Breve storia della Lega Nazionale – articoli di Stefano Pilotto

Stefano Pilotto su Il Piccolo del 23 novembre, il 25 novembre ed il 4 dicembre 2021

La storia di un’associazione si fonde con la storia di una città e ne attraversa tutte le vicende, liete o dolorose, diventandone lo specchio fedele e l’archivio interiore. La ragione di esistenza della Lega Nazionale è direttamente legata alla storia del XIX secolo e, in particolare, sia allo sviluppo del concetto romantico di Nazione, sia a quel grande movimento di opinione che, dopo il lento e complesso processo di unificazione, avvenuto fra il 1861 e il 1870, avrebbe caratterizzato le passioni di gran parte del popolo italiano: l’irredentismo.

Dopo che Venezia (1866) e Roma (1870) entrarono a far parte del Regno d’Italia, la questione si pose per gli altri territori limitrofi abitati da secoli da popolazioni autoctone caratterizzate dalla preminente cultura romana e veneta.

Queste terre (il Trentino, la Venezia Giulia, l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia) vennero indicate da Matteo Imbriani nel 1877 come le “Terre Irredente”, vale a dire le terre che ancora dovevano essere liberate per essere accolte nella madrepatria italiana.

Il progetto

Si sviluppò un consistente movimento di opinione tendente a favorire la prosecuzione dell’azione risorgimentale, onde completare il progetto ideale mirante a costituire uno Stato italiano che comprendesse al proprio interno tutti i territori contigui alla penisola popolati prevalentemente da cittadini di lingua e cultura italiana. In tal modo nacquero le associazioni, i giornali, le riviste che sostennero il progetto irredentista.

Nello stesso 1877 nacque l’Associazione pro Italia Irredenta, diretta dal Generale Giuseppe Avezzana, nel febbraio 1878 Matteo Imbriani fondò a Napoli l’organo irredentista L’Italia degli Italiani per incoraggiare una presa di coscienza generale di fronte alle possibilità che la politica estera romana della Sinistra Storica, al potere dal 1875, avrebbe avuto in sede di Congresso di Berlino di fronte alle crisi balcaniche.

Fu quello un periodo straordinariamente intenso, in cui l’Irredentismo visse momenti di grande popolarità, alternati a momenti di declino. Quando, nel 1882, l’Italia aderì alla Triplice Alleanza con Germania ed Austria-Ungheria, le speranze degli irredentisti parvero tramontare e proprio nei mesi immediatamente successivi alcuni patrioti, come Guglielmo Oberdan, cercarono anche con azioni di estremo sacrificio di risvegliare gli animi di coloro che sembravano essersi rassegnati ad una politica di amicizia nei confronti di Vienna e, quindi, ad una politica di rinuncia delle Terre Irredente.

I sodalizi

Il governo di Crispi orientò l’attenzione dell’opinione pubblica verso le conquiste coloniali (Eritrea, Somalia) per attenuare gli entusiasmi irredentisti e per rispettare con coerenza gli impegni assunti nei confronti di Vienna mediante la Triplice Alleanza.

Ma vaste frange della popolazione, sia in Italia che in seno ai territori popolati da italiani in Austria-Ungheria, continuarono a sostenere l’ideale dell’annessione di tali Terre Irredente alla madrepatria italiana.

Nacquero nuove associazioni, come la Pro Patria, nel Trentino, nel 1885-1886, per contrastare le iniziative asburgiche (come ad esempio il Deutscher Schulverein), che avevano mirato a rafforzare la cultura austriaca nei territori limitrofi al Regno d’Italia.

Il testimone

Lo scioglimento della Pro Patria, nel 1890, dopo soli quattro anni di attività, offrì lo spunto per un’esperienza di carattere simile, che compensasse il vuoto lasciato. In quel contesto prese corpo l’idea di creare una nuova associazione a Trieste, la Lega Nazionale, che riprendesse lo statuto della Pro Patria e ne perpetuasse l’azione per tutelare la lingua, la cultura e l’identità delle comunità di italiani viventi in seno all’Impero Asburgico nel Trentino, nella Venezia Giulia, in Istria, nel Quarnero e in Dalmazia.

Da quel momento (1891), la Lega Nazionale diventò progressivamente il punto di riferimento più solido e più costante per lo sviluppo della identità italiana, attraverso attività di natura sociale offerte ai giovani, nel campo culturale, sportivo e dialettico.

Il sostegno alla creazione di nuove scuole, alle istituzioni parascolastiche come i ricreatori comunali, e ai progetti di naturale aggregazione della gioventù proiettarono la Lega Nazionale verso un ruolo centrale nell’ambito della vita locale.

Il lavoro di assistenza allo studio e di avviamento allo sport compiuto mediante i ricreatori comunali, ad esempio, risultò di grande spessore per tutta la città di Trieste e per i territori del Trentino, Istria e Dalmazia.

La penetrazione

Precise carte dell’epoca individuavano la localizzazione di “gruppi, scuole e giardini della Lega Nazionale”, sottintendendo il carattere capillare dell’azione laica e patriottica condotta dall’associazione.

L’azione sempre pacifica della Lega Nazionale (come disse Riccardo Pitteri nel 1912 “da essa non è mai uscita una sola parola di odio e sono uscite sempre mille parole di amore”) avrebbe successivamente posto l’associazione davanti alla prova più difficile dell’inizio del ventesimo secolo, lo scoppio della prima guerra mondiale e il confronto cruento fra Italia e Impero Austro-Ungarico.

Alla vigilia della prima guerra mondiale la Lega Nazionale aveva più di 45.000 soci e oltre 70 istituti scolastici. La sua azione fu sempre moderata: come scrisse Riccardo Pitteri (carismatico presidente della Lega Nazionale dal 1900 al 1914), in una comunicazione del 1911 “essa innalza i baluardi pacifici dell’istruzione e della civiltà là dove son chiesti”.

Lo scoppio della Grande guerra, tuttavia, suscitò la reazione degli austriaci nei confronti delle istituzioni che, attraverso l’uso della lingua italiana, avevano manifestato un sostegno esplicito alla politica romana: il 23 maggio 1915 la sede de Il Piccolo e della Lega Nazionale vennero date alle fiamme, così come altre sedi in odore di irredentismo (la Società Ginnastica Triestina, il Caffè San Marco,…) vennero attaccate.

Lo scioglimento

La Lega Nazionale fu sciolta dalle autorità austriache e molti suoi soci scelsero di vestire l’uniforme del Regno d’Italia, parteciparono alla guerra e sacrificarono la loro giovane vita per la causa della patria. Alcuni di essi ottennero la medaglia d’oro al valor militare (Nazario Sauro, Francesco Rismondo, Guido Corsi, Scipio Slataper, Giacomo Venezian), altri la medaglia d’argento (Ruggero Fauro Timeus).

La guerra travolse tutto e sconvolse temporaneamente ogni previsione: dopo le undici battaglie vinte nell’area dell’Isonzo la sconfitta italiana di Caporetto, alla fine di ottobre del 1917, parve delineare una vittoria degli imperi centrali, il tramonto degli ideali risorgimentali italiani ed il declino definitivo dell’irredentismo.

I mesi del 1918, tuttavia, accompagnarono l’auspicato rovesciamento delle sorti e prepararono una vittoria finale che suggellò il coronamento delle speranze irredentiste.

Un periodo difficile

Il periodo della guerra fu molto duro per la Lega Nazionale e per la città di Trieste. Silvio Benco, nel discorso di commemorazione di Riccardo Pitteri (deceduto a Roma il 24 ottobre 1915), tenuto a Trieste il 26 ottobre 1919, non esitò a ricordare che durante la guerra “la città era livida, muta e taciturna, mentre si correva con gli sbirri a scovare nelle case i calendari della Lega Nazionale e i busti di Dante”.

La rinascita

Dopo la vittoria e la prima redenzione, la Lega Nazionale si ricostituì rapidamente, ma si trovò ad esprimere la sua funzione di custode dell’identità italiana del Trentino, della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia in un contesto profondamente diverso da quello in cui essa aveva operato prima della grande guerra.

La sua funzione di sostegno della cultura italiana giovò al negoziato diplomatico per la delimitazione dei confini fra Regno d’Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ma dopo la firma del Trattato di Rapallo (12 novembre 1920) essa si trovò ad operare all’ombra della nuova azione dello stato italiano, sia dello stato liberale (fra il 1920 ed il 1922) sia di quello fascista (dal 1922 in poi), i quali si orientarono a gestire in modo sempre più centralizzato l’educazione della gioventù.

Nel corso degli anni Venti, pertanto, l’autonomia della Lega Nazionale si andò sempre più restringendo, soprattutto in relazione alla crescente parallela attività dell’Opera Nazionale Assistenza Italia Redenta (Onair), dell’Opera Nazionale Balilla e della Società Dante Alighieri a livello nazionale ed internazionale.

Un altro tramonto

La decisione di autoscioglimento da parte della Lega Nazionale, alla fine degli anni Venti e che prese corpo concretamente all’inizio degli anni Trenta, fu dettata dal desiderio di non confliggere con l’opera amministrativa ed educativa dello Stato italiano del tempo, cioè lo Stato fascista. Il rischio era di creare sovrapposizioni e quindi tensioni che avrebbero potuto creare momenti di incoerenza o finanche di imbarazzo con il governo di Mussolini, proprio da parte di un’associazione che aveva fatto dell’amor di patria il proprio scopo di vita. Fu una decisione consapevole, che taluni ritennero definitiva, ma che definitiva non fu. Quando, dopo la rovinosa sconfitta italiana nel corso della seconda guerra mondiale, l’incolumità delle popolazioni dei territori orientali della penisola e la sopravvivenza della loro cultura furono poste in serio pericolo, la Lega Nazionale si ricostituì con una velocità sorprendente, per correre in soccorso a quanti desideravano provare a limitare i danni della capitolazione.

Lucia Daurant, nel suo bel libro su Riccardo Pitteri scritto nel 1931, aveva ricordato che nel corso del periodo precedente la prima guerra mondiale la Lega Nazionale era diventata il simbolo della patria negata.

Lo sarebbe stata anche dopo il 1945, in un contesto certamente diverso ed ancor più drammatico.

La seconda guerra mondiale sconvolse i territori orientali italiani e le loro popolazioni. Violenze d’ogni genere e intensità si abbatterono sui villaggi, sulle case, sulle famiglie. Gli italiani della Venezia Giulia, dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia pagarono doppiamente le conseguenze d’una guerra perduta, pagarono per tutti: rastrellamenti, campi di prigionia, foibe, esodo. Per loro tutti e per coloro che assistettero a tali tragedie calò rapidamente il velo oscuro del dolore sul volto della patria.

Fu in quei mesi, dopo il giugno del 1945, che la Lega Nazionale riprese a vivere, si ricostituì, venne cercata ed invocata: laddove occorreva issare un tricolore morale sulle infauste sorti delle popolazioni l’associazione era presente con l’amorevole dedizione dei suoi 180.000 soci. Gli studi compiuti da Roberto Spazzali nel 1986 sulla rifondazione della Lega Nazionale dopo la seconda guerra mondiale permisero di fare luce sulle circostanze peculiari che accompagnarono tale rinascita, in un periodo difficilissimo e complicatissimo quale fu quello dei primi anni del secondo dopoguerra.

In quel contesto l’opera di Don Eduardo Marzari si rivelò decisiva: la voce della Chiesa Cattolica in difesa dell’italianità di Trieste e dei territori orientali si levò con discrezione e moderazione, trasmettendo un sostegno incipiente che avrebbe confortato il contributo ben più esteso dei mesi successivi.

La presenza delle truppe anglo-americane a Trieste e delle truppe jugoslave in Istria, Quarnero e Dalmazia generarono timore ed incertezza in seno alle popolazioni italiane, le quali attesero con dignità e trepidazione le decisioni delle potenze in ordine ai nuovi confini. L’esodo dai territori orientali si intensificò progressivamente in seguito alle azioni di intimidazione e di terrore perpetrate dalla parte jugoslava a danno degli italiani, come l’attentato di Vergarolla, vicino a Pola, del 18 agosto 1946. Con il trattato di pace del 10 febbraio 1947 l’Italia perse ineluttabilmente l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia.

Il Territorio Libero di Trieste, diviso in due zone, avrebbe – malgrado tutto – generato un barlume di speranza per quanto riguardava il recupero di tale area da parte dell’Italia. In quegli anni la Lega Nazionale, in armonia con il sostegno delle personalità locali (Gianni Bartoli, Francesco Addobbati, Fulvio Anzellotti, Diego Guicciardi, Baccio Ziliotto e molti altri) agì per sensibilizzare la popolazione.

Il 5 e 6 novembre 1953 furono sei le vittime della Lega Nazionale (Pierino Addobbati, Francesco Paglia, Antonio Zavadil, Nardino Manzi, Erminio Bassa, Saverio Montano), cadute sotto il fuoco delle truppe britanniche davanti alla chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, ad aprire la strada alla seconda redenzione di Trieste. Le potenze occidentali (Francia, Stati Uniti d’America, Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord) si resero conto del fatto che Trieste era e voleva essere italiana ed in meno di un anno, il 5 ottobre 1954, decisero di trasferire l’amministrazione della Zona A del Territorio Libero di Trieste alla Repubblica Italiana.

La Lega Nazionale visse in prima persona quella data straordinaria per la città di Trieste, ma non trascurò la sofferenza degli italiani della Zona B, che sarebbe rimasta alla Jugoslavia. Nel corso dei decenni successivi, come avrebbero dimostrato le ricerche di Alfieri Seri (1971), di Aldo Secco (1995), di Diana De Rosa (2000) e di Diego Redivo (2005), l’attività della Lega Nazionale si sarebbe diretta alla paziente tutela della cultura italiana nella Venezia Giulia, in Istria, Quarnero e Dalmazia, alla protezione della memoria storica relativa alle vicissitudini delle popolazioni dei territori orientali, ma anche alla custodia dei luoghi museali particolarmente significativi riguardo tali vicissitudini, come il Museo del Risorgimento ed il Centro di Documentazione della Foiba di Basovizza.