Ringrazio molto affettuosamente tutti i presenti, che hanno voluto partecipare oggi al ricordo dell’avv. Lino Sardos Albertini, padre fondatore dell’Unione degli Istriani. E’ grazie a lui, alla sua insistenza e tenacia, ed alla sua volontà di non accettare supinamente assurde ed illogiche imposizioni, che l’Unione degli Istriani venne costituita, il 28 novembre 1954, subito dopo la sottoscrizione del Memorandum di Londra che aveva assegnato la Zona B all’amministrazione provvisoria, civile e militare, della Jugoslavia.
L’Unione degli Istriani dunque nacque come risposta alla gravissima situazione che si era venuta a creare con tale Accordo, per il quale altri cinquantamila istriani scelsero la libertà di espressione e di sentimenti, abbandonando città e campagne di quell’ultimo lembo di terra, che fino all’ultimo istante si sperava potesse rimanere sotto la sovranità italiana.
Allora, la nostra Associazione nasceva, secondo la giusta ed ancora oggi più che mai attuale intuizione di Lino Sardos Albertini, con un presupposto ben preciso: doveva necessariamente essere una associazione indipendente e svincolata da qualsiasi legame con i partiti politici, e proprio per questo in grado di tutelare gli interessi di tutti gli esuli istriani.
Un organismo nuovo, rispetto le altre realtà già esistenti ed operanti, veramente rappresentativo dell’intera compagine e talmente forte da poter intervenire in ogni momento a difesa delle giuste rivendicazioni e delle istanze degli istriani, e non solo.
E la grande, straordinaria capacità di Lino Sardos Albertini fu proprio quella di aver saputo creare questa nostra Unione in armonia con le associazioni consorelle, dando prova di rara capacità organizzativa e di persuasione.
Non posso dire di aver conosciuto l’avv. Lino, anche se l’ho visto alcune volte, e l’ultima, cinque anni fa, ad una riunione del Consiglio Direttivo, la prima a cui partecipavo. Posso affermare, invece, che egli è stato un uomo straordinario. Ho capito in questi pochi mesi, da quando sono stato chiamato a presiedere l’Unione degli Istriani, quanto egli abbia fatto per affermare in ogni sede e con ogni mezzo civile e democratico l’italianità della Zona B dell’Istria, denunciando già nei primi anni Settanta i primi cedimenti dell’Italia nei confronti del maresciallo Tito e, molto probabilmente, intuendo (poiché una delle sue doti era veramente l’intuizione) prematuramente ciò che poi si sarebbe verificato.
E l’ho capito rileggendo in queste ultime settimane tutti gli atti di quel periodo conservati nell’archivio del mio ufficio, nella stanza vicino a questa: lettere, appunti manoscritti, centinaia di telegrammi inviati anche quotidianamente, centinaia di verbali, frutto di riunioni fino a notte inoltrata nel suo studio di via del Coroneo, dove era solito convocare le riunioni di Giunta, con l’appoggio incondizionato, non verbale ma attivo e dinamico, dei suoi più stretti collaboratori, tra i quali cito a dovere il prof. Italo Gabrielli, che conosco personalmente, e l’avv. Libero Coslovich, presenti stasera in sala.
E poi le migliaia di fotografie, scattate durante le occasioni importanti, bellissime quelle del raduno del 1964, ad esempio. In tutte le immagini c’è questa figura onnipresente, la sua, che dava energia e trasmetteva grande sicurezza, forse anche per la sua mole. E sui i volti delle persone immortalate mentre lo ascoltano, si leggono chiaramente espressioni di profonda ammirazione e di naturale approvazione.
Questo è stato l’avv. Lino, per tutti noi. Sacrificando una parte importante della sua vita, probabilmente trascurando la sua attività professionale e sottraendo parte del suo tempo anche all’affetto della sua famiglia, egli ha dedicato strenuamente quanto poteva alla causa istriana, mobilitando in tutta Italia, tutte le associazioni, gli enti e le singole persone che osavano manifestavare la propria contrarietà alla ratifica del Trattato di Osimo.
Ebbe anche l’idea di intraprendere un viaggio in America, proprio per sensibilizzare sul problema, molto sentito anche oltreoceano, non solo le nostre comunità di esuli, ma tutti gli italiani colà residenti. Ricevette l’appoggio incondizionato da tutti e centinaia furono gli appelli scritti inviati dai nostri connazionali emigrati ai vari Rumor, Fanfani, Medici, Andreotti e Moro. Ho persino trovato, proprio l’altro giorno, cinque articoli (maggio ’73) che egli aveva fatto pubblicare su quotidiani inglesi e tedeschi per richiamare anche l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
Ma la storia ha avuto un altro corso, e la grande battaglia contro l’ingiustizia che ha condannato anche chi poteva ritornare da italiano in Istria, nella Zona B, venne persa. Non possiamo, questo è certo, dire che Lino non ce l’abbia messa tutta, assieme alla sua “squadra”, ed alle migliaia di triestini che si riconoscevano in lui e nelle sue giuste istanze. Anche tra la nostra gente, allora, senza fare in questa occasione nomi di personaggi a noi noti, avevamo chi si è spogliato della propria dignità e della propria storia, votando a favore della cessione alla Jugoslavia della casa in cui era nato solo qualche decennio prima, del mare dove aveva trascorso i pomeriggi d’estate, della campagna che la propria famiglia aveva coltivato per secoli.
Non ne avremo altri come lui, di profonda fede cristiana, di ammirevole correttezza ed onestà intellettuale. Non ci sarà più un altro Lino, ma vivrà in noi il suo ricordo attraverso gli insegnamenti e l’eredità morale che ci ha lasciato.
Non mi resta che ringraziare dal profondo del cuore l’avv. Lino, che sono convinto stasera possa sentirci, per ciò che ha saputo fare con grande coraggio e dignità.
Siamo forse noi oggi, che oramai delusi e rassegnati facciamo troppo poco, lasciando, per giunta consapevolmente, che i nostri diritti vengano calpestati e che qualcuno si permetta ancora di prendersi gioco di noi.
Lino, questo, non l’avrebbe certamente permesso, ed io oggi, state pure tranquilli, nemmeno.
Massimiliano Lacota – Presidente dell’Unione degli Istriani , Trieste – 17 giugno 2005