“L’Unità”, nel suo numero datato sabato 30 novembre 1946, si occupava di “profughi”, coloro cioè che in quei giorni stavano scappando dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia per cercare rifugio in Italia. Di essi l’organo del Partito Comunista Italiano, a firma Piero Montagnani, scriveva testualmente.
“…Oggi ancora si parla di “profughi”: . . . Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. . . . Questi relitti repubblichini che ingorgano la vita delle città e le offendono con la loro presenza e con l’ostentata opulenza, che non vogliono tornare al loro paese d’origine perché temono di incontrarsi con le loro vittime, siano affidati alla Polizia che ha il compito di difenderci dai criminali, . . . coloro che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava. . . essi sono indotti a fuggire, incalzati dal fantasma di un terrorismo che non esiste” [leggi tutto l’articolo]
Sono parole estremamente gravi, che pesano come macigni, quanto quelle di Palmiro Togliatti ricordate dal Ministro Tremaglia (l’invito ai Triestini ad accogliere il 1 maggio ’45 le bande jugoslave come amici e liberatori).
All’on. Luciano Violante ed agli altri esponenti ex Pci che stanno (lodevolmente) denunciando i “silenzi” della sinistra su Foibe ed Esodo, vorremmo ricordare che la sinistra, all’epoca, non solo ha taciuto, ma ha anche parlato. Ed anche di quelle parole gli eredi di quella sinistra dovrebbero scusarsi: a nome dell’Unità, a nome di Palmiro Togliatti.