Il 26 ottobre 1954 il tricolore d’Italia tornò a sventolare sulla Piazza dell’Unità, a Trieste. Una folla immensa di cittadini, piena di entusiasmo e di commozione, scese quasi di corsa le vie del centro per convergere sulle rive e sulla piazza, per salutare il ritorno della madre patria nella più italiana delle città italiane, dopo 11 anni di incertezze e di presenze straniere. Tedeschi, Jugoslavi, Americani, Inglesi si erano avvicendati a Trieste, gestendo nel bene e nel male l’amministrazione della città, lasciando alle spalle anche tragedie, incomprensioni, vendette, rimpianti, lutti.
La popolazione di Trieste, in quegli anni, aveva sofferto più di ogni altra popolazione italiana ed aveva atteso con ansia e trepidazione le decisioni generate dalla diplomazia. Persi i territori dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia, si sperava che il Territorio Libero di Trieste, creato con il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947, potesse essere restituito integralmente all’italia, in ragione della scelta occidentale ed atlantica di De Gasperi.
Ma intervennero la guerra fredda fra est ed ovest, la rottura fra Tito e Stalin, le difficoltà politiche. Il Memorandum di Londra, del 5 ottobre 1954, espresse la decisione franco-anglo-statunitense di trasferire l’amministrazione della Zona A (da Duino a Muggia) del Territorio Libero di Trieste alla Repubblica Italiana. La Zona B (da Ancarano al fiume Quieto) sarebbe rimasta alla Jugoslavia. Alcuni piansero, alcuni ringraziarono Iddio. Dopo tre settimane dal Memorandum di Londra, il 26 ottobre 1954, vi fu l’entrata delle truppe e delle autorità politiche italiane a Trieste, per assumerne l’amministrazione. Per la gente comune si trattò della fine di un incubo, la gioia di poter legittimamente annodare al collo la bandiera italiana e di cantare “Le Campane di San Giusto”.
Paolo Emilio Taviani, allora Ministro della Difesa, annotò nel suo diario, ricordando quel 26 ottobre: “Bersaglieri e marinai italiani sono entrati in Trieste. L’abbraccio della folla – poichè di vero e proprio abbraccio si è trattato- è stato così appassionato e strabocchevole, da rendere impossibile la prevista cerimonia ufficiale del passaggio dei poteri. Travolti tutti i cordoni. Scene di delirio. Le ragazze triestine impazzite. L’entusiasmo dei giovani e degli anziani ha accomunato – di là dalle differenze di generazione, di ideologia e di partito- tutta Trieste in un’unica famiglia, nel suo ricongiungimento con la grande famiglia: l’Italia.”
Dopo 56 anni la città ricorda, affinchè si rifletta. Illuminare il Municipio con i colori della bandiera è un atto di esagerato nazionalismo? No, è un messaggio silenzioso, che sottintende la comprensione del passato: nulla fu facile ed il bicchiere è mezzo pieno.
Stefano Pilotto