Sassi in piccionaia

La mattina successiva alla tavola rotonda sui trent’anni del Trattato di Osimo, riattivando il cellulare, ho trovato un messaggio: Se te servi una man per tirar piere, son pronto!” A questo sono seguiti numerosi altri contatti di amici di più o meno stretta frequentazione. Avevano già letto il Piccolo e giudicato la cronaca della manifestazione.

Quella che era dichiaratamente una battuta per ricollegarmi all’intervento dell’amico Franzutti (nel ’75, consigliere comunale PLI contravvenendo agli ordini del partito, aveva votato “contro”, assieme ai missini) che si diceva demotivato e, con Carducci, “…sassi in specie non ne tiro più…” aveva colpito il solerte inviato. Per ricollegarmi all’oratore precedente, ripeto, dissi più o meno che alle piante no, ma che sarei stato ancora disponibile a tirare sassi “ai lastroni della RAI”.

Perché alla RAI? Perché nel ‘75 era stato uno degli obbiettivi dell’indignazione dei triestini, per i servizi partigiani ed omissivi sulla reazione popolare alla sconvolgente notizia della cessione della zona B alla Jugoslavia, della programmata istituzione della zona franca sul Carso e delle altre clausole del Trattato di Osimo.

La battuta voleva significare: non rassegnazione, volontà di riscatto, orgoglio della ragione e del diritto. Ciò è stato capito dai numerosi presenti che mi hanno regalato un primo applauso. Ho quindi cercato di ricostruire il clima politico non facile degli anni ’70 nell’intero pese ed a Trieste in particolare. Ma per Il Piccolo l’unica cosa degna di nota, “il fatto scioccante” era la prima battuta. Potevano così far intendere che i missini erano i cattivi e pericolosi ed io mi ritrovavo nelle insolite vesti di “casseur”:

Fortunatamente ciò che non ha voluto capire il cronista, è risultato chiaro a quanti hanno assistito alla Tavola Rotonda ed ai molti che hanno sottolineato la ridicola forzatura.

E’ a questo punto opportuno fare qualche considerazione su quanto sentito da parte di altri “protagonisti”.

L’on. Tombesi è una persona stimatissima, politico accorto ed intelligente, sensibile interprete di istanze che filtra e sublima per elevarle al mondo etereo della politica e del potere. Vedovo sconsolato della Democrazia Cristiana, difficilmente offre spunti di aggregazione a chi segue i suoi ragionamenti, che tendono semmai a stemperare le pulsioni, che a mio avviso devono invece restare base e spinta dell’agire nella società, anche se ciò può comportare dei rischi.

L’on. Cuffarro, capace affabulatore, ci ha fatto dimenticare che avevamo con noi il segretario regionale dei Comunisti italiani. Non ha detto assolutamente niente di sinistra. Sorvolando sul suo zelo di parlamentare PCI impegnato nel ’75 a fare da stampella a Moro e Rumor, ci ha ricordato che il preside del liceo (Marcia su Roma!) lo incaricava di arringare le folle studentesche di Sciacca che manifestavano a favore di Trieste italiana. Ci ha quasi commossi raccontandoci dei suoi familiari che avevano combattuto la prima guerra mondiale e che si erano immolati sul Carso. Un breve accenno ad ipotetiche clausole segrete del Memorandum di Londra, disponibilità ad un ulteriore approfondimento, e … buonasera. Troppo poco. Sembrava quasi che gli unici discoli, i politicamente scorretti, fossimo ancora, dopo trent’anni, Franzutti, de’Vidovich ed il sottoscritto.

Il Piccolo? Lo leggo e me ne frego.

Fulvio Depolo