con riferimento a quanto in oggetto, si rende nota la posizione dell’Unione degli Istriani attraverso il seguente comunicato stampa, con preghiera di pubblicazione e divulgazione.
CONVEGNO DI STAMPO POLITICO IL 10 FEBBRAIO A TORINO PER INFANGARE IL GIORNO DEL RICORDO
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Come accade da diversi anni a questa parte in prossimità del 10 febbraio – data della solennità civile che il Parlamento italiano a larghissima maggioranza ha voluto e lo Stato ha poi istituito con la legge 30 marzo 2004 n. 92 per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale» – si moltiplicano le iniziative di carattere fazioso e di stampo politico per infangare il ricordo dell’esodo giuliano-dalmata e stravolgere la verità di quanto accadde nei tragici anni 1943-1945 e1947-1975 in Istria, a Trieste e a Gorizia, ed in Friuli.
In questo contesto particolare va inquadrato il convegno (che gli organizzatori hanno definito “nazionale”) che avrà luogo a Torino il giorno sabato 10 febbraio 2018 (proprio nella data della ricorrenza del Giorno del Ricordo), dalle ore 10 alle ore 17 presso la sala convegni del museo dell’ex Carcere “Le Nuove”, in Via Borsellino 3, dal titolo apparentemente innocuo: “Giorno del Ricordo. Un bilancio” (link: http://www.cnj.it/home/it/
L’obiettivo dell’iniziativa, organizzata dalla associazione “Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia – onlus” e dalla rivista di storia critica “Historia Magistra”, pretende di voler essere – come specificato nell’invito pubblicizzato e reperibile in internet – una «analisi delle conseguenze della istituzione del “Giorno del Ricordo” (Legge n.92 del 2004) e delle sue celebrazioni sino ad oggi, attraverso qualificate relazioni scientifiche» attraverso le quali «saranno investigate le ricadute dell’inserimento del “Giorno del Ricordo” nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato».
Ora, se è vero che basta leggere il nome dell’associazione che ha ideato tale evento, e scorrere quelli dei sodalizi che vi aderiscono, così come la lista dei relatori per connotarlo politicamente e renderlo alquanto privo di scientificità, non si può non stigmatizzare quello che invece è lo scopo di questa iniziativa: tentare (vanamente) di screditare l’enorme lavoro di squadra svolto dall’associazionismo giuliano-dalmata e dalle massime Istituzioni dello Stato negli ultimi quindici anni, finalizzato al doveroso e necessario recupero della memoria negata di Foibe ed Esodo – garantendole dignità e il giusto posto nei libri di scuola – nel quadro delle più complesse, terribili vicende del confine orientale italiano.
Questo non significa che non ci debba essere un serio e vivace confronto su questi temi – al quale l’Unione degli Istriani peraltro non si è mai sottratta – purchè, però, esso abbia a svolgersi in un contesto di massima collaborazione, reciproco rispetto e, soprattutto, di dati e fatti precisi e documentati.
Ecco che appare allora utile ricordare un passaggio cruciale del discorso dell’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – il quale fu, non dimentichiamolo, diretto protagonista e testimone della storia d’Italia di quel periodo -, da lui pronunciato in occasione della solenne cerimonia del Giorno del Ricordo svoltasi al Quirinale il 10 febbraio 2007:
[…] Da un certo numero di anni a questa parte si sono intensificate le ricerche e le riflessioni degli storici sulle vicende cui è dedicato il “Giorno del Ricordo”: e si deve certamente farne tesoro per diffondere una memoria che ha già rischiato di esser cancellata, per trasmetterla alle generazioni più giovani, nello spirito della stessa legge del 2004. Così, si è scritto, in uno sforzo di analisi più distaccata, che già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”.[…]
Non serve aggiungere altro.
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Trieste, 26.1.2018