5 maggio 2006: discorso del Sindaco Roberto Dipiazza

Il 5 maggio 1945 di fronte ad un corteo spontaneo di migliaia di triestini inneggianti all'Italia i titini sparano sulla folla. Cinque manifestanti cadono sotto il piombo dell'invasore, altre decine rimangono ferite.

CERIMONIA DI CONSEGNA DELLE MEDAGLIE D'ORO AL MERITO CIVILE AI CADUTI DEL 5 MAGGIO 1945, 3 NOVEMBRE 1945 E 15 SETTEMBRE 1947: INTERVENTO DEL SINDACO DI TRIESTE , ROBERTO DIPIAZZA

Solo cinque giorni fa, domenica 30 aprile, eravamo qui in questa stessa sala del Consiglio Comunale di Trieste per conferire la medaglia d'oro al merito civile alla memoria di Antonio Fonda Savio.

Oggi, venerdì 5 maggio, si compie un ulteriore significativo passo nel segno del giusto e doveroso riconoscimento del sacrificio di uomini e donne che immolarono la loro vita per l'italianità di Trieste, per dare voce e prospettiva al desiderio di democrazia e libertà, alla forte volontà di ribadire una sofferta appartenenza alla Madre Patria, ai suoi più alti valori, ai suoi più nobili ideali.

Claudio Burla, Carlo Murra, Mirano Sancin, Graziano Novelli, Giovanna Drassich caddero il 5 maggio del 1945, all'imbocco di via Imbriani, sotto una scarica di mitragliatrice di una pattuglia titina. Si soffocava così nel sangue una spontanea manifestazione di italianità. Trieste passava da un'oppressione ad un'altra: dalla Risiera di San Sabba alle Foibe. Iniziava nel terrore l'occupazione della città da parte delle truppe titine, dal primo maggio all'11 giugno del 1945, sei tristi e tragiche settimane che facevano svanire l'agognata e tanto attesa libertà.

Sempre sotto il fuoco straniero caddero anche i concittadini Emilio Beltramini, il 3 novembre 1945 e Alino Conestabo, il 15 settembre del 1947.

Queste sette vite innocenti, sono giustamente accomunate oggi nel doveroso conferimento della medaglia d'oro al merito civile. Sono testimoni della libertà di Trieste, sono esempi di quel legame indissolubile che ha sempre unito questa martoriata terra all'Italia, alla sua storia e alla sua cultura, alle sue migliori tradizioni democratiche, nel rispetto delle radici e delle peculiarità di ognuno.

Perchè non scordiamolo mai, mentre nelle città del resto d'Italia si pensava al pane, a Trieste, dal '45 al '54, è ancora in forse la vita, è ancora in forse la tanto amata e fortemente voluta Italia.

Le salde radici italiane di Trieste hanno trovato nutrimento e nuova linfa dal sacrificio di questi martiri. Persone comuni, concittadini che hanno saputo immolarsi con generoso slancio, per testimoniare con la vita quell'amor di Patria che resterà sempre un esempio nel tempo della storia.

A seguito ai tragici fatti del 5 maggio 1945, il giorno seguente, nell'omelia domenicale nella Chiesa di Sant'Antonio Nuovo, il vescovo Mons. Antonio Santin era ancora una volta, come sempre, vicino alla cittadinanza e faceva sentire la sua partecipazione alle difficoltà del momento.

Mons. Santin affermava con parole forti: "….. Vi è molta trepidazione in città per alcuni provvedimenti che vengono presi nei riguardi di determinate persone. Ho avuto, in luogo competente, l'assicurazione che si sarà giusti ed umani. Ma come ho difeso i perseguitati di ieri, è necessario che come vescovo e padre di tutti, elevi la mia voce in aiuto dei colpiti di oggi. Nessuno vuole distruggere la giustizia. Ma dopo tanto sangue e tante sofferenze entri finalmente negli animi un po' d'amore, un po' di compatimento, di bontà. Abbiamo tutti la volontà di ritrovarci fratelli, sopra gli odi accumulati da tanti anni".

Esortava ancora Antonio Santin: " Non è scavando abissi che si formerà la nuova famiglia. Come già in altra sede, il vescovo chiede anche all'altare che queste giornate non siano ricordate con dolore, ma siano segnate da gesti di bontà e di rispetto della persona umana. Vi rivolgo…. l'invito alla calma. Oggi è proprio questo il comandamento. Calma, compostezza e dignità. Bisogna saper contenere i propri sentimenti di qualunque specie essi siano. La delicata situazione ha bisogno soprattutto di tranquillità dignitosa".

Con questa guida profetica e con il generoso sacrificio di uomini e donne come Claudio Burla, Carlo Murra, Mirano Sancin, Graziano Novelli, Giovanna Drassich, Emilio Beltramini e Alino Conestabo, Trieste seppe e volle uscire dai drammi e dalle lacerazioni della sua storia per riabbracciare l'Italia, per ricongiungersi a quella amata Madre Patria, che oggi ha il dovere di guardare a questa nostra città con orgoglio e stima, ricambiando quell'amore che i triestini hanno sempre avuto per il Tricolore.

Infine, mi sia consentito ringraziare i famigliari e i parenti di questi nostri sette "fratelli", perchè anche grazie a loro e alla preziosa e sempre meritoria azione della Lega Nazionale, oggi a Trieste risplende una nuova pagina di storia. Una storia sofferta e tragica che rivive nei cuori e negli animi di ognuno di noi. Una storia che è patrimonio prezioso, radice autentica di vita e di civiltà.

La libertà nasce dal coraggio. Claudio Burla, Carlo Murra, Mirano Sancin, Graziano Novelli, Giovanna Drassich, Emilio Beltramini e Alino Conestabo: voi avete avuto coraggio e avete donato le vostre vite.

Trieste vi onora. Vi è eternamente grata e riconoscente.

Trieste, 5 maggio 2006