Osimo trent’anni dopo

Ricordare per capire. La Lega Nazionale e l'Unione degli Istriani ritengono doveroso, in tale ricorrenza, riparlare di quella vicenda, ripensare al senso di quell'operazione politica, ripercorrere gli effetti che ne sono derivati. di Paolo Sardos Albertini

Dieci novembre millenovecentosettantacinque: una cittadina delle Marche piuttosto sconosciuta, in una villa denominata "Leopardi Dittaiuti" il Ministro degli Esteri Rumor, per il Governo di Roma, ed il suo omologo Minic, per il Governo di Belgrado, sottoscrivono un atto che porta il titolo "Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa Jugoslava". E' l'atto di nascita di quello che resterà consacrato come "Trattato di Osimo".
Sono trascorsi trenta anni da quella giornata. La Lega Nazionale e l'Unione degli Istriani ritengono doveroso, in tale ricorrenza, riparlare di quella vicenda, ripensare al senso di quell'operazione politica, ripercorrere gli effetti che ne sono derivati.

Sarà forse occasione per darsi ragione di un dato estremamente curioso: quale il senso di un Trattato nel quale una delle parti (l'Italia) fa unicamente concessioni e l'altra (la Jugoslavia) porta a casa solo ed esclusivamente benefici? Cosa può spiegare un atto così manifestamente ineguale, nel quale la parte che tutto cede è quella sicuramente più forte, politicamente ed economicamente, mentre quella che tutto incassa presenta già manifesti segni di precarietà che porteranno – dopo appena tre lustri – al suo stesso disfacimento? E come si giustifica il fatto che tanta parte del mondo partitico italiano abbia sostenuto e difeso, con assoluta pervicacia, tale "monstrum" politico, nonostante e contro la clamorosa protesta degli interessati (i triestini e gli esuli)?

Osimo, alla fin fine, è stato un abisso di stupidità della politica italiana (o almeno di larga parte della stessa), un'orgia di autolesionismo nazionale? Oppure è possibile dare in qualche modo un senso, almeno parzialmente logico, ad un atto che altrimenti meriterebbe di figurare nel Guinness dei primati, categoria dell'assurdo?

Sono tutte queste delle domande che, lungo un trentennio, hanno continuato ad essere proposte, domande che non sempre hanno trovato risposte adeguate e convincenti.
Una prima risposta peraltro è possibile formularla: se gli Osimanti, triestini e romani, si auguravano che il Trattato passasse sostanzialmente sotto silenzio o quantomeno senza attirare troppo l'attenzione (e certamente questo era il loro auspicio) di sicuro le cose non sono andate in questi termini: Osimo ha segnato di certo un fatto politico importante, quantomeno per la politica triestina per la quale si può ben parlare di un prima e di un dopo Osimo. Ma, dalla città di San Giusto, proprio a seguito di quel Trattato, è partito anche un segnale che ha anticipato diversi fenomeni nazionali, primo fra tutti lo sconvolgimento dell'assetto partitico tradizionale, è ciò per effetto di un dilagante movimento di reazione, di protesta popolare che ha trovato canali nuovi e diversi per farsi sentire. Dopo Osimo, a Trieste, la politica ha sperimentato forme e diverse di manifestarsi rispetto ai meccanismi partitocratrici operanti dal nascere della Repubblica. E' esattamente quanto, in progressioni successive, ha trovato attuazione, nei decenni successivi, anche in sede nazionale.
Quesiti, novità, analisi: sono tutti aspetti che dovranno dunque trovare spazio e luce nelle iniziative che verranno proposte, dalle Lega Nazionale e dall'Unione degli Istriani, nelle diverse manifestazioni promosse per tale trentennale, manifestazioni delle quali verrà offerto il programma completo nelle pagine di questo sito.

Ci sarà comunque, in primo luogo, un Convegno di storici. A loro è affidato il compito di parlare di quel Trattato sotto una triplice angolazione. Quella diplomatica e della politica internazionale; quella della politica italiana e delle diverse posizioni delle forze politiche nazionali; e infine la prospettiva di Trieste, della sua gente (Triestini, ma anche tutto il popolo dell'esodo) e dei suoi esponenti, dei suoi politici e di quella che oggi si chiamerebbe "società civile".

Alla parola degli storici seguirà poi quella dei giuristi, per affrontare una analisi di quel Trattato nei suoi diversi aspetti, nelle sue diverse sfaccettature; magari anche in riferimento a certe tematiche tutt'ora di piena attualità (la sempre aperta questione della "restituzione dei beni rapinati").

E dopo quelle dei tecnici – gli storici ed i giuristi – faranno seguito le voci di chi ha vissuto la vicenda Osimo da protagonista. In una tavola rotonda, moderata da due giornalisti, Giorgio Cesare (già giornalista alla RAI) e Fulvio Fumis (Giornalista al Piccolo), esponenti della politica triestina, all'epoca parlamentari o comunque con un ruolo assolutamente primario, porteranno le loro testimonianze, le loro valutazioni, le loro conclusioni (forse anche le loro polemiche e divisioni).

Accanto a tale fiume di parole, è giusto però che ci sia anche uno spazio per qualcosa di diverso: sarà nella galleria del Tergesteo (davanti al quale si raccoglievano allora, con una roulotte, le firme anti-osimo) che verrà proposta – con l'apporto dell'IRCI – una mostra iconografica: fotografie, manifesti, giornali.

L'immediatezza delle immagini aiuterà certamente non poche persone ha ricordare, a ripercorrere quelle giornate, a rivivere quei momenti di forte, fortissima passione. Sarà così l'occasione per recuperare, nella memoria e nel cuore, quei momenti nei quali Trieste seppe dimostrare, come altre volte, come nel '53, una delle sue qualità più preziose: la capacità di infiammarsi, di prorompere in impeti di passione, di rompere le apparenze di disinteresse e di apatia per lanciare forti segnali d'amore.

E' per tale ragione che il ricordo del "No ad Osimo" merita di essere, anche e soprattutto, un doveroso atto di omaggio a questa nostra città, alla città di San Giusto, unica e preziosa, alla sua generosità ed al suo cuore.

Ma è doveroso aggiungere anche un affettuoso pensiero per la terra d'Istria (e di Fiume e della Dalmazia), ricordando che per certi signori il Trattato di Osimo doveva costituire la "pietra tombale" da collocare sulla questione istriana, per chiuderla definitivamente, per cancellarla da qualsivoglia agenda politica. Cosi, viceversa, non è stato. Dopo Osimo e nonostante Osimo l'Istria e Fiume e la Dalmazia continuano a figurare a pieno titolo all'ordine del giorno della politica e così le loro, le nostre immutate richieste di Verità e di Giustizia.

Paolo Sardos Albertini