BENI ABBANDONATI: IL VERO CONTENUTO DELLA SENTENZA CROATA

Sulla recente sentenza della Corte Suprema Croata abbiamo letto tante dichiarazioni trionfalistiche al limite del ridicolo.

Pubblichiamo un promemoria dell'avv. Gian Paolo Sardos Albertini (delegato della Lega Nazionale a Verona) nel quale vengono chiariti i termini della situazione.

INFORMAZIONI SULLO STATO ATTUALE DEL PROCEDIMENTO DI DENAZIONALIZZAZIONE E SULLA RECENTE PRASSI

 

 L’Atteggiamento degli Uffici amministrativi di primo grado e del Ministero di Giustizia della Repubblica di Croazia, quale ufficio amministrativo di secondo grado, era quello di respingere tutte le domande di denazionalizzazione presentate dai cittadini stranieri (pure quelli italiani) in conformità alla Legge 80/02.

 

La motivazione era che – in base alla interpretazione di tali uffici amministrativi – la legge richiedeva come presupposto per la partecipazione dei cittadini stranieri alla denazionalizzazione che la Croazia stipulasse con lo stato di riferimento, nel nostro caso l’Italia, un specifico trattato che autorizzasse la partecipazione degli stranieri nel procedimento in questione.

 

Con sentenza del Tribunale amministrativo della Repubblica di Croazia (massima istanza di giustizia amministrativa in Croazia) n. Us-7912/2003-13 de 14 febbraio 2008 nel decidere in un caso concreto sono state dichiarate illegittime le precedenti decisioni dell’Ufficio di amministrazione statale di Zagabria (organo di I grado) e la susseguente decisione del Ministero di Giustizia della Croazia (Organo di II grado) con cui era stata confermata la decisione dell’organo di I grado di respingimento della domanda di denazionalizzazione del cittadino straniero (sprovvisto di cittadinanza croata) il cui stato di appartenenza (Brasile) non aveva stipulato un apposito trattato internazionale con la Croazia, con cui si autorizzasse a tale cittadino la partecipazione alla denazionalizzazione.

 

La novità è ancora più rilevante se si tiene conto del fatto che la sentenza citata è stata adottata a seguito della Conclusione del 8 febbraio 2008 della Sezione giuridico – patrimoniale del Tribunale amministrativo della Repubblica di Croazia inerente alla posizione dei cittadini stranieri nel procedimento di indennizzo per i beni sottratti dal regime comunista jugoslavo, che si traduce integralmente:

 

“CONCLUSIONE

 

Le persone che non sono cittadini della Repubblica di Croazia (cittadini stranieri e apatridi) hanno il diritto all’indennizzo per i beni sottratti – in base alla Legge sugli indennizzi per i beni sottratti durante il regime comunista jugoslavo (Gazzetta ufficiale numero: 92/96, 39/99, 42/99, 92/99, 43/00, 131/00, 27/01, 65/01, 118/01, 80/02 e 81/02) ad eccezione del caso in cui la questione dell’indennizzo per i beni loro sottratti sia stato risolto da trattati internazionali.

 

Le persone di cui al comma 1. di questa conclusione sono equiparate nei loro diritti con i cittadini della Repubblica di Croazia in relazione all’indennizzo per i beni sottratti, ad eccezione per il diritto alla restituzione naturale qualora il riconoscimento di tale diritto è contrario alle altre leggi che determinano su quali immobili i cittadini stranieri non possono avere né acquisire il diritto di proprietà nel quale caso queste persone hanno diritto all’indennizzo in altra forma invece della restituzione”.

Le conclusioni e le sentenze del Tribunale amministrativo della Repubblica di Croazia sono obbligatorie per tutti gli organi amministrativi, dunque pure per il Governo croato.

 

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L’Avvocatura Generale della Repubblica di Croazia, per conto del Governo Croato aveva impugnato tale decisione con un ricorso straordinario alla Corte Suprema della Repubblica di Croazia.

 

Si sa solamente che la Corte Suprema della Repubblica di Croazia (che sarebbe una sorta di Cassazione croata) ha confermato la decisione precedente e, quindi, è possibile capire gli effetti che ne derivano.

 

Nella sostanza si può dire che rimangono ancora esclusi dai diritti previsti dalla Legge sugli indennizzi per i beni sottratti durante il regime comunista jugoslavo (Gazzetta ufficiale numero: 92/96, 39/99, 42/99, 92/99, 43/00, 131/00, 27/01, 65/01, 118/01, 80/02 e 81/02) i c.d. “optanti” ovvero gli esuli che hanno conservato la cittadinanza italiana optando in base ai trattati italo jugoslavi stipulati a seguito del Trattato di pace del 1947 ed i cui beni immobili sono stati nazionalizzati in base ai trattati italo jugoslavi stipulati a seguito del Trattato di pace del 1947. Ciò ricomprende pure la posizione degli eredi degli “optanti”, ovviamente. Trattasi della maggior parte dei nostri esuli che hanno dovuto abbandonare l’Istria, Fiume e la Dalmazia.

 

Rimangono esclusi pure i soggetti ai quali i beni immobili sono stati nazionalizzati direttamente in base all’art. 79 del Trattato di pace del 1947, ovvero i beni, diritti ed interesse delle persone fisiche e giuridiche italiane situate nei territori facenti parte del Regno di Jugoslavia di prima del 10giugno 1940 (soprattutto in Dalmazia esclusa Zara, Lagosta e Pelagosta).

 

Hanno diritto a partecipare al procedimento di denazionalizzazione in base alla decisione della Alta Corte esclusivamente:

 

  1. Gli esuli che si sono trasferiti per svincolo (congedo) dalla cittadinanza jugoslava – ai quali per vari motivi le autorità jugoslave non autorizzavano il diritto di opzione – in quanto una legge interna jugoslava prevedeva la nazionalizzazione di tutti gli immobili in proprietà del soggetto che perdeva la cittadinanza jugoslava per “svincolo” con effetto al giorno di adozione del decreto di svincolo dalla cittadinanza jugoslava. In questo caso la nazionalizzazione era disposta da una legge (interna) jugoslava e non da un trattato internazionale;
  2. I 500 esuli (o i loro eredi) che sono stati inseriti nella Lista A degli optanti ai quali in base ai trattati italo – jugoslavi è stata concessa la libera disponibilità dei loro immobili in conformità alla legislazione jugoslava vigente (c.d. trattamento nazionale). Essendo loro garantito il “trattamento nazionale” i loro beni immobili potevano essere nazionalizzati ma solo nei casi in cui potevano essere nazionalizzati i beni immobili ai cittadini jugoslavi. Anche in questo caso la nazionalizzazione avveniva mediante una legge (interna) jugoslava e non in base a trattati internazionali;
  3. Gli esuli (o i loro eredi) che hanno acquisito per successione mortis causa, in conformità alla legislazione jugoslava, dei beni immobili dai loro genitori, nonni o zii rimasti nei territori ceduti alla Jugoslavia senza “optare” e che sono deceduti nel II dopoguerra come cittadini jugoslavi. Essendo loro garantito il “trattamento nazionale” i loro beni immobili potevano essere nazionalizzati ma solo nei casi in cui potevano essere nazionalizzati i beni immobili ai cittadini jugoslavi. Chiaramente pure in questo caso la nazionalizzazione avveniva mediante una legge (interna) jugoslava e non in base a trattati internazionali.

 

Ringrazio per la collaborazione nella stesura della presente relazione l’Avv. Tiziano Sosic di Pola.

 

Avv. Gian Paolo Sardos Albertini