriore dialogo con gli esponenti politici (!?) – e sostenesse le necessità di fare “marcia indietro”. Di certo bisognava dimostrare apprezzamento per l’incombente Convegno, promoso dall’Udc a Mestre il 14 maggio u.s. dall’invitante titolo “La presenza italiana in Istria, Fiume e Dalmazia nel terzo millennio” – di fatto volto a promuovere i rapporti esuli/rimasti – al quale, per non turbare l’atmosfera di entusiastico consenso, le “Associazioni triestine” non sono state ufficialmente invitate. Peccato, anche in questo caso, che l’argomento non sia stato prima seriamente approfondito in seno alla Federazione. A nessuno dovrebbe sfuggire, infatti, che il tema della nostra galassia associativa è uno dei più controversi e, certamente, non costituisce un problema prioritario per la maggioranza degli Esuli anche perchè – è doveroso sottolinearlo – gli esponenti istituzionali della nostra minoranza in SLovenia e Croazia, aldilà dal perseguire evidenti interessi economici, si sono sin qui dimostrati piuttosto tiepidi (diverso il discorso a livello di singoli connazionali) nei confronti di detta eventualità, dichiarando sovente “l’immaturità dei tempi”.

Per concludere, augurando una pronta quanto improbabile uscita dalla crisi che attanaglia la Federazione e l’eventuale sostituzione del medico curante, è lecito domandarsi se la stessa sia effettivamente idonea a rappresentare tutti gli Esuli. Il dubbio è reale e consistente; sarebbe opportuno che gli Esuli, assai più di coloro che, senz’altro in buona fede, credono di rappresentarli, facessero sentire la propria voce.

SILVIO MAZZAROLI

(da “La Sveglia”, n. 158, giugno 2005)