I 650 deportati di Gorizia

Pochi giorni dopo il loro ingresso a Gorizia le milizie comuniste del maresciallo Tito, dal 2 maggio del ’45, iniziarono a rastrellare dalle loro case i goriziani che potevano rappresentare un ostacolo alla volontà di Tito di annettere Gorizia alla Iugoslavia. Oltre 650 concittadini inermi subirono la deportazione, cui seguì la fucilazione o la foiba.La loro unica colpa fu quella di costituire un potenziale ostacolo all’annessione di Gorizia alla Iugoslavia.

A 60 anni dai tragici avvenimenti, la Lega Nazionale di Gorizia, il Comitato dei congiunti dei deportati in Iugoslavia e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per onorare la memoria dei deportati hanno organizzato una conferenza rievocativa, alle presso la Sala consiliare della Provincia, alla quale sono intervenuti i presidenti dei sodalizi organizzatori, Rodolfo Ziberna, Clara Morassi Stanta e lo storico Marco Pirina.

Pirina, che ha scritto molti libri sull’argomento ed ha svolto approfonditi studi storici, ha il merito di aver voluto ricercare la verità quando ciò era assai più difficile di oggi, rischiando anche la vita.

La manifestazione, alla quale hanno assistito centinaia di cittadini, è stata preceduta dalla deposizione di un omaggio floreale ai piedi del lapidario del Parco della Rimembranza e si è conclusa con la Santa Messa officiata nella Chiesa del Sacro Cuore dall’Arcivescovo di Gorizia mons. Dino De’ Antoni.

Nel suo articolato intervento il Presidente della Lega Nazionale goriziana ha condannato ogni tentativo di considerare le Foibe come legittima conseguenza e reazione a quanto fatto dai fascisti nel Ventennio precedente. “Se i fascisti hanno commesso atti che hanno ferito persone o comunità, questi vanno condannati senza se e senza ma. Ed altrettanto il dramma delle Foibe va condannato senza cercare false giustificazioni che nuocciono alla pacifica convivenza tra i popoli.”