dal sito della Regione Toscana
Giorno del Ricordo: Rossi, dalla Toscana un esempio di convivenza civile
Il presidente della Giunta regionale nel suo intervento ha ricordato la solidarietà della città di Livorno, che accolse circa mille esuli dalmata-istriani, vittime della persecuzione della Jugoslavia di Tito
Firenze – “Tra il 1947 e il 1956 la città di Livorno accolse circa mille esuli dalmata-istriani, dando prova di grande solidarietà verso le vittime della persecuzione della Jugoslavia di Tito. E ciò avvenne in una città poverissima, dove il dare aiuto a cittadini non livornesi poteva apparire criticabile, e in una città ‘rossa’, dove gli italiani costretti all’esodo istriano erano guardati col sospetto d’essere fascisti. Eppure non si registrò nessun atto di violenza e nessuna contestazione”. Lo ha ricordato il presidente della Regione, Enrico Rossi, intervenendo in chiusura della seduta solenne del Consiglio regionale celebrata in occasione del Giorno del Ricordo. Rossi ha citato l’esempio di Livorno, “perché esso rappresenta in concreto lo spirito di convivenza civile che da sempre contraddistingue la Toscana”. Convivenza civile e memoria condivisa sono i due principi a cui Rossi ha fatto più volte riferimento nel corso del suo intervento, all’inizio del quale ha affermato che il Giorno del Ricordo è il momento in cui “prendiamo atto che si è finalmente aperta una discussione che vuole ricordare le vittime delle Foibe e dell’esodo dalmata-istriano e i loro congiunti. È il momento in cui vogliamo riconoscere la sofferenza delle vittime e dei loro cari e in cui vogliamo rendere onore a questo dolore”. Rossi, parlando della necessità di conoscere il recente passato per incentivare la crescita della vita pubblica e dare un contributo alla vita democratica del futuro, ha definito le Foibe “una violenza cieca”, che merita “la nostra totale esecrazione, esattamente come tutte le stragi e le violenze da qualsiasi parte esse siano state condotte, senza tentennamenti e senza fare distinzioni ideologiche”. Per questo ha citato la Costituzione italiana che afferma “i diritti intangibili di ogni individuo” e che “sancisce il rispetto dell’altro”. “Ai giovani – ha aggiunto – dovremo porre questa riflessione, affinché, superata finalmente la stagione delle ideologie, si apra la stagione della speranza”. La seduta solenne si è chiusa con l’esecuzione dell’inno nazionale. (lm)
Giorno del Ricordo: Benedetti, la riconciliazione passa dalla verità
Gli interventi del vicepresidente del Consiglio regionale e dell’avvocato Paolo Sardos Albertini, presidente di Lega nazionale, la storica associazione di difesa dell’italianità di Trieste e della Venezia Giulia
Firenze – “Oggi che in Italia abbiamo posto fine ad un ingiustificabile silenzio e che siamo impegnati in Europa a riconoscere nella Slovenia un amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato all’ingresso nell’Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza che, sia in seno al popolo italiano, sia nei rapporti tra i popoli, parte della riconciliazione, che fortemente vogliamo, è la verità. E quello del Giorno del Ricordo è precisamente un solenne impegno al ristabilimento della verità”. Lo ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio regionale, Roberto Benedetti, nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale, dedicata alla memoria di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. E’ stato l’avvocato Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega nazionale, la storica associazione per la difesa dell’italianità di Trieste e della Venezia Giulia, ad entrare nel merito di quelle vicende storiche, sottolineando che “non basta sapere, ma occorre capire perché, dare un senso a quella tragedia”. “Non è stato un evento casuale, ma un’operazione con una regia ben precisa – ha affermato Albertini – Tito stava costruendo il suo stato nazionale ed il terrore era funzionale a questo disegno. Non solo per costringere gli italiani ad andare via, ma anche per tenere a bada le varie etnie, che si odiavano ferocemente fra loro”. Come spiegare gli oltre cinquant’anni di silenzio sulla più grande tragedia nella storia del nostro paese? La divisione del mondo in blocchi e la particolarità dello stato jugoslavo sicuramente hanno pesato non poco, ma, secondo Albertini, la spiegazione va ricercata “nell’oblio dell’idea di Patria” che ha segnato la storia recente della nostra Repubblica. “Non si celebrano adeguatamente i 150 anni della nostra unità nazionale se non facciamo una riflessione anche su questi eventi – ha concluso – Una riflessione che ci farebbe sentire tutti più vicini. E’ nel ricordo delle tragedie che le famiglie ritrovano più facilmente la loro unità”. (dp)
Giorno del Ricordo: Monaci, respingere ogni tentativo negazionista
Il presidente apre la seduta solenne, dedicata agli italiani uccisi nelle foibe e a tutti gli esuli giuliano-dalmati: “Ignorato per sessant’anni il massacro per mano dei partigiani di Tito”
Firenze – “Così come da qualche tempo si va tentando da troppe parti di negare la tragedia dei campi di sterminio nazisti, non è del tutto sopito il tentativo di taluni di negare quest’altra tragedia, quella degli italiani massacrati nelle foibe. Noi siamo qui, in quest’aula, anche per contrastare questi tentativi: perché gli innocenti massacrati sono tutti uguali”. Così Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale, che con il suo intervento ha aperto la seduta solenne per il Giorno del ricordo. Una seduta dedicata a “uomini, donne, vecchi e bambini gettati nei crepacci spesso ancora vivi, destinati a un’agonia lunga e terribile, in mezzo ai corpi dei morti e dei vivi ancora per poco”. Gli italiani massacrati nelle foibe, in nome di “una vera e propria pulizia etnica”. “Oggi – ha detto Monaci – ricordiamo gli italiani giustiziati nelle piazze e nelle strade perché italiani, e non solo quelli che avevano indossato la divisa fascista: ma anche i dirigenti dell’azione cattolica, gli azionisti, i laici e tutto quel mondo di esponenti collegati al Comitato di Liberazione Nazionale”. Una furia che travolse gli esuli giuliano-dalmati, vittime “della feroce repressione rimasta nascosta agli occhi e alla coscienza nazionale per decenni e per ragioni di “realismo politico”, perché il “regime comunista di Tito era considerato un baluardo verso il blocco comunista dell’Est”. Per questo, ha ricordato il presidente, per sessant’anni “le vicende dolorose che hanno travolto la vita di tante famiglie sono state relegate ai cenacoli di politici e storici”, senza essere raccontate e quindi condannate. “Non è per sete di vendetta che ricordiamo la violenza liberticida e assassina che maturò nel gioco degli opposti nazionalismi e quindi nel regime comunista di Tito” ha poi precisato Monaci: ma per “ricacciare con fermezza ogni tentativo negazionista”. E per riaffermare la cultura del rispetto e della convivenza, nell’ottica dei valori della nostra Costituzione. Il presidente ha quindi ringraziato la Provincia di Lucca che, quest’anno per la prima volta, ha partecipato alla seduta solenne del Giorno del ricordo. (Cam)