A Fiume nel 1920 la prima apparizione dello scudetto tricolore

da Panorama Edit 31/03/05

 

Lunga e tormentata storia del distintivo destinato alle squadre campione d’Italia

A Fiume nel 1920 la prima apparizione dello scudetto tricolore

 

di Egidio Greblicki

Quel controverso personaggio che fu Gabriele D’Annunzio è stato ampiamente studiato e vagliato dagli storici, sulla sua opera sono stati scritti trattati e libri, sono stati organizzati convegni sulla sua foga letteraria e poetica come pure sulle sue celebri imprese, dalla beffa di Buccari, al famoso volo su Vienna, all’impresa di Fiume del 12 settembre 1919. Alla fine della guerra, conducendo una violenta battaglia per l’annessione all’Italia di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia, alla testa di un gruppo di legionari marciò sul capoluogo del Quarnero e occupò la città, instaurandovi una singolare repubblica, la Reggenza italiana del Carnaro, che mise in allarme le cancellerie di molti Paesi e che il governo Giolitti fece cadere nel 1920.

Gabriele D’Annunzio, eroe, poeta e letterato, era anche un appassionato sportivo. È ampiamente noto che sia stato amante delle corse di cavalli, che abbia posseduto dei levrieri, che abbia seguito le gare automobilistiche, anche come tifoso e amico di Tazio Nuvolari. Si racconta che sia stato un ottimo spadaccino. Era un tipo spericolato e avventuriero, tanto che l’amore per il volo gli fece perdere un occhio; era amante del canottaggio e del nuoto, andava volentieri in bicicletta, e in un’occasione a Parigi fu multato perché non in regola con le norme della circolazione.

Meno nota, invece, la sua passione per il calcio, che lo portava ad assistere volentieri alle partite. E fu proprio durante la sua permanenza in città, che a Fiume, nel lontano 1920, si verificò un fatto “storico”, ormai quasi dimenticato, riportato alla luce in occasione della presentazione del libro “El balon fiuman quando su la Tore era l’aquila”, nel quale il milanese Luca Dibenedetto ha ricostruito appunto i primi trent’anni di storia del calcio quarnerino. Parliamo della prima apparizione di un simbolo al quale lo sport italiano, e non solo il calcio, è tuttora legato tenacemente: lo scudetto tricolore.

Durante l’occupazione di Fiume, D’Annunzio presenziava di frequente ai principali avvenimenti sportivi: gare di nuoto, riunioni di pugilato al sempre zeppo Teatro Fenice, cimenti podistici eccetera, e spesso era possibile vederlo sulla yole dei canottieri della società Quarnaro. Inoltre, aveva istituito presso il Comando Militare un Ufficio per l’Educazione Fisica e lo Sport.

All’epoca era in corso in città un campionato con impegnate le società attive già dai tempi dell’Austria Ungheria: Esperia, Gloria, Olympia, Juventus-Enea ed altre. I militari giocavano un loro campionato a parte. Per cementare ancor più i rapporti di fratellanza con la popolazione, le autorità decisero di organizzare una sfida tra una selezione delle squadre cittadine ed una rappresentativa del Comando militare. Secondo i primi accordi le due formazioni avrebbero dovuto indossare le casacche rispettivamente del Gloria e dell’Esperia, ma qualcuno suggerì di far giocare la squadra militare (che simboleggiava l’Italia) con la maglia azzurra, il colore dei nazionalisti. E si volle pure che i militari ponessero all’altezza del cuore uno scudetto bianco, rosso e verde, conformato nella foggia che la terminologia araldica definisce sannitico-antica.

A quei tempi i calciatori dell’Italia vestivano la maglia azzurro mare della dinastia dei Savoia, con lo scudo crociato bianco e rosso. Era successo pure, che alle Olimpiadi interalleate svoltesi a Parigi nel 1919, gli italiani avevano sfilato con la bandiera bianca, rossa e verde sulle maglie, ma sempre con lo stemma sabaudo al centro. Il tricolore “repubblicano” in quel momento rappresentava un affronto a Casa Savoia, un simbolo antimonarchico, un’autentica sfida lanciata dallo stesso Gabriele D’Annunzio.

La “storica” partita si giocò domenica 7 febbraio 1920 sul campo sportivo di Cantrida. Il terreno in settimana era stato rimesso in sesto da una compagine di soldati zappatori ed erano state erette delle nuove tribune. La cronaca della “Vedetta d Italia” riportò che sugli spalti accorse una folla enorme di appassionati. “Alle ore 15 giungeva il generale Sante Ceccherini con il suo seguito – ricorda l’articolista -, mezz’ora dopo il Comandante Gabriele D’Annunzio con il suo Stato Maggiore prese posto nella tribuna centrale. La squadra militare si presentò in campo con la maglia azzurra e i calzoncini bianchi, mentre la selezione cittadina vestiva le divise nero-verdi stellate dell’Esperia.

Il capitano dei fiumani, Goacci, donò al capitano dei militari uno splendido mazzo di fiori con i nastri dei colori fiumani e nazionali. “Sorpreso e commosso – sottolineano le cronache dell’epoca -, il capitano avversario, tenente Terrile, abbracciò e baciò il capitano fiumano. L’incontro fu leale e avvincente. Gli “azzurri”, nelle cui file giocavano bersaglieri, arditi, aviatori e reparti d’assalto, tutti fisicamente ben prestanti, ben poco poterono contro i più tecnici fiumani, che grazie alla rete segnata al 30′ da Tomag fecero propria la tenzone. Il Comandante assistette alla partita quasi sino alla fine e dopo il primo tempo volle conoscere personalmente i due capitani per congratularsi con loro. I militari chiesero e ottennero la rivincita, fissata per il 9 maggio. Il 6 maggio a Cantrida si concluse il campionato militare, vinto dal II Battaglione. Gli avvenimenti, però, precipitarono e quello stesso pomeriggio ci fu un sanguinoso conflitto a fuoco tra arditi e regi carabinieri, che stavano abbandonando la città e forzarono il blocco di Cantrida. Questo fatto incrinò ulteriormente i già tesi rapporti tra il Comandante e le forze militari regolari italiane.

Comunque, la domenica 9 maggio Gabriele D’Annunzio assistì alla partita di calcio tra i suoi legionari e la rappresentativa fiumana. Prima della contesa ci fu la cerimonia di premiazione, con le 10 squadre militari che avevano partecipato al loro campionato schierate sul campo. In tribuna era presente anche il generale Ceccherini. Alle 18 iniziò l’attesa partita che ancora una volta vide prevalere la selezione cittadina con il risultato di 2-1, dopo che i militari all’inizio avevano sprecato un calcio di rigore, perdendo cioè l’occasione di portarsi in vantaggio. Si concluse così la parentesi calcistica fiumana di D’Annunzio e delle sue “teste di ferro”.

Nel gennaio del 1922, dopo un referendum popolare indetto da “La Gazzetta dello sport”, D’Annunzio venne eletto dagli sportivi italiani “atleta dell’anno”. Nel 1924, in seguito al Trattato di Rapallo firmato con il governo Jugoslavo, Fiume venne annessa all’Italia e l’Unione Sportiva Fiumana, nata nel 1926 dalla fusione di Gloria e Olympia, partecipò al campionato nazionale 1928-29, schierando tra le sue file alcuni elementi delle partite di “d’annunziana memoria”.

E lo scudetto tricolore? Questo simbolo proseguì il suo tormentato cammino: nell’agosto del 1924 l’assemblea della Federazione Italiana Gioco Calcio, riunita a Torino, approvò la decisione secondo cui la squadra campione d’Italia avrebbe avuto la facoltà di fregiarsi di questo speciale distintivo tricolore che avrebbe portato sulle maglie per tutta la stagione seguente. Lo scudetto di D’Annunzio, così, comparve per la prima volta allo stadio Marassi il 10 ottobre 1924 sulle maglie del Genoa campione d’Italia. Nel 1925 lo portò il Bologna ma già nella seguente stagione la Juventus vi infilò dentro lo scudo sabaudo. Nel 1931 la Juventus fece addirittura sparire lo scudetto, ponendo sulle strisce bianco-nere delle sue magliette lo scudo rosso sabaudo con il fascio accanto.

Ma lo scudetto tricolore ritornò in auge il 27 aprile 1947, quando la nazionale di calcio italiana ospitò in amichevole la Svizzera a Firenze, davanti a 45mila spettatori. Inno di Mameli, giocatori schierati e sul petto degli azzurri per la prima volta nel dopoguerra, come riportano le cronache del tempo, si rivede lo scudetto tricolore “ideato” da D’Annunzio.

Per la cronaca ricorderemo che Italia-Svizzera finì con il successo degli azzurri per 5-2. Per l’Italia di Pozzo scesero in campo: Sentimenti IV (Juventus), Ballarin (Torino), Maroso (Torino), Grezar (Torino), Parola (Juventus), Castigliano (Torino), Menti II (Torino), Loik (Torino), Gabetto (Torino), Mazzola (Torino), Ferraris II (Torino).

Valentino Mazzola segnò la rete che aprì le marcature, poi segnarono due volte Menti II, il fiumano dei granata Ezio Loik ed ancora Menti II. E da lassù il Poeta, probabilmente, applaudì soddisfatto…