ITALIA, ITALIA, ITALIA!
Quante volte questo grido di speranza, quanta gente l’ha voluta, quanti civili e militi son morti per questa? Da secoli voluta e finalmente tornata appena nel 1954. Italiana nei secoli ma oggi, in un’Italia privata della sua sovranità popolare è necessario riflettere in questo appena trascorso 150° Anniversario, sulla nostra identità di frontiera.
Nasci a Trieste, frequenti le scuole, dove l’insegnante d’italiano t’insegna che Saba scrisse di “una città riservata e diffidente, graziosa di una grazia scontrosa e acerba”, quello di storia ti parla della Mittel-europa, della tradizione asburgica, del crogiuolo d’identità culturale e religioni locali, quello di geografia alla prima lezione non può non dire che Trieste confinava con la Slovenia, ma ora siamo entrambi paesi membri dell’UE.
Poi esci da scuola, frequenti le tue amicizie a spasso per la città, per la tua provincia, magari passi l’ex-valico di frontiera e succede quello che a molti ragazzi spesso capita: dubbi, domande perplessità, quello che vede è solo parte di quello che a scuola gli stanno insegnando.
Allora torni a casa, cominci a chiedere a tuo nonno e a tuo padre dei particolari di quelle che, fin l’altro giorno, reputavi le classiche storie e racconti sulla Trieste di un tempo e di quelle cose che ormai appartengono alla Storia. Lì capisci che quella parte di Storia ti appartiene molto di più di quanto pensavi fino a quel momento, quando le domande non te le facevi, non ci pensavi, non credi fossero possibili dei “vuoti storici” e che già tutto ti fosse insegnato a scuola.
Poi ci ripensi e ci ripensi su ancora, parli con gli amici a scuola e in compagnia durante il fine settimana, cerchi libri che a scuola non ci sono, scopri interi periodi storici della tua città che a scuola non sono citati, non ne senti parlare nemmeno per televisione.
Scoprire infine che i luoghi in cui si vive, sono colmi di una storia nascosta. Pare assurdo ma purtroppo è molto comune, che ad oggi, i ragazzi delle scuole medie e superiori non conoscano la loro storia.
Scoprirsi italiani da sempre. (la storia di Nicolò)
E’ domenica. Passo per via Battisti, ho il ritrovo in piazza Oberdan per andare in osmiza con gli amici, passiamo per le rive Nazario Sauro a prendere Giuliano che ha parcheggiato là e poi, si va, verso il Carso.
Per curiosità, durante il tragitto, cerco su Google con l’I-Phone i nomi di queste vie e trovo che di Guglielmo Oberdan, il Carducci lo commemora con un epigrafe:-morto santamente per l’Italia- impiccato a 24 anni, di Cesare Battisti e Nazario Sauro leggo delle loro gesta militari, del loro ultimo grido “Viva l’Italia” prima di esalare l’ultimo respiro. Tutti eroi nazionali che subirono il supplizio per mano austriaca perché patrioti italiani, martiri per queste terre e in tutta Italia sono presenti iscrizioni dove sono ricordati perché votati all’ammirazione dei secoli. Oltre 2.000 furono i volontari giuliani che partirono per il fronte durante la Prima Guerra Mondiale, ma a scuola nessuno me l’ha mai detto, nonostante le strade della mia città portino i loro nomi.
Arriviamo in osmiza, vicino a noi un gruppo di ragazzi parla in sloveno, distinguo nel loro vociare solo i nomi Berlusconi e Monti, poi se la ridono peggio di Sarkozy e Merkel messi assieme, il resto del discorso non lo capisco; mentre a un altro tavolo un paio di ragazzi parlano di quanto la crisi economica abbia colpito Trieste, ricordando, senza averlo vissuto, l’Impero Asburgico e di quanto si stava bene all’epoca, son certi che sotto il dominio austriaco staremmo meglio.
Lunedì ritorno da scuola, mi tuffo su internet alla ricerca di quello che in classe non mi è dato sapere: leggo di ragazzi che nel 1953 persero la vita negli scontri di piazza davanti alla chiesa di Sant’Antonio, manifestavano per l’italianità di Trieste. Trovo dei link correlati, li apro, raccontano che, solo per l’esser italiani, 350.000 connazionali furono costretti all’esilio dalle terre natie di Istria, Fiume e Dalmazia per sfuggire alla repressione dei partigiani del Maresciallo Tito e che nel 2004 e non prima viene istituita con legge la Giornata del Ricordo dei Martiri delle Foibe.
Comprendi allora che questa terra che abiti è cosparsa di sangue. Continuo a studiare per conto mio e vengo a sapere di giovani che, a guerra finita, mentre nel resto d’Italia imperversava la guerra civile, qui a casa nostra, si arruolavano volontari in reparti a difesa di queste terre, sopra ogni scelta di regime o politica, ma solo ed esclusivamente per impedire l’invasione titina fino al Tagliamento, per l’onore d’Italia davano i loro anni più belli, i miei anni, quelli che ho io. Ma allora è grazie alla difesa territoriale della Venezia-Giulia che oggi parliamo italiano, a scuola mi parlano sempre e solo di americani e partigiani.
Certo è che qualcuno decise dove porre la linea che separò il popolo dalla sua terra, con dei Trattati che non fanno trovar pace in chi ancora oggi, attende le proprie case confiscate dall’Ex-jugoslavia e aspetta di sapere in quale luogo andar a ricordare i propri famigliari dispersi a guerra finita, prelevati dai titini. A Trieste come in Istria sono mille le storie delle barbarie titine, come quella di Norma Cossetto, Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa sua razziando ogni cosa, poi la prelevarono, lei rifiutò di collaborare, due giorni dopo iniziò il suo martirio. Fissata a un tavolo con alcune corde, fu violentata da diciassette aguzzini, quindi gettata nuda nella Foiba poco distante. Aveva ventiquattro anni, gli stessi anni di mia sorella Marina. Tremo sconvolto dai brividi.
Com’è possibile allora che, se per secoli la terra dei miei padri ha nutrito un amore così forte e puro per l’Italia, non ci sia traccia nei miei libri di testo?
Altri miei amici m’hanno raccontato che ci son stati dei ragazzi che manifestarono per anni, una volta siglato il Trattato di Osimo del 1975, scendendo nelle piazze e per le vie di Trieste, ma in questi sessant’anni di repubblica, l’opinione pubblica lì ha relegati sempre al margine della società, erano i giovani del Fronte della Gioventù. Ma mentre questi sono ancora definiti come fascisti, vedo ogni anno sfilare per i rioni di Trieste, sotto striscioni in sloveno, cortei che ricordano l’ingresso del 1° maggio 1945 del XI Korpus di Tito, i 40 giorni di occupazione titina.
Che strano poi, ogni volta che si va in Istria, quei posti mi parlano di Venezia, trovo il passaggio della civiltà romana, visitando i centri storici ogni luogo mi affascina, lo sento così mio, così italiano. Sembra che anche le pietre parlino la mia lingua.
Allora ho capito, la cosa più importante che questa mia terra ha sempre voluto non è l’esser italiana, lo è sempre stata nei secoli, per sentimento, cultura e lingua, quello che ha sempre voluto è la Libertà. Libera dalle occupazioni, dalle sottomissioni, dai tentativi di annessione, libera dallo straniero.
Martedì torno in classe, ho storia le prime due ore, ma ho una notte alle spalle, passata a sognare, da sveglio, una notte piena di domande pronte da fare alla mia prof. di storia. Sono pronto, son certo di fare bella figura non solo con lei, ma anche con i miei compagni di classe, son di certo preparato sul tema di storia contemporanea.
Alzo la mano, intervengo, racconto ciò che ho letto ed imparato, alla fine gli faccio delle domande a riguardo. Lei mi risponde: -Nicolò, fuori dalla classe, ma dove ti credi di essere, cos’è sta orazione da estremista?- I miei amici restano muti, io esco nel silenzio, ma prima di chiudere la porta gli rispondo alla prof.: -A casa mia prof., a Trieste! E lei?-
Ho capito d’esser italiano appena oggi, m’è costato una nota sul registro, ma mi è venuto così naturale. L’hanno capito anche i miei compagni di classe che m’han detto: -Nicolò, che coraggio!-. Ho imparato allora che quest’amor patrio che noi triestini ancora abbiamo, in questo percorso secolare diverso dal resto d’Italia, altro non è che fede e credo puro, la nostra identità non può esser altro che l’affermarsi, prima di tutto, di essere italiani.
Nicolò
ringraziamo Daniele Mosetti