Doppia cittadinanza: il testo dell’audizione della la Lega Nazionale a Montecitorio

La Lega Nazionale di Trieste premette di condividere pienamente gli intenti del legislatore che hanno motivato la disposizione di cui alla Legge n. 91 del 1992 finalizzata a rendere possibile il recupero della cittadinanza italiana da parte dei nostri connazionali residenti in Slovenia e in Croazia.

Condivide parimenti l’esigenza di rimuovere con un nuovo atto legislativo gli inconvenienti derivanti dalla suddetta legge e cioè il limite temporale per esercitare il diritti di acquisto e la esclusione, di fatto, dei figli oggi maggiorenni, di chi aveva all’epoca perso la cittadinanza.

La Lega Nazionale, pertanto, condivide le finalità comuni alle tre proposte di legge. Approva in particolare la proposta n. 5199 (d’iniziativa dei deputati Buontempo e altri) suggerendo che al punto c) dell’art. 2 venga indicato quale requisito l’appartenenza “al gruppo nazionale di lingua italiana” anzichè al “gruppo etnico di lingua italiana”.

Suggerisce infine l’opportunità – ove risulti fattibile – di sostituire l’attestazione da parte dell’autorità consolare con la dichiarazione di appartenenza alla nazione italiana rilasciata dal richiedente.

Osservazioni aggiuntive – In merito alle vicende storiche nelle quali deve trovare inserimento il presente intervento del legislatore italiano, ci si permette prospettare le seguenti osservazioni:

a) a seguito del Trattato di Pace del 1947 (e quindi dell’esito della Seconda Guerra Mondiale) l’Italia ha subito decurtazioni territoriali sia sul suo confine orientale (Istria, Fiume e Dalmazia) che su quello occidentale (Briga e Tenda);

b) la tragedia delle Foibe, dell’Esodo , degli espropri immobiliari si è realizzata esclusivamente in Istria, Fiume e Dalmazia e non anche nei territori ceduti alla Francia;

c) tutto ciò non trova certo spiegazione nel fatto che i popoli slavi fossero maggiormente motivati per ragioni nazionaliste o avessero più motivi di rancore verso l’Italia rispetto al popolo francese (tutt’altro!);

d) la spiegazione di questa diversità tra quanto accaduto ad Oriente e quanto ad Occidente va cercata non nelle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale bensì nelle logiche della terza Guerra Mondiale (quella cosidetta “fredda” tra comunismo e liberaldemocrazia) e cioè nel fatto che Istria, Fiume e Dalmazia sono state cedute ad uno stato comunista e Briga e Tenda ad uno stato liberaldemocratico;

e) riprova di ciò sta nella constatazione che solo dopo la conclusione della terza Guerra Mondiale (con la sconfitta , nel 1989, del Comunismo) hanno iniziato ad avviarsi a soluzione diversi problemi tra cui anche quello, qui in discussione, del far recuperare la cittadinanza italiana a chi ne era stato privato dalle ingiustizie della storia e della politica”. (avv. Paolo Sardos Albertini)

Riportiamo ora il testo presentato dall’Unione degli Istriani

“Nelle tre proposte di legge in esame n. 5199 d’iniziativa dei deputati Bontempo, Amoruso ed altri; n. 2337 d’iniziativa del deputato Peretti; n. 3208 d’iniziativa del deputato Benvenuto, così come nella relazione dell’on. Giorgio Conte, ci si riferisce esclusivamente ai nostri connazionali residente nelle Repubbliche di Croazia e Slovenia, eredi della ex repubblica Federativa di Jugoslavia.

E’ ben vero che le vicende che hanno fatto seguito al secondo conflitto mondiale e che hanno portato i nostri connazionali a perdere la cittadinanza italiana, hanno interessato i territori istriani e dalmati che oggi fanno parte della Croazia e della Slovenia. Ma va anche rilevato che ci cittadini italiani coinvolti non vivono oggi soltanti nei territori che l’Italia fu costretta a cedere alla Repubblica di Jugoslavia, anzi è vero l’esatto contrario.

Non dobbiamo infatti dimenticare che la stragrande maggioranza degli abitanti italiani di quei territori – 350 mila – furono costretti all’esilio e molti all’emigrazione negli altri continenti: in Australia , in Sud e Nord America. Il numero esatto degli esuli emigrati non è possibile stabilirlo, si può comunque stimare in circa settantamila, diviso fra gli USA (25.000), il Canada (12.000), il Sud America (25.000) e l’Australia (8.000). Pochi altri si trovano in Sud Africa e nei vari paesi europei.

Dopo il terribile strappo dell’esodo dalla propria terra di origine per cercare riparo in Patria, decine di migliaia di esuli istriani, fiumani e dalmati, infatti, non trovando sistemazione in Italia, presero l’amara via dell’emigrazione. Molti di loro hanno lasciato l’Italia già prima del 1947, altri hanno raggiunto i familiari dopo gli anni ’50 e pur avendo optato per la cittadinanza italiana, come profughi molti di loro hanno viaggiato assistiti dall’Organizzazione dell’ONU, IRO – International Refugee Organization, per una nuova via oltreoceano, subendo la perdita della cittadinanza italiana.

All’arrivo a destinazione infatti, sono stati iscritti all’anagrafe come profughi jugoslavi, tutti i cittadini italiani che avevano lasciato i territori ceduti alla Jugoslavia e che furono registrati sulla base della località di provenienza. E come tali sono considerati ancora oggi.

Se, ad esempio, si prende in esame la situazione esistente in Australia, si deve anche osservare che fino allo scorso anno chi prendeva altre cittadinanze, perdeva quella australiana, per cui non è stato possibile fruire della Legge 91 del 5 febbraio 1002, da parte dei cittadini italiani colà emigrati.

Appare dunque essenziale ed opportuno che il provvedimento legislativo che si sta varando, non preveda – contrariamente a quant idnicato nelle tre proposte di legge all’esame di questa Commissione – il vincolo della residenza nelle Repubbliche di Croazia e Slovenia per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli esuli italiani poi emigrati e dei loro discendenti. Si tratta di un serio e grave problema di giustizia che i nostri connazionali lontani dall’Italia si aspettano che sia risolto venendo incontro al loro vivo desiderio di fare parte della nazione italiana.

Per rendersi conto di quanto importante venga considerato questo problema, si segnala che in occasione della prima celebrazione della “Giornata del Ricordo” , istituita dal Parlamento a ricordo della firma del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947, a Trieste converranno nei giorni 9, 10, 11 febbraio, centinaia di esuli emigrati con l’assistenza del Ministero degli Italiani nel Mondo ed uno dei temi trattati nel convegno del giorno 9, è proprio quello relativo all’acquisizione della cittadinanza italiana. La partecipazione di questa Commissione all’incontro di Trieste sarebbe oltremodo utile e significativa e verrebbe sicuramente molto apprezzata dagli esuli, anche come segno di concreta attenzione alle loro aspettative. (Silvio Delbello )