da “Il Corriere della Sera” online del 7/2/04
La cassaforte della vecchia Dc? In una baracca
Da 508 palazzi a una baracca di campagna Caccia alla cassaforte scomparsa della Dc
L’ INCHIESTA: IL TESORO DELLA DC. Da Roma al Lago di Garda fino alla Croazia sulle tracce del patrimonio del partito, finito intestato a un inconsapevole italo-croato senza lavoro stabile Finanziarie fantasma, prestanome e notai compiacenti all’ origine di un «buco nero» di miliardi di vecchie lire su cui indaga la magistratura e si moltiplicano i ricorsi
Rizzo Sergio, Stella Gian Antonio
BUJE (Croazia) – Una carriola senza ruota, una sedia con tre gambe, un po’ di legna e matasse di ragnatele: ciò che restava dell’ immenso tesoro della Democrazia cristiana è finito qui, in un ripostiglio diroccato nelle campagne di Babici, tra Buje e Umago, in Istria. Finito sulla carta, si capisce. In realtà è sparito nel nulla. Un giochetto di prestigio e, puff!, si è volatilizzato nelle mani di un uomo con doppio passaporto italo-croato. Il solito finanziere d’ assalto diventato enormemente ricco con i business postcomunisti? Macché: un poveraccio che, incapace di trovare lavoro, guadagna qualcosa scaricando cassette a Trieste. «Firma qui», gli hanno detto. Ha firmato.
E si è così ritrovato, lui che vive in uno sgangherato monolocale da incubo balcanico, alla testa d’ un impero immobiliare. Il tutto per il tempo strettamente necessario a costruire, da parte degli «amici» ai quali aveva fatto il piacerino, una rete di società regolarmente registrate ma destinate a sparire dietro bilanci secretati, muri di silenzio e indirizzi fantasma. Buchi neri come nerissimo è il buco lasciato dalle casseforti del partito che per mezzo secolo ebbe in mano l’ Italia. Casseforti dai nomi leggendari come Affidavit, Ser (Società edilizia romana), Sfae, Immobiliare. Proprietarie grazie a migliaia di offerte di povera gente, a decine di sontuose donazioni e magari a qualche inghippo, di edifici come palazzo Sturzo all’ Eur, la villa liberty della Camilluccia (che apparteneva alla Sari) o la casa di Alcide De Gasperi in Trentino per un totale, dal magazzino al grattacielo, di 508 immobili. Un patrimonio sconfinato. Che nel giro di pochi anni, nel caos infernale di scissioni, battaglie giudiziarie, rivendicazioni, compromessi e vendite per tappare le voragini di debiti della vecchia Dc o consentire una ripartizione della cassa comune tra questo o quel partito gemmato dal collasso della Balena Bianca, si è via via impoverito. E ha perso, lungo il tormentatissimo percorso di smantellamento, questo o quel pezzo di pregio svenduto a cifre talvolta irrisorie.
Per non parlare di qualche fetta di torta (e che fetta!) sparita nel nulla. Al punto che, su denuncia di Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, sono partite un’ inchiesta e una catena di azioni giudiziarie che rischiano di dar soddisfazione ai ricorrenti quando dei 205 immobili rimasti in ballo resteranno solo le pietre. Intestate a chissà chi e chissà dove. Come è potuto succedere? E’ quello che proveremo a raccontare, ricostruendo i vari passaggi tra finanziarie domiciliate in baracche di lamiera e depositi bancari fasulli e notai di bocca buona e teste di legno improvvisamente comparse sulla scena ed improvvisamente sparite nel nulla. Una storia pazzesca, cialtrona, infame e ridicola, che val la pena di ricomporre andando a ritroso. E cominciando quindi dall’ ultima volta in cui le quattro società che custodivano ciò che restava dell’ impero democristiano vengono avvistate in Italia. E’ il 27 marzo 2003. Nello studio del notaio Claudio Avitabile di Bardolino, sulla sponda veronese del Lago di Garda, un certo Paolo Borgo, un immobiliarista ignoto ai più che il 10 dicembre 2002 è comparso come amministratore unico delle quattro società, si dimette e cede la carica a Silvano Mitrovic, un italo-croato dal doppio passaporto residente a Buje, in Istria, in via Garibaldi 7.
Contestualmente le sedi dell’ Affidavit, della Sfae, dell’ Immobiliare e della Ser, che già erano state trasferite da Roma a Bergamo subendo alcune metamorfosi di cui diremo, vengono smistate a Babici, in via Zakinji 113. Il posto, in realtà, è a una mezz’ oretta di macchina da Trieste appena al di là di Rabuiese. Ma è come se fosse nel Kamchatka: mentre proseguono le cause giudiziarie, in Istria non va a buttarci un occhio nessuno. Peccato. Perché le sorprese sono davvero divertenti. Stando all’ efficiente sito Internet e alle ricerche degli impiegati del Tribunale Commerciale di Fiume e della Fina, la società di controllo sulle imprese registrate in Croazia, pare che le storiche casseforti ancora gonfie di immobili siano forse partite dal Lago di Garda ma non siano mai arrivate al di là della frontiera. Sparite. Senza lasciare una traccia neppure nella interminabile lista delle oltre settecento società in liquidazione che occupa decine di pagine. Dove sono finite? Boh… E i beni che avevano nel portafoglio? Boh… Non basta: la sede scelta per la nuova attività oltreconfine delle immobiliari miliardarie traslocate è una catapecchia della contrada Zakinji, che i nostri continuano a chiamare con nome antico di Zacchigna, un borgo vicino a Materada, il minuscolo paesello che Fulvio Tomizza scelse per raccontare nel libro omonimo come nacque l’ odio tra italiani e croati che avrebbe portato alla guerra fratricida, alle foibe, all’ esodo forzato e tragico della nostra comunità. Un cespuglio di case, covoni di fieno, qualche filare di vite, un po’ di galline e conigli. «Immobiliar de cossa?», chiede stupefatto Enrico Zacchigna, che abita una porta più in là. E’ vecchio, acciaccato e piegato dal mal di schiena ma non perde un colpo con la testa. E giura: «Mai savudo de immobiliari. Mai visto nisùn. Mai vista ‘ na machina. Niente de niente». Racconta anzi che un paio di anni fa erano venuti quelli del Comune: «Un caos. El numero 111 xè diventà 116, il 113 xè diventà 112, il 115 xè diventà 114 o non so cossa, fatto sta che a un certo punto non ci si capisce più niente. Il 113? E chi lo sa? Era quella baracca ma adesso…». Quanto a Silvano Mitrovic, per lui è un fantasma come le società di cui figura essere il titolare: «Qua conosco tutti, dalla valle del Quieto a Salvore, ma giuro che questo nome non l’ ho mai sentito. Mai. Sicuro che esiste?». Esiste. Lui sì, esiste. Solo che non è in grado neanche di cambiare la vecchia auto ansimante con una nuova. Ha 44 anni, è figlio di imbianchino e di una casalinga che arrotonda la pensione facendo la domestica a Trieste e fatica da sempre a mettere insieme il pranzo e la cena. Guadagnata la licenza dell’ ottava elementare, musicista nel gruppo «Azur» in giro per balere, ha fatto per un po’ il garzone di macelleria, poi si è arrangiato in mille lavori senza mai trovare il suo: un mese qua, un mese là, una settimana da un’ altra parte. Fallito il matrimonio, per non tornare a vivere coi genitori all’ indirizzo che ha dato al notaio, si è sistemato in uno sgarrupato monolocale al primo piano di una oscena palazzina annerita e scrostata alla periferia del paese. Quando ha saputo di avere posseduto, sulla carta, decine di miliardi, poco poco sveniva al telefono: «Ma no, non è possibile, ho messo solo due firme…”. In cambio di soldi? “Neanche una kuna! E’ stato un favore. Mi hanno detto che era tutto regolare. Che non avrei avuto grane. E adesso? Posso spiegare tutto. Io sono a posto. Ci vediamo alle sette. Vi racconto tutto». All’appuntamento, però, non arriverà mai. Alle cinque del pomeriggio, dopo aver sentito qualche misterioso «amico», cambia versione: «E allora? Sì, ho comprato io». Con che soldi? «Che vi frega?». Con che soldi? «E devo spiegarlo a voi? Cosa volete da me? Ma fatevi gli affari vostri!». Clic.
Sergio Rizzo Gian Antonio Stella
Origine e fine della Dc
NEL 1942 La nascita clandestina Alcuni dirigenti del disciolto Partito popolare di Don Sturzo fondano clandestinamente, nel 1942, la Democrazia cristiana, che guida il Paese, con varie coalizioni, dal ‘ 45 al ‘ 93 ANNI ‘ 50-‘ 70 Da De Gasperi a Moro Alle elezioni del 1948 la Dc di De Gasperi ottiene il 48,5% di voti. Nel ‘ 54 è segretario Fanfani: nel ‘ 59 viene sostituito da Moro, che dà voce ai dorotei. Negli anni ‘ 70 torna alla guida Fanfani ANNI ‘ 80-‘ 90 Il Caf e Martinazzoli Negli anni ‘ 80 alla guida c’ è De Mita, poi Forlani che si allea con Craxi a sostegno del governo Andreotti (il «Caf»). Mani Pulite si abbatte sulla Dc, che viene sciolta da Martinazzoli nel ‘ 94 Patrimonio svanito IMMOBILI L’ enorme patrimonio della Democrazia cristiana, costituito da 508 immobili (edifici di pregio ma anche semplici magazzini) era gestito in origine da quattro società: Affidavit, Ser (Società edilizia romana), Sfae, Immobiliare LA CESSIONE Con la fine della Dc nel 1994, la storia del patrimonio si complica. Nel 2002 risulta amministratore unico Paolo Borgo: l’ anno dopo cede la carica a Silvano Mitrovic, un italo-croato residente in Istria VIA ZAKINJI La sede della nuova società immobiliare è una casa fatiscente in via Zakinji 113 a Babici, in Istria. La persona che risulta titolare, Mitrovic, abita in un monolocale ed è sempre vissuto facendo piccoli lavori