C’era una volta una regione italiana chiamata “Venezia Giulia”

Potrebbe sembrare una favola, ma non lo è! E’ la storia di una Regione della nostra Patria che c’era una volta e che oggi non c’è più.

Era racchiusa tra le Alpi Giulie a nord e l’Adriatico a sud; fra il fiume Isonzo ad ovest, e ad est la displuviale che, da monte Tricorno digrada su monte Nevoso e su monte Maggiore prima di scendere sul golfo del Quarnaro.

Comprendeva cinque Province: Trieste, Gorizia, Pola in Istria, Fiume nel Carnaro e Zara in Dalmazia.

Di queste città solo due sono rimaste all’Italia: Trieste mutilata, e Gorizia smembrata. L’una e l’altra oggi sono inserite nella Regione “Friuli Venezia Giulia“.

Parentesi Non sono pochi coloro che, ritenendo troppo lungo il nome di questa regione, lo abbreviano chiamandola “Friuli” e omettendo “Venezia Giulia”: facile immaginare il disappunto dei Giuliani!

Era stata chiamata “Venezia Giulia” nel 1863 da uno dei più grandi glottologi del XIX secolo: il Goriziano Graziadio Isaia ASCOLI.

La Regione è stata da sempre italiana, per ragioni geografiche, storiche, di lingua, di costume e…di libera scelta! Nel 27 a.c. era una delle 11 Regioni d’Italia con il nome di “X Regio Venetia et Histria“.

Dante ALIGHIERI, nel IX canto dell’Inferno, l’aveva posta entro i termini naturali della penisola italica.

Giosuè CARDUCCI, nel 1885, scrivendo all’amico Giuseppe CAPRIN, così l’aveva descritta: “…bellissima e mobilissima Regione Italiana, tutta romana e veneta, della grande Patria Italiana…”.

Ripercorriamone, per sommi capi la storia.

Per sei secoli fu Romana e godette della “Pax Romana”.

Poi trascorsero lunghi anni nel corso dei quali conobbe il succedersi delle invasioni barbariche al cui seguito giunsero i primi Slavi.

Ci fu quindi, come nel resto della penisola, il fiorire dei Liberi Comuni con i loro Statuti; seguì l’adesione alla Serenissima Repubblica di Venezia e poi l’annessione all’impero austro ungarico, e finalmente, dopo la vittoriosa guerra del 1915 – 1918, per noi IV Guerra d’Indipendenza, il tanto sospirato congiungimento all’Italia.

In quasi 2000 anni la Regione ha sempre conservato la sua cultura latina, la lingua e l’identità italiane.

A riprova si citano le Carte geografiche e marittime edite da svariati Paesi anni prima che quei territori divenissero parte integrante della Nazione Italia. Esse riportano i nomi delle località in italiano: vi leggiamo Capodistria, Pola, Fiume, Cherso, Lussino, Zara… Ad ulteriore conferma della sua italianità si citano i censimenti esperiti all’epoca, compreso quelli austriaci, i quali indicano incontestabilmente che la maggioranza della popolazione era italiana, con punte vicine al 100 % nelle città e nei Comuni della costa occidentale dell’Istria.

Ennesima prova della sua identità emerge dal rilevamento di alcuni dati frutto di indagini storiche:

  • In Istria, nel 1914, quindi 4 anni prima della vittoria di Vittorio Veneto, quando ancora la Regione faceva parte dell’Impero austro ungarico, 37 Comuni su 50 erano amministrati da Italiani.

  • Nella 1^ Guerra Mondiale 2.107 Volontari Giuliani accorsero ad ingrossare le file delle Forze Armate Italiane! Tutti sappiamo a cosa andavano incontro in caso di cattura…

  • Nella 2^ Guerra mondiale, il primato di perdite umane è proprio di questa Regione, che ha avuto 30 Caduti ogni 1.000 abitanti, a fronte della media nazionale che è di 10 Caduti.

Non si dimentichi ancora che l’Istria ha dato alla Patria Italiana 14 Medaglie d’Oro al Valore Militare, 11 la Dalmazia e 5 la città di Fiume.

Ma un triste giorno apparve all’orizzonte della storia di queste Terre il Maresciallo Josip BROZ detto Tito…

Costui, capo delle formazioni partigiane slavo comuniste insorte alla fine del 1943 per liberare la Jugoslavia dagli eserciti stranieri e dalle bande degli Ustascia (nazionalisti Croati) e dei Cetnici (Monarchici Serbi), inserì nei suoi piani non solo l’annessione di tutta la Venezia Giulia alla nascente “Repubblica Federativa socialista dei Paesi Slavi del Sud”, ma addirittura la cacciata dalla Zona di tutti gli Italiani che pure da millenni risiedevano in quei luoghi.

Mai, nessuno dei Popoli che nel coso dei secoli avevano calpestato il suolo di questa Regione si era adoprato a …sostituirsi alla popolazione autoctona!…

Lo scopo del Dittatore croato era chiaro: imprimere alla conquista militare il carattere dell’irreversibilità!…

Tale disegno, puntualmente realizzato, fu candidamente ammesso da Milovan GILAS, suo braccio destro, in un’intervista concessa nel 1991 al settimanale “Panorama”: “Nel 1945, io e il Ministro degli Esteri Edward KARDELJ, fummo inviati in Istria con il preciso compito di indurre tutti gli Italiani, con pressioni di ogni tipo, ad andarsene via. E così fu fatto”.

La cancellazione dei nostri connazionali dalla Venezia Giulia avvenne in tre tempi:

  • In un primo tempo, dal 9 settembre 1943 al 13 ottobre dello stesso anno, in Istria. (Si noti bene che si deve ai Tedeschi (!) la temporanea interruzione delle operazioni di pulizia etnica!…).

  • In un secondo tempo, dal 1° maggio al 12 giugno 1945, dunque a guerra finita!, in tutto il territorio, con particolare intensità per la Provincia di Trieste. (Menomale che gli Anglo Americani, meglio tardi che mai, il 12 giugno si decisero a spingere le milizie titine al di là della Linea MORGAN!).

  • E infine, la terza pulizia etnica, ma non l’ultima…, avvenne a seguito del Trattato di Pace e dei successivi accordi internazionali.

Vediamo da vicino questi Patti:

1. IL DIKTAT DEL 10 FEBBRAIO 1947 sanciva la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Regione: in pratica di tutto il territorio a est e a sud della citata linea MORGAN.

2. IL MEMORANDUM D’INTESA DEL 1954 consentiva il ritorno all’Italia di Trieste, la cosiddetta Zona “A” comprendente la Città di San Giusto, ma rendeva più aleatoria la restituzione alla madrepatria del resto del proclamato (e mai costituito) Territorio Libero.

3. IL TRATTATO DI OSIMO DEL 1975 infine assegnava definitivamente alla Jugoslavia la Zona “B” con i Comuni, italiani da tempi immemorabili, di Capodistria, di Pirano, Umago, Cittanova, Buie.

Si noti che la Zona “B” contava 63000 abitanti: in 60.000, negli anni dal 1945 al 1956, abbandonarono ogni cosa pur di restare Italiani! Tito teneva così tanto al suo piano d’espansione verso l’Italia che fece raggiungere Trieste nove giorni prima di Zagabria e di Lubiana! Precedette nell’occupazione gli Anglo Americani di un solo giorno: quanto è bastato per creare premesse a noi nefaste.

Tralasciamo questa amara pagina di storia.

Diamo vita piuttosto, almeno per un attimo, alle città di questa nobile Regione.

ZARA La perla dell’Adriatico.

Era un sestiere veneziano con calli e campielli, racchiuso fra due porte del SANMICHELI: quella di “terraferma”, con un grande Leone di San Marco e quella “marina” con la statua di San Crisogono.

Gli Anglo Americani, su richiesta di Tito, la rasero al suolo, facendo sganciare su di Essa, in 54 bombardamenti aerei, ben 61 Kg di esplosivo per ogni suo metro quadro.

Si contarono 4.000 morti.

L’85 % degli edifici andò distrutto.

Ancora nel 1910, lo scrittore e giornalista Arturo COLAUTTI, così l’aveva definita: “…ultima oasi dell’italica civiltà sull’oriental costa dell’Adria; ultima rocca della stirpe latina opposta alla barbarica massa croata, cui l’astio e la paura del governo asburgico apersero gli argini tutti a più presto sommergerla; ultima vedetta del pensiero dantesco in cospetto del Quarnaro, nella suprema eroica pugna invanamente aspettante, dalla contraria sponda materna, segno d’aita o parole di speranza ai morituri”.

Zara non era una base militare! Non era un importante nodo di comunicazioni! Non aveva rilevanza strategica! Fu cancellata per volere di Tito per oscurare per sempre quel millenario faro d’italianità sulla costa orientale adriatica! Abbandonata in massa dai suoi abitanti è oggi una città balcanica.

FIUME “Città olocausta”, decorata di Medaglia d’Oro al Valore Civile il 22 maggio 1924 da Sua Maestà il Re d’Italia Vittorio Emanuele III, in premio dei sacrifici sostenuti per congiungersi all’Italia, Il Senatore Leo VALIANI, nel 1990 così scriveva: “Fiume è una città italiana dalla sua fondazione.

Politicamente lo è diventata solo nel 1924, ma etnicamente e culturalmente lo è sempre stata”.

Ciò è testimoniato anche dalle lapidi del suo cimitero.

La briga di censirle se l’è assunta Monsignore Luigi TORCOLETTI, il quale ha rilevato che nel Camposanto di Fiume l’80,7 % delle epigrafi poste negli anni, si badi bene: dal 1800 al 1919!, dunque prima dell’impresa di Gabriele D’ANNUNZIO, era in italiano! Alla fine del 1945, 54.000 Fiumani su una colazione di 60.000 anime, ha preferito l’esilio alla cittadinanza jugoslava: questo mi sembra più di un plebiscito!

POLA L’imperatore AUGUSTO, in omaggio alla figlia Giulia, l’aveva chiamata “Pietas Julia”.

Il censimento del 1921 aveva dato i seguenti risultati: 41.000 Italiani, 5.000 Croati, 265 Sloveni, 2.718 di altre etnie.

La Città, conosciuta la sua sorte alla stipulazione del Trattato di Pace, si vuotò completamente.

30.000 polesani, su una popolazione di 32.000, la lasciarono per sempre.

Il piroscafo “Toscana”, capace di 2.000 posti, fece dodici viaggi verso i porti di Venezia e di Ancona.

Lo scrittore Silvio BENCO, in quello stesso anno, siamo nel 1947, così aveva descritto l’esodo da Pola: “…Se ne vanno dalle case dei Padri, coi vecchi, con le mogli, coi bimbi, col poco che hanno potuto raccogliere della roba loro, e cauto l’estraneo mondo li guarda.

Triste è pensare che nel mondo di oggi, nel disanimato mondo uscito da una spaventosa guerra, non c’è più Pietas Julia.

Ma Pietas Julia, Pietà per la Gente Giulia, c’è e durerà eterna in noi e in quanti, Italiani, hanno un’anima”.

Nell’ultimo viaggio il “Toscana” portò via anche le spoglie di Nazario SAURO, di Capodistria ( si ricorda, per inciso, che questo è, in rapporto alla popolazione, il Comune d’Italia con il più alto numero di decorati al Valore Militare), Volontario Irredento, Tenente di Vascello della Regia Marina, decorato di Medaglia d’Oro e di Medaglia d’Argento al Valore Militare, passato alla storia come: “figlio dell’Istria, eroe dell’Italia”.

GORIZIA Detta la “Santa” perché coinvolta nelle dodici battaglie dell’Isonzo.

E’ la Città che conobbe il leggendario gesto del bersagliere Enrico TOTI.

S’è salvata per miracolo! Fu restituita alla sovranità italiana il 15 settembre del 1947.

Palmiro TOGLIATTI, lo storico leader dei comunisti di casa nostra, l’aveva offerta al Maresciallo Tito in cambio di Trieste. I Goriziani, sdegnati, insorsero, proponendo al citato signore di dare a Tito piuttosto qualcosa di suo…intimo personale o familiare… Il confine le ha portato via decine e decine di Comuni: ma ancora peggio, ha smembrato il suo centro urbano, cedendo alla Jugoslavia le Stazioni di Montesanto e San Marco, il sanatorio, il vecchio Cimitero cattolico e quello ebraico e ancora molti sobborghi.

TRIESTE L’antica colonia romana di Tergeste che si estendeva fino al fiume Quieto.

La Città degli Irredenti.

La meta più ambita, fin dalle Guerre d’Indipendenza, da tanti Italiani d’ogni contrada del nostro Paese, Caduti sul suo cammino col suo nome sulle labbra…Molti di loro riposano a Redipuglia.

Dall’8 settembre del 1943 al 26 ottobre del 1954 ha conosciuto l’oppressione nazista, poi la più breve ma più devastante occupazione slava, e infine, ancora, per nove lunghi anni, la sofferta attesa durante il Governo militare Alleato.

La Risiera di San Sabba e le foibe di Basovizza e Monrupino sono le terribili testimonianze del suo eroismo e dell’altrui barbarie… La Città è rimasta a noi, priva del suo naturale retroterra, l’Istria, soffocata da un confine che corre a 10 Km. Circa dalla sua incomparabile Piazza dell’unità d’Italia.

Concludo.

Abbiamo inteso ricordare che l’Istria, Fiume, Zara, erano italiane e oggi non lo sono più: sono un’altra cosa! L’abbiamo fatto con il groppo in gola, ma senza rancore.

Abbiamo inteso gridare forte la Verità, perché la memoria delle ingiustizie patite da questa nobile Regione Italiana non andasse perduta! Ai fratelli Giuliani che hanno vissuto il martirio delle foibe e dell’esilio, la nostra sconfinata solidarietà.

Essi:

  • Hanno impartito al mondo intero una lezione di civiltà, offrendo un chiaro esempio di compostezza, dignità, infinito, non corrisposto, amor patrio.

  • Hanno ricostruito altrove, spesso in terre molto lontane, il focolare domestico, possiamo immaginare con quanta sofferenza e quali sacrifici, e attorno ad esso hanno creato le condizioni per fare vivere la lingua, le tradizioni e i Valori della nostra cultura, raggiungendo spesso posizioni di prestigio nella scala sociale dei Paesi ospitanti.

Essi hanno onorato e continuano a onorare la nostra Patria.

Piace chiudere con un’espressione di KIPLING che lascia aperta la porta alla speranza:

“NULLA PUÒ RITENERSI CONCLUSO FINCHÉ NON È CONCLUSO CON GIUSTIZIA”

Gen. (ris.) Riccardo BASILE

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