Esce quanto mai opportuno l’ultimo saggio di Bruno de Donà, storico e giornalista cadorino, ormai da anni impegnato nella nobile e inattuale difesa dei valori nazionali. Porta il carducciano titolo di “… Fino al dì, verdi retiche vette, che su voi splenda l’asta latina … Ricordo di Ettore Tolomei, l’irredentista dell’Alto Adige” e si pubblica come estratto degli Atti e Memorie dell’Ateneo di Treviso, anno accademico 2006/2007, nuova serie, numero 24.
Dicevamo opportuno, ma aggiungiamo meritorio e coraggioso saggio, perché ci vuole un coraggio che consegue dal merito per occuparsi di un illustre patriota come Ettore Tolomei, che solo le anime pavide vogliono figura controversa. De Donà ripercorre con acribia le vicende biografiche dell’irredentista di Rovereto – era nato infatti nella città tridentina nel 1865 – dalla laurea in Lettere a Roma nel 1887 all’adesione alla Società Dante Alighieri, sino ai grandi progetti della maturità, come la fondazione dell’Archivio per l’Alto Adige – la rivista scientifica che vide la luce nel 1906 e a cui collaborarono personalità eminenti quali, fra gli altri, Carlo Battisti e Graziadio Isaia Ascoli – e il Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige, già definito nel 1916 e adottato dal governo italiano nel 1923. Quest’ultima monumentale fatica non è certo immune, rileva il De Donà, da “inesattezze e qualche errore”, ma nulla toglie al rigore scientifico dell’opera, anche perché in un catalogo di 16.735 toponimi qualche svista è umanamente sempre possibile. Dopo la fine del primo conflitto mondiale che portò finalmente il confine al Brennero, come era negli auspici di Tolomei, egli divenne Commissario alla Lingua e alla Cultura per l’Alto Adige e nel 1923 Senatore del Regno per meriti culturali e patriottici: sembrava veramente che tutto ciò per cui il nostro patriota aveva lottato per lunghi decenni si realizzasse concretamente. Ma, come è noto, non fu così: l’avvilente sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale pregiudicò largamente il lavoro di Tolomei, che vide i pangermanisti di sempre rialzare la testa. Addirittura, dopo l’8 settembre 1943 fu deportato dai nazisti a Dachau, ove solo fortunosamente salvò la vita. Morì nella Città Eterna il 25 maggio 1952: sepolto nel paese di Gleno, vicino a Egna, la sua tomba fu oggetto di vili attentati di estremisti tirolesi, segno che faceva paura più da morto che da vivo. Un motivo in più per ricordarlo e onorarlo, come ha generosamente e nobilmente compiuto Bruno De Donà.
Francesco Demattè – Coordinatore della Delegazione di Belluno della Lega Nazionale